Creato da agpcamuni il 25/01/2008
Associazione Giovani Padani - Valle Camonica
 

Chi Siamo

Associazione Giovani Padani - Valle Camonica

L'associazione non ha finalità di lucro ed è finalizzata a promuovere la riscoperta e lo studio delle origini dei Popoli della Padania: a questa attività unisce quelle di ricerca sulle ragioni ecomoniche e politiche dell'Indipendentismo Padano e di riflessione sul significato delle lotte liberitarie di comunità e individui.

L'Associazione promuove inoltre tutte quelle iniziative volte a difendere il diritto allo studio, al lavoro ed alla casa nonché il recupero e la difesa degli usi, dei costumi e della cultura delle terre natie.

CONTATTACI:

La Sezione Camuna si trova a Capo di Ponte, in Via Italia n° 34

e-mail: mgp@giovanicamuni.com 
Fax: 02.700449839 oppure 0364.2631196 
Segreteria telefonica: 02.303124599

 

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Comunitaristi e Localisti

Post n°7 pubblicato il 30 Gennaio 2008 da theriddle
 

di Edoardo Zarelli

La globalizzazione, ha fortemente ridotto l’importanza dello Stato, delle leggi e dei confini. Eppure. la megamacchina mondialista non arresta la sua invadenza. Quali sono, allora, le alternative possibili?

IL COMUNITARISMO
Quali possono essere, in questo scenario nichilistico, i motivi di una inversione di rotta? È possibile un'altra modernità che disarcioni l'estroversa cavalcata prometeica della globalizzazione? Noi pensiamo all’introversione pudica di un ritrovato senso del limite, di un orizzonte limitato ma reale, sostanziale, certi che, oltre ogni astrazione cosmopolita, in ogni luogo, esista - per dirla con Mircea Eliade - un “centro del mondo” possibile. L'unico reincantamento praticabile passa giocoforza attraverso la risacralizzazione della natura e, gli elementi che ci fanno pensare a un futuro non scontato e in controtendenza sono: l'impossibilità di sostituire permanentemente la razionalità all'intelligenza, dal momento che la seconda ha una dimensione più ampia della prima, si esprime sempre e comunque nella vita individuale e, inevitabilmente, si riproduce in ogni atto creativo dell'essere umano; l'impossibilità di estirpare il senso della comunità che, in mille rivoli carsici, si ripropone al di sotto del reticolo delle istituzioni e negli interstizi della società contrattuale nella necessità di partecipare e identificarsi; la sopravvivenza di ambiti di reciprocità nella vita quotidiana. Nonostante tutto, gli uomini e le donne spontaneamente offrono e donano gran parte di ciò che ottengono dallo scambio per la necessità profonda di essere ricambiati in termini di amore e rispetto; l'evidenza dei guasti ecologici e sociali prodotti dalla megamacchina. Per quanto minimalizzati, pongono in grave imbarazzo lo stesso approccio razionale, che in una perfetta rispondenza alla legge dell'entropia è costretto ad accorciare sempre più i tempi di reazione per evitare catastrofi, l'esaurirsi delle forme energetiche e riparare i guasti sociali apportati. L'essenza di una prospettiva olistica sta nella volontà di riconnettersi col proprio luogo, sottraendolo al controllo della megamacchina, per ristabilire il corretto rapporto con il mondo naturale. È possibile ritrovare la connessione intima con l'intera trama della vita e rinunciare a porsi in posizioni di dominio – peraltro apparente e temporaneo – ricreando reciprocità ed armonia tra l'uomo e la natura. È possibile, però, solo se si torna ad essere abitanti del luogo, se cioè si recuperano solide radici tramite le quali acquisire una nuova consapevolezza del Pianeta come essere vivente. Si tratta di sviluppare una sensibilità ecocentrica con cui costruire, nel ventre stesso della società dello scambio, una rete di ambiti di reciprocità in cui possano svilupparsi comunità locali rigenerate - in grado di autogovernarsi e di rielaborare o ritrovare la propria cultura indipendente dalla omogeneizzazione globale - legate strettamente alla compatibilità ambientale. La megamacchina opera per affermare la propria cultura unica, il suo stile di vita universale. Il suo obiettivo è quello di ridurre tutti i popoli ad una unica grande massa omogenea e quindi malleabile a piacimento. Cerca di raggiungere questo obiettivo con la metabolizzazione e sterilizzazione culturale, sociale e politica. La cultura dominante sostiene che le leggi di natura sono pure astrazioni, che, non a caso, sussume nelle leggi economiche. In realtà, vivere secondo le leggi di natura significa porsi il problema di come non ferire la sensibile trama della vita che ci circonda, di come ridurre nel migliore dei modi l'impatto dovuto ai nostri consumi, ai nostri bisogni. Se c'è qualcosa che la natura indica perentoriamente, è il senso del limite, la sobrietà.

