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CHEF DI CUCINA BIAGIO ROSSINO :CALABRIA ,TORTORA.

Post n°8 pubblicato il 20 Marzo 2011 da chefbiagiorossino

Calabria (fonte de cecco)

La sorprendente Calabria, montagnosa e boschiva, piana e ventosa di mare, silenziosa e ostinata, è terra di civiltà, di misteri e profumi, di avventure di popoli. La cucina le assomiglia. “Mangiari semplici”, dicono da queste parti, rusticani, agricoli, pastorali, di povero pescato. Obbligatoriamente da assaggiare, come sarebbero doverose le fermate, le soste per meglio conoscere questa spesso inesplorata regione. La pasta ne è uno degli alimenti dominanti, di semola di grani duri, di cara vecchia reminiscenza.

Maccheroni grossi, fusilli, fischietti, roccoli, tubettini, bucatini, raganelle, manate, candele, zite (che le ragazze da marito cuociono con deliberato proposito, visto il nome che le mette in gioco)… E cento modi di celebrare, di abbinare, di condire “in assoluta povertà” come dicevano in passato e oggi modello di stupefacente gustosità e di vecchie pratiche di cucina. Sia che i condimenti si traggano dalle colture di campo, legumi, fagioli cucinati “in pignatta”, ortaggi, broccoli, squisite melanzane gloria della regione, cipolle rosse, pomodori di Schiocca (a grappolo) o di Belmonte, peperoni di Pizzo, olive nere e verdi, funghi, un insieme di “millecosedette”, che per il vero stanno ad indicare un tipico minestrone. Sia che si tratti di intingoli mollicati o meglio di ragù di capra, da tenere a lungo sul fuoco nella terracotta del tegame, o del mitico maiale (ah, la pungente nduja dei nostri ricordi), in primo luogo quello nero, ispido e sempre più raro, storico patrimonio dei tempi in cui “fare lu porcu” garantiva delizie e sussistenza alimentare per mesi e mesi e la “maialora” rappresentava il rituale più sacro ed atteso dell’intera annata.

Per non dire delle salse che sanno dei mari che stringono le coste, dalla “rosa marina“ di sardellina, la particolare conserva piccante di pesce, considerato il caviale della povera gente, ai sughi di alici, di sarde, di pescestocco, di spada. Il tutto sempre infiammato dal più veemente peperoncino (in Calabria è nientemeno che di origine controllata) anzi dei peperoncini che in vari luoghi si coltivano e si trasformano. Una gastronomia, questa calabra, che ancora non riesce, nonostante decadenze, manomissioni ma anche lodevoli ritorni e salvaguardie a far torto a Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, che di questa cucina e delle sue radici era assertore fra i più convinti.

 
 
 
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