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CANI E PORCI......

Post n°117 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da solo_veronica

Buonasera image!!!
Ieri sera ho saputo chi sono stati i vincitri di San Remo...oggi ho cercato di DIMENTICARLO ma...non è stato possibile.
Tralasciamo Valerio Scanu che, può piacere o non piacere, almeno è un cantante (o per lo meno sa cantare image), quello che mi ha fatto rimenere senza parole è stato sapere che secondi sono arrivati Pupo ed Emanuele Filiberto image!!
L'ho appena visto poco fa al TG, con quella sua faccia da belloccio-babbeo, tutto gongolante e orgoglioso.
Ma io mi dico....orgoglioso de che???????
Prima di tutto....se l'è MAI sentita la sua voce image???
Pare di no...oppure ha seri problemi mentali!!!
Poco fa leggevo quello che ha scritto una mia amica su FB....dato che lo condivido IN PIENO ho deciso di postarvelo.

"Fare premesse non è cool, ma chi se ne importa.

E’ una verità universalmente riconosciuta che Sanremo è solo una passerella mediatica, che di bel canto c’è poco o nulla, che la politica manovra tutto, non nell’ombra, ma alla luce dei riflettori.

E’ un po’ come sparare sulla Croce Rossa: troppo facile. Allo stesso modo in cui è facile scatenarsi contro la Clerici perché non sa presentare e confonde il Festival con una puntata del Grande Fratello (ma c’è differenza, poi?).

Ma veniamo a Filiberto. Dato che non c’è affatto bisogno di essere artisti per partecipare al Festival, non possiamo fargli una colpa di essersi messo in lizza. Anzi, bisognerebbe conferirgli il premio Cuor di Leone per aver cantato quel che ha cantato, povera creatura. Io non lo fischio, io lo applaudo. Per il coraggio. Perché Filiberto è un italiano vero.

Tra tante canzoni positivamente BRUTTE, “Italia amore mio” è senza dubbio brutterrima. Sì, brutterrima, così brutta che bisogna inventare un nuovo aggettivo di intensità proporzionale all’orrore che produce. Senza rivali per melensaggine, ipocrisia, fascio-retorica da strapazzo. Per il sentimentalismo falso e appicicaticcio, il populismo fasullo e il vittimismo antistorico che trasuda.

E’ una lagna disonesta che non trarrebbe in inganno neanche un bambino (anzi, soprattutto un bambino non ci cascherebbe mai).

Del resto, lo spettatore è avvertito. Filiberto non teme di esporre la propria opinione (purtroppo per noi, questa volta, siamo in democrazia), forte della sua cultura (!) e della sua religione (ma perché? Cosa c’entra?).

Pupo, mai sazio di ascoltarsi, con aria sofferta (lui) parla di lavoro, di futuro, di gente che ci crede ancora (in che cosa? In Sanremo?). Dell’esimio Filiberto, che è stato tenuto lontano dal suo grande amore, l’Italia (si sorvola con eleganza sulle ignobili gesta del parentado, ma del resto mica è colpa sua, povero Fillo).

Un amore contrastato, che l’ex-esiliato raglia fuori abbracciando l’aria per sottolineare il trauma della separazione, l’autenticità dello slancio per questo Paese di santi, navigatori e paraculati. Di più, lo dice “al mondo e a Dio”, due interlocutori di una certa statura, bisogna ammetterlo.

(Poi c’è il tenore ornamentale. Mi piace immaginare che sia un poveretto come me, un “libero professionista” a partita IVA che per amore della lirica e per portare a casa la pagnotta ha sacrificato ogni dignità mettendo le proprie corde vocali al servizio di questa farsetta che dire da oratorio è offendere gli oratori. Che l’abbia fatto per necessità, insomma).

Ignoro se qualcuno abbia preso sul serio Mr Savoia, magari sì. La sensazione è che il poveretto sia astutamente manipolato dal bieco Pupattolo grazie al quale è salito sul palco.

Filiberto, il coraggio non ti manca, sembri anche un ragazzo a modo, con quella mimica da obitorio e lo sguardo garbatamente spaesato. Però non cantare, per favore. Mai più. Canta nell’idromassaggio o mentre porti il ghepardo a fare pipì, ma per favore basta esibizioni davanti al Popolo, che già parlare di “popolo” mi fa suonare un campanello di allarme.

Vai, prendi un biglietto, sali sul primo autobus e infognati in mezzo al Popolo nell’armageddon dell’ora di punta, oppure fai una capatina al supermercato, e, mentre decifri l’etichetta dei pomodori, pensa a un haiku da comporre nell’intimità di casa tua, semplici versi legati con ago e filo, nel tuo personale silenzio."

Vi risparmio di postare la "canzone"!

 
 
 
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