IL PROGETTO LOCALE
Se la dimensione mondiale dei processi in atto non può essere realisticamente rimossa, si avrà sviluppo locale dove la società locale saprà resistere attivamente alla globalizzazione costruendo reti solidali. In tal senso adoperiamo il controverso neologismo glocalismo. Questo non ha valore finalistico ma di semplice stimolo dialettico concettuale. La globalizzazione esclude l'autosostenibilità del locale imponendo la competitività contro la cooperazione, lo sfruttamento delle risorse contro la valorizzazione del patrimonio identitario, la polarizzazione economica del sociale contro la socializzazione dell'economico. Il locale, come comunità delle comunità, in aree geopolitiche omogenee, è l'unica credibile eterogenesi dei fini della globalizzazione, del suo centralismo tecnocratico, della sua mercificazione economica e omogeneizzazione culturale. I punti qualificanti di tale prospettiva possono essere: sistemi produttivi locali autosostenibili fondati sulla valorizzazione del patrimonio, che si relazionano nello scambio come agenti attivi di produzione qualitativa della ricchezza e come agenti di modelli originali di produzione e consumo; relazioni commerciali che sviluppino reti locali di mercato contro la liberalizzazione di quest'ultimo; legami finanziari fondati su principi di sussidiarietà e complementarietà; rafforzare la ri-costruzione del legame sociale (in grado di autoalimentarsi) e la sua capacità di esprimere peculiarità nello stile di sviluppo autosostenibile; ciò richiede lo stimolo di una cultura basata su di un principio di simbioticità con i riferimenti di ciclicità della natura. Una comunità locale, nel suo rapporto con il territorio, rimanda alla sua identità e quindi alla capacità di saper riconoscere le proprie frontiere. La frontiera dell'identità locale è un limite naturale, esattamente come la pelle per il corpo umano o come le membrane che assicurano ad ogni singola cellula la propria autonomia, ma anche la relazione con il resto dell'organismo. La pratica bioregionalista, in tal senso, si pone come vera avanguardia delle tendenze più interessanti espresse dal movimento della “ecologia del profondo”. Le frontiere dell'identità locale, rigidamente indisposte verso l'alto – nei confronti cioè della megamacchina – sono il luogo dell'incontro e dello scambio culturale ed economico. Nessuna identità locale può essere esclusivamente autosufficiente; in una società olistica, la piccola scala dell'organizzazione sociale porterà all'interno a forme di collaborazione, mentre all'esterno i rapporti saranno orientati verso forme di federazione e sussidiarietà, non di egemonia o espansionismo. La soppressione delle differenze, comunque perseguita, oltre ad essere omicida – perché alla biodiversità deve necessariamente corrispondere la diversità culturale – genera mostri con l'esaltazione della diversità fine a se stessa, autoreferenziale, che si percepisce superiore, misantropica, e quindi aggressiva. L'integralismo, il neo-tribalismo e lo sciovinismo vanno di pari passo e, più probabilmente al traino, della schiacciante arroganza egemone dell'occidentalizzazione del mondo. Cosa differenzia quindi un sentimento comunitario aperto, cosmogonico, da una comunità chiusa, tribale? Nella sua estroversione la considerazione per cui le altre comunità non negano la propria ma, anzi, la confermano nella necessità – questa sì universale – di radicamento. Nella sua introversione mostrandosi aperta e “libertaria”, verso chi si sottragga ai valori e ai modelli espressi nella consuetudine, limitandosi ad affermare il bene comune in positivo, quale scelta individuale, di coscienza, non coercitiva. Logica conseguenza di una prospettiva olistica è il quadro complessivo in cui sviluppare i molteplici cerchi concentrici che legano relazionalmente le comunità più piccole alle più grandi, