Creato da StregaMorgueHouse il 19/10/2014

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Rosa Piccante in viaggio verso la Costiera Amalfitana.

Post n°13 pubblicato il 19 Ottobre 2014 da StregaMorgueHouse

Avevo conosciuto Alberto una settimana fa, in palestra. Un ragazzo dinamico e atletico. Mi aveva colpito fin da subito il suo sguardo, aperto e solare, direi magnetico! Ero alle prese sulla pedana, sudaticcia e un po’ affaticata. E alla fine della mia sessione quotidiana, un paio d’ore da dedicare alla mia forma fisica, alla “prova costume” mancava ormai poco, la primavera era alle porte e non volevo certo farmi trovare impreparata con qualche rotolino di troppo. D’altronde anche gli anni passavano, ma non potevo certo lamentarmi della mia linea, insomma come si dice, ero ancora una ragazza piacevole. Mi guardò dritto negli occhi e mi disse: “Ciao, stai andando forte, complimenti”, siccome non l’avevo mai visto prima rimasi stupita e per risposta dissi: “per oggi ho finito”. “peccato, potevamo percorrere qualche chilometro insieme”…era un invito?  Mi salutò con un gran sorriso e si presentò: “Alberto, spero di vederti di nuovo”, wow… diretto il ragazzo. Andai a far la doccia con quel sorriso impresso nella mente. Mi era simpatico. L’acqua mi scivolava sulla pelle nuda e mi accorsi di pensarlo mentre m’insaponavo, un brivido mi percorse la schiena. Non era del tutto normale la cosa, in fondo l’avevo conosciuto qualche minuto prima. Eppure, sentivo che c’era qualcosa di anomalo. Tornai il giorno dopo e quello successivo, ma non lo vidi. Avevo voglia di vederlo e scambiare due chiacchiere con lui. Con una scusa banale, chiesi informazioni in segreteria se sapevano gli orari in cui Alberto frequentava la palestra. La ragazza, guardandomi con occhi sospetti, mi disse che non aveva giorni precisi, ma non poteva lasciarmi il numero di cellulare per via della privacy, stronza… pensai, neanche l’avevo chiesto. Però aveva stroncato sul nascere la mia richiesta.Stavo uscendo con la mia borsa a tracolla quando mi sentii salutare: “Ciao, già terminata la seduta?”. Mi girai e vidi Alberto che chiudeva la serratura del suo vecchio Maggiolone cabrio, color bianco avorio. “Ciao, sì per oggi mi sono stancata abbastanza”, ma cavolo “non potevi venire prima, pensai”.

Mi parlò del suo lavoro di grafico pubblicitario che gli impediva di avere regolari frequenze in palestra, così quando era libero e trovava il tempo, riusciva ad allenarsi. Pensai non ne avesse nemmeno bisogno, visto il fisico che si ritrovava. Passarono cinque minuti e mi mostrai ansiosa di andare, mi chiese al volo il numero del cellulare, “se vuoi possiamo prendere un caffè quando hai tempo”, ottima idea. Dopo averlo scritto, mi fece uno squillo, così puoi memorizzare il mio numero, mi disse. Ok, ciao alla prossima. Salii in macchina e partii, sentendo il suo sguardo su di me. Dopo aver svoltato iniziai a tempestare di pugni il volante e a parlare da sola: “Sei stata proprio una stronza, prima lo cerchi e poi te ne vuoi andare prima del tempo”, era stata una reazione alla voglia di stare con lui. Passarono due ore e il cellulare squillò: “Che ne dici se stasera ci vediamo per un aperitivo?” Così su due piedi? Dammi il tempo di pensarci. “Sì, ok va bene, dovrei essere libera, a che ora?” Facciamo alle 19 nel bar vicino al teatro, sai dov’è? Certo che so dove si trova, e poi se non lo sapessi, mi darei da fare per trovarlo. Ero eccitata al solo pensiero di vederlo. Cosa mi metto, pensai. Meglio i jeans con una camicetta scollata o quel vestito un po’ attillato che disegna perfettamente le mie forme. Cercai nell’armadio, aggiudicati jeans e camicetta. Per il vestito ci sarebbe stata un’altra occasione, almeno in cuor mio speravo. Come solito, curavo molto il mio intimo, per un mio piacere personale, misi un reggiseno che valorizzava il mio seno e scelsi la culottes bianca di pizzo che mi donava molto. Arrivai con cinque minuti di ritardo, Alberto era in piedi vicino al banco e stava parlando col barista. Quando mi vide mi venne incontro e mi salutò baciandomi sulle guance.

