Il caso Englaro, che richiama quello per
certi aspetti simile di Piergiorgio Welby, continua a far discutere. E
non solo. La vicenda umana di Eluana sta anche dividendo l’opinione
pubblica, la quale, c’è da scommetterci, si sente letteralmente
travolta quando, artatamente, viene posta dinnanzi a casi di così forte
impatto mediatico che, suscitando in essa sentimenti forti, la
costringono a prendere posizione. Molto meglio sarebbe affrontare
le questioni che attengono la vita e la morte con un approccio il più
pacato possibile, costruttivo e lontano dalle ideologie.
Quello appena descritto è un processo che andrebbe promosso e favorito
da chiunque e in ogni ambito ma che, al contrario, viene da tutti
disatteso con estrema noncuranza. Soprattutto da coloro che dovrebbero
promuovere una visione non ideologica e rispettosa della realtà e di
tutti i fattori che la compongono: ci riferiamo ai mezzi di
comunicazione sociale che, spesso per partito preso, contribuiscono a
dare una visione poco veritiera della realtà.
Il TG5 del 22 luglio, tanto per fare un esempio, ha mandato in onda dando il massimo risalto, un video attraverso il quale Paolo Ravasin,
ammalato di Sla e presidente onorario dell’associazione Luca Coscioni,
ha reso pubblico uno pseudo testamento biologico nel quale esige di non
essere più alimentato qualora non riuscisse più a farlo attraverso la
bocca.
Le questioni che riguardano la vita e la morte, a causa delle pesanti implicazioni che hanno sulle nostre esistenze e sull’intera società, appassionano tutti
e proprio per questo riteniamo che siano tutt’altro che una questione
privata o un affare che si possa sbrigare in un caldo angolo della
propria coscienza. Ci fa piacere, quindi, se il TG5, così come
qualunque altro mezzo di comunicazione, decide di affrontare il tema
eutanasia, anche se temi di tale portata sarebbe preferibile trattarli
trasmettendo immagini accompagnate da un giudizio rispettoso dei
telespettatori. Come abbiamo fatto notare in una lettera inviata
proprio al TG5, “se si vuol dare informazione di uno che desidera
essere lasciato morire, è ancor più urgente e responsabile comunicare
che molti malati in quelle condizioni desiderano vivere”: in tal senso l’instancabile testimonianza del dott. Mario Melazzini è un vivido esempio.
A questo punto non possiamo non chiederci: forse la testimonianza di chi grida alla vita vale meno di quella di chi invoca la morte?
Quali sono, inoltre, i motivi che spingono una redazione giornalistica
a dare il massimo risalto ad una notizia e a trattare le altre con
superficialità, come la notizia del medesimo giorno che ha visto la Commissione
Affari Costituzionali del Senato approvare la proposta di sollevare
davanti alla consulta il conflitto di attribuzione contro la sentenza
della Cassazione sul caso Englaro?
Si ha la sensazione che, nonostante tutti gli sforzi profusi dal
cosiddetto “laicismo radical-chic”, la gente non si lasci abbindolare e
sappia ancora ben distinguere e scegliere tra bene e il male.
Di questo non possiamo che ringraziare la tempesta veritativa scatenata
da Giovanni Paolo II prima, e da Benedetto XVI, ora. Una tempesta che,
tra le altre cose, sta avendo il merito di risaltare i limiti “di una
cultura cattolica tipicamente italiana che noi definiremmo "dal
pensiero debole", se non "dell'assenza di pensiero", le cui parole
chiave sono "tolleranza e dialogo". Parole alle quali preferiamo
contrapporre “fede” e “carità”.
Il problema dell’uomo - come giustamente ha osservato l’ateo devoto Giuliano Ferrara, rispondendo al teologo laico Vito Mancuso - non è quello di poter “disporre della vita come di un prodotto della propria volontà”, ma riconoscere ed aver coscienza di essere creatura.
Sul terreno della difesa della vita, seriamente minacciata da
pericolose derive nichiliste, non viviamo nessun complesso di
inferiorità e, come sottolineano gli amici del Centro Culturale di Lugano, siamo disposti a “sfidare a singolar tenzone” chiunque voglia confrontarsi con le nostre posizioni.
Censurarossa socio di SamizdatOnLine
Mail inviata alla Redazione del TG5 il 22 luglio:
Nel vostro TG odierno delle 13 è comparso il video di un uomo ammalato di SLA che detta un suo testamento.
Considerata la forte pressione mediatica che offre la TV, oggi, vi
pregherei di prestare maggiore attenzione nel diffondere certe notizie
che, laddove si ritenesse utile mostrarle al pubblico, è bene siano
ALMENO accompagnate da una versione alternativa.
Spero vi rendiate conto che siamo, purtroppo, dentro una cultura di
morte che tenta di soppiantare una cultura della vita, quest’ultima
molto più naturalmente connessa a ciò per cui l’uomo è fatto, e che più
desidera.
Pertanto, se si vuol dare informazione di uno che desidera essere
lasciato morire, è ancor più urgente e responsabile comunicare che
molti malati in quelle condizioni desiderano vivere.
Mi pare che la testimonianza vivente del dr. Mario Melazzini, ed i libri da lui scritti, meritino molto più spazio nel vostro TG
grazie
Wilma Bargiggia
ll Procuratore generale prende tempo mentre al Senato il Pd si spacca – L’Occidentale