Creato da senzaporteefinestre il 06/02/2007

TEMPO

E' più il non detto di quel che si può rivelare.

 

 

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Post N° 98

Post n°98 pubblicato il 04 Maggio 2007 da senzaporteefinestre

[...] Dunque, una volta per tutte, ti viene proposto
un breve precetto: ama, e fa ciò che vuoi. Se tu taci,
taci per amore: se tu parli, parla per amore; se tu
correggi, correggi per amore; se tu perdoni,
perdona per amore. Sia in te la radice dell'amore;
e da questa radice non può derivare se non il bene. [...]"

Sant'Agostino




  
Mi sfugge il ricordo della prima stretta allo stomaco.
Quando le tue parole erano solo un pozzo, nero e profondo, al quale io toglievo il pesante coperchio arrugginito.
La nonna vi aveva piantato a protezione cespugli di rose dalle spine assassine.
Ma io ho mani di ferro, a prova di fuoco, quando si tratta di scovare il pericolo.
   Cingimi di spine e sarò tua per sempre.
Una volta aperto, il pozzo mi soffia in faccia il tuo odore, non ci sono più i pesci di quand'ero bambina, pesci con i baffi e foglie marce.
   Ci sono le tue parole adesso.
Chiudo gli occhi e ti respiro, hai lasciato l'odore del tuo corpo, del tuo essere.
La tua non è solo scrittura, è vita.
   Richiudo il coperchio, spingo lentamente il dorso della mano contro le spine, mi hai marchiata a ferro e fuoco. Ti ricambio con il sangue.
   Di notte, nonna dorme, la treccia sciolta in un fiume nero sul cuscino accanto al mio, mi sfioro.
Il dolore della ferita ancora aperta rallenta il mio piacere, ad ogni fitta indietreggio, ricomincio dall'inizio. Immobile per non svegliare la nonna.
E non so se tutto il mio piacere futuro sarà legato a questo rituale, questo strisciare lento della mano nel buio silenzioso. L'odore delle sue camicie da notte.
Dolore di spine che rallenta l'urlo soffocato contro il cuscino.



Giro intorno a queste quattro mura.
Cado dentro al pozzo. Melma scura e odore di pesce morto. Ancora foglie attraverso le quali appare il tuo volto, piccole scaglie, taglienti e lucide, di te.
Coaguli di me, atterriti, schizzano lontani.

   Se cerchi un feto di cui nutrirti, io sono sterile ormai.

   La mia Chanel in mezzo alla strada, le auto che suonano, solito spaccio di merda sotto ai portici, slalom di avvocati e commercialisti tra un corpo e l'altro.
I miei libri, le tue urla contro il mio silenzio, e quel tuo viso rabbioso sempre in lotta contro la mia esistenza. Combatti i miei respiri.
Indomabile, ribelle, ferro da piegare, ossa da spezzare. Questo sono per te.

   Un utero da riempire e poi svuotare.

   Ci deve essere un pensiero universale che accomuna tutti gli uomini deboli e feriti sulla terra quando alzi quella tua mano di vento e parole sulla mia testa di sogni e poesia.

   E nell'angolo quarantacinque chili di pianto e carne plasmata a tua immagine che comincia a sanguinare.

  
 


 
 
 
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