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PEPERONCINO CALABRESE

Post n°4 pubblicato il 04 Marzo 2011 da chefbiagiorossino

Il peperoncino piccante era usato come alimento fin dai tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che era conosciuto in Messico 9.000 anni fa e già nel 5.500 a.C. era presente in quelle zone come pianta coltivata.

Una precisa testimonianza la troviamo nella biografia di Montezuma, ultimo signore degli Aztechi, che mentre era prigioniero di Cortez, passava il tempo scherzando con le sue concubine mangiando pietanze con peperoncino rosso.

In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l'ha portato dalle Americhe. Ma prima di quella data si era già diffuso in Asia e Africa "per vie diverse da quelle dei bianchi".

Vinigi Grottanelli, infatti, ricorda che "alcune spezie ebbero una spiccata fortuna presso molti popoli lontanissimi e del tutto diversi gli uni dagli altri, dando luogo a fenomeni di diffusione in gran parte estranei alle correnti mercantili dei bianchi. Un esempio tipico è offerto dalla più piccante fra tutte le spezie nata da noi come pepe di Cajenna o paprika (capsicum frute-scens): originaria dell'America tropicale e conosciuta quindi nel vecchio mondo prima della scoperta, questa spezia fu precocemente trasportata e trapiantata in Asia e Africa ove si propagò da una tribù all'altra con tanto successo da esservi considerata come ingrediente della cucina tradizionale allorquando gli Europei penetrarono più tardi in queste regioni".

Sul diario di bordo della prima spedizione di Colombo, Bartolomeo de Las Casas scriveva: "La spezia che essi mangiano è abbondante e più importante del pepe nero ...".

Chanca di Siviglia, medico di bordo della flotta di Colombo, notò con meraviglia che gli indigeni si cibavano di una spezia piccantissima che chiamavano agi. Era peperoncino, e lo portò in Europa dove avrebbe avuto rapida diffusione, conosciuto fin dall'inizio come "pepe delle Indie".

Come si vede, tutti i primi riferimenti storici al peperoncino sono legati al concetto di "spezia". La sua storia invece si realizzò seguendo vie diverse da quelle delle spezie raffinate e costose.

Il successo fu immediato ma non ci furono i risultati economici che si aspettavano. Il peperoncino, facilmente coltivabile dappertutto, si acclimatò benissimo nel vecchio continente. Con grande delusione dei Reali di Spagna che videro cadere i loro sogni di prosperosi guadagni.

Così mentre Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra litigavano per accaparrarsi le "spezie" vere e proprie, quelle che attecchivano e crescevano solo nei paesi di origine, il peperoncino facilmente coltivabile in ogni posto, imbocca una strada tutta sua. Diventa quasi subito la droga dei poveri, di tutti quelli che non potevano permettersi le costosissime spezie orientali.

L'obiettivo si realizza in pochi anni. Nel Cinquecento questo destino particolare è già conosciuto e teorizzato.

Nicolò Monardes, autore di un famoso trattato del Cinquecento sulle "cose che vengono portate dalle Indie Occidentali pertinenti all'uso della medicina", scrive che il peperoncino si usa esattamente come le spezie aromatiche "che si portano dalle Molucche". E aggiunge che la differenza è che "quelle costano molti ducati, et quest'altre non costa altro che seminarle".

Niente business quindi. Un destino popolare e democratico che in pochissimo tempo diffonde il peperoncino in tutto il mondo, soprattutto tra le popolazioni povere con regimi alimentari monotoni, carenti di proteine.

Col peperoncino i Messicani impararono ad insaporire le tortillas, gli Africani la manioca, gli Asiatici il riso. In Italia, soprattutto i meridionali e in special modo i calabresi hanno reso più vivace e gradevole una cucina povera, vegetariana, fatta di ingredienti umili e di pochissima carne.

 

 

 

 

 

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