Ci sedemmo in un divanetto, uno a fianco all’altro, ordinammo al cameriere un paio di drink analcolici e quando li portò, sorpresa, erano accompagnati da una rosa rossa. Diavolo di un ragazzo, era partito in quarta a quanto pare. Ora capivo il confabulare di prima col barista. Il discorso scivolò sulla musica, sui nostri gusti preferiti, ci trovavamo d’accordo su questo, il rock e la musica d’autore, quella dei cantautori per intenderci, erano quelli che prediligevamo entrambi. Nei film invece, avevamo gusti opposti, a me piacevano i film gialli e d’azione, a lui invece i documentari sulla natura. Diceva che aveva fatto il giro del mondo, virtuale, un sacco di volte. Stando seduta accanto potevo sentire il suo buon profumo del dopobarba.

Lui quando voleva enfatizzare qualcosa mi appoggiava una mano sulla coscia, quel gesto mi procurava un leggero brivido sulla schiena. Mi affascinava il suo modo di parlare, di come gesticolava, ma erano le sue labbra ad attirare la mia attenzione, erano carnose e aveva il vezzo di passare la lingua sul labbro superiore per inumidirlo. Non so quanto voluto quel gesto, ma era davvero sensuale. Stavo bene al suo fianco, ero rilassata e mi sentivo, come dire, protetta. Avvertivo in lui qualcosa di solido, non solo nel fisico. Ordinammo altri due drink, questa volta alcolici, e un’altra serie di stuzzichini, peraltro squisiti. Ridevamo felici e c’era sintonia, fin dal primo istante. Il discorso scivolò nel privato e nel lavoro. Eravamo single entrambi, con storie importanti lasciate alle spalle da poco, la mia durata cinque anni, la sua tre. Dopo un provvidenziale periodo di convivenza avevo capito che non era il caso di continuare a litigare per futili motivi, immaginando che col matrimonio tutto si sarebbe aggravato. La sua relazione finì con la più classica delle storie, la sua ragazza si accompagnò al suo miglior amico, che non era il cane, ma si chiamava Roberto. Per lavoro viaggiava tanto, in Italia e saltuariamente all’estero. La settimana prossima sarebbe andato nella costiera amalfitana. Mi invitò ad andare con lui: “di solito lavoro fino al primo pomeriggio e poi potremo stare insieme tutta la serata e visitare i borghi favolosi che si affacciano sul mare, mi disse. Fui colta alla sprovvista, non accettai subito.

Ci conoscevamo da pochissimo e mi sembrava tutto così frenetico, mi presi una giornata per decidere. Certo mi sarebbe piaciuto trascorrere con lui quei tre giorni di lavoro. Non sarebbe stato un problema passare il tempo mentre lui era al lavoro. Si era fatto tardi e decidemmo di uscire dal bar e salutarci. Mi accompagnò alla macchina e mi baciò sulle guance, poi mi “trafisse” con i suoi occhi neri e mi prese il viso tra le mani, avvicinò le sue labbra alle mie e le sfiorò delicatamente…poi le appoggiò con più forza, e mi baciò, lo lasciai fare, anzi ricambiai il suo bacio, con passione.

Le nostre lingue si unirono in un balletto forsennato, sembrava si stessero cercando da sempre. La sua mano s’infilò sotto la camicetta a cercare i miei seni, lo fermai. Dammi almeno il tempo di conoscerti. Fissammo un appuntamento telefonico per l’indomani. Arrivata a casa ero un subbuglio di emozioni, l’alcol, il bacio, la sua conoscenza così impetuosa e rapida mi aveva lasciata stordita. Stordita, ma anche vogliosa, la mia farfallina aveva delle contrazioni nervose che conoscevo bene e sapevo a cosa portavano. Mi spogliai lentamente davanti allo specchio, guardai le mie forme quasi perfette, mimando uno spogliarello, una volta rimasta nuda mi accarezzai, distesa sul letto, inumidii un dito con la saliva e lo passai sopra al #######, delicatamente, con l’altra mano mi toccavo i capezzoli, li stringevo fino a procurarmi un leggero dolore, ero talmente eccitata che in breve raggiunsi l’orgasmo, pensando ad Alberto. Quando mi svegliai avevo un messaggio nel cellulare: “Grazie della bella serata e buona notte, a domani, Alberto”. Carino da parte sua, risposi augurandogli una buona giornata.

 

 
 
 
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