CASALUCE è anche MIO
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Ed eccoci al terzo intervento.
Quando sto' incazzato, ed ora sto' molto incazzato, mi viene spontaneo parlare, quantunque abbia imparato a dire le prime cose in senese, usare la lingua della città dove ho vissuto la mia giovinezza, ovvero usare il romano.
A Roma quando c'era l'oppressione papalina, qualcuno del popolo usava parlare per mezzo di statue, le note statue parlanti. La più nota era la statua di Pasquino, non il compagno ed amico che vende le scarpe sulla provinciale, ma un pezzo di marmo mezzo rosicato dalle intemperie e dagli escrementi dei colombi, a cui era affidato la voce che usciva dalla bocca, dalla testa del coraggioso, ma non scemo popolano, che non la mostrava, altrimenti Mastro Titta, Zac! te la tagliava. I tempi sono cambiati, la statua di Pasquino, l'ultima volta che ha parlato è stato ... una ventina di anni fa, ma ciononostante a Roma ha sempre il suo fascino. E' la saggezza popolare che affiora e si fa corpo attraverso la voce del "sonatore".
Per questo motivo, mi è venuto spontaneo, comporre sta "sonata". Non sono un novello Belli o Trilussa, non sono un poeta ne aspiro ad esserlo. Sono soltanto uno che è incazzato nero, perché vedo le cose andare in modo completamente sballato per Casaluce.
Chiudo questa mia riflessione "romana" riportando ciò che scriveva Leonida Montanari, Martire Carbonaro, al quale Mastro Titta tagliò la testa in merito a come dovrebbe comportarsi un giudice nell'esaminare eventuali colpe: "Ascoltare con prudenza, Credere con ragione, Determinare con giustizia". Per Casaluce e per il suo Sindaco, purtroppo, questo non è stato fatto.
Mi scuso, se non comprenderete il significato, ma alla fine della "sonata", c'è una sorta di traduzione.
I Comella l'hanno 'mpastato,
er vecchio ed er Ferdinanno l'hanno levitato,
e poi anche er granne, er piccolo
e pure er giovane
l'hanno 'nfornato,
finché er Proto Fidele l'ha sfornato.
Manco li casalesi c'hanno potuto
e mo sti provoloni
che c'hanno mannato
se l'hanno bello che magnato.
A casaluce' fra poco sentimo
pur er rutto
e tutti 'nsaccoccia lo pigliamo
e fai che nullo potemo
manco mannallo a di ar Berveloni
che ce girano li coglioni.
Traduzione: "Si stanno mangiando il Comune"
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Buongiorno di Massimo Gramellini
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