Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno
Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio,
altezza imperiale, conte palatino,cavaliere del
sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di
Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli,
di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia,
di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro,
conte e duca di Drivasto e Durazzo.
Totò non era un nobile solo sulla carta,
ma anche nella vita di tutti i giorni.
Poco più che ragazzo iniziò il servizio
di leva a Napoli, imparando ben presto a marcare
visita grazie alla sua innata capacità di simulare
gravi malattie; ma quando venne trasferito a Livorno,
fu costretto a subire le vessazioni di un caporale,
"il caporale per antonomasia", promosso
"per mancanza di graduati disponibili,
pur essendo quasi analfabeta".
"Durante le punizioni [ ... ], rimuginavo
in me un rancore senza fine nei confronti
dei caporali, verso coloro cioè che, muniti
di un’autorità immeritata e forti di una disciplina
che impone ai sottoposti l’obbedienza senza discussione,
esercitano tali loro meschini poteri [ ... ]. Contrapponevo,
ad essi, gli uomini, le persone, cioè, che sanno adoperare la
loro autorità senza abusare dei poteri loro commessi".
Da queste esperienze nascerà la famosa battuta: "Siamo uomini,
o caporali?".
"E se qualche volta sono riuscito anche a commuovervi", scrisse
a conclusione della sua biografia apparsa nel 1952, "ne sono felice,
perché [ ... ] una lacrima è solo l’altra faccia del sorriso.
E ci siamo capiti, perché ognuno di noi è passato attraverso gioie,
dispiaceri e amare delusioni nella grande commedia della vita.
Altrimenti, se fossimo sempre impassibili, spettatori e non attori,
non saremmo veri uomini, ma caporali".
Con questa frase vi lascio meditare sulla grande nobiltà d'animo
dell'immortale Totò
Inviato da: FILIPPO7777777
il 11/03/2008 alle 16:55
Inviato da: progigi
il 14/02/2008 alle 12:18
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il 11/02/2008 alle 19:37
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il 07/02/2008 alle 12:33
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il 05/02/2008 alle 21:03