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C'era una volta l'Italiano 11

Post n°119 pubblicato il 22 Marzo 2010 da tino.pos

C’era una volta … l’Italiano

Considerazioni (un po’) amare

di Nino L. Bagnoli

(11)

Nuovo florilegio (3)  

«i sabato» - Questo erroraccio ci è stato ammannito per anni da Luciano Rispoli, per giunta in trasmissioni che fingevano di parlare di «Italiano corretto». E in televisione si continua a ritenere che il sostantivo «sabato» sia “invariabile”, ossia che non abbia il plurale. Ha, regolarmente il plurale che è, com’è ovvio che sia, «i sabati». Gli altri nomi dei giorni della settimana, quelli sì, che sono invariabili, come tutti i nomi maschili o femminili che terminano con una vocale tonica, in questo caso <ì>.

«robot» - Questo sostantivo, in Italia, è comunemente pronunciato “alla francese” con l’accento tonico sulla seconda e senza la finale [ʀɔbo]. Niente giustifica questa pronuncia arbitraria (se non l’ignoranza); «robot» è una parola cèca ed era il nome dato dal drammaturgo K. Capek (1890-1938) agli automi che agiscono come operai in un suo dramma. In cèco si pronuncia [ròbot] e così va pronunciato anche in italiano. È pur vero che i vocabolari francesi registrano questo nome, e che in Francia è pronunciato come se fosse un nome francese, ma il vocabolario etimologico francese correttamente dichiara la sua provenienza. Del resto chiunque conosca un po’ i francesi sa che essi non rispettano mai le pronunce originali delle parole che prendono in “prestito” (o in “calco”) dalle altre lingue e le pronunciano tutte “alla francese”. Ma ciò non autorizza gli italiani a seguire quell’esempio.

«Omàha» – Quando ci si riferisce ai nomi in codice dati dall’Alto Comando Alleato alle località destinate agli sbarchi in Normandia del 6 giugno 1944, il nome «Omaha» è pronunciato per lo più [Omàha], ma abbiamo sentito anche dire  [Omahà], forse perché l’incauto (e asino) lo riteneva un toponimo francese dato che lo sbarco era colà avvenuto. La pronuncia esatta è <Òmaha> [‘əʊməhɑ], dal nome di una città degli Stati Uniti d'America, capoluogo della contea di Douglas, nello stato del Nebraska. Un altro dei nomi in codice è «Sword» (ò:d>), ossia “spada”; seguiti, poi, da  Juno [‘ʤu:nəʊ], Gold [‘gəʊld] e Utah [‘ju:tɑ].
Ribadiamo che sono errori imperdonabili in giornalisti che, prima di parlare dovrebbero, se non proprio sapere, almeno documentarsi.
Come avrebbero dovuto controllare l’esatta pronuncia Donata Scalfari (TG5) prima di pronunciare «Làbico» al posto del corretto “Labìco”; Italo Cucci (RAI Sport), prima di dire reiteratamente «Manchèster» anziché “Mànchester”; Giuseppe De Filippis (TG5) che ripete più volte «Ankàra» invece diÀnkara” e una loro collega, sempre del TG5, che, in un servizio da Venarìa Reale (Torino), ha storpiato il toponimo in “Venària Reale”.
Tutti costoro hanno mai sentito parlare del «DOP», il Dizionario di ortografia e pronuncia di B. Migliorini – C. Tagliavini e P. Fiorelli, edito dalla ERI? Lo acquistino, sarà meglio per la loro credibilità e, soprattutto per le nostre orecchie.
Credibilità, perché se li giudichiamo sciatti di fronte ad un semplice controllo della corretta pronuncia, come potremo fidarci dell’attendibilità delle loro notizie o dei loro giudizi?

«il Chirac» - Un “grande giornalista”, in un suo, pur pregevole, articolo,  riferendosi all’ex presidente francese Jacques Chirac, scrisse, tempo fa (24.11.2004): «… a sua volta il Chirac …». Si trattò di un duplice grave errore: 1) errore di galateo, perché parlando di una terza persona, per di più importante, non si può scrivere “il Tizio”. Non abbiamo mai letto sui giornali francesi «… à son tour le Cossiga …», o altre locuzioni del genere. La stampa francese usa sempre premettere, al nome o al cognome di qualunque persona citata, come minimo un «Mr» (che è l’abbreviazione di “Monsieur”). Avremmo letto, dunque, «… à son tour, Mr Cossiga …», ma, più probabilmente: «… à son tour, l’ancient Président italien Mr Cossiga …»; 2) è, inoltre, un errore di grammatica perché, nel corretto Italiano, non è consentito far precedere un nome proprio o un cognome da un articolo: «il Mario», «Il Brambilla», «la Gina» ecc. Questa è una tipica, cattiva abitudine del Nord Italia, come sentiamo dai loro -pur pregevoli- poeti e canzonettisti dialettali “lumbàrd” . Ma non è il caso di seguirla anche in Italiano.  

 «rùbrica» - È un altro vezzo dei “lumbard”, i quali amano spostare gli accenti, come fanno, p. es., con «èdile» ed altre ancora. Hanno, poi, trovato qualche lessicografo compiacente che accetta “anche” (!) l’accentazione sdrucciola, ma non riesce a fornire la benché minima ragione della retroflessione dell’accento.
Sembra diverso il caso di «utensile», in virtù del fatto che il vocabolo italiano può essere sia “nome”, e sia “aggettivo”. Ma non basta, stando all’etimologia, il nome discende dal sostantivo latino «utensìlia», cose necessarie, armi, attrezzi; l’altro, invece, viene dall’aggettivo latino «utènsilis». Quindi diremo: «gli utensìli del muratore», ma: «la ditta ha acquistato due nuove macchine utènsili».

 

(11 – Continua)

 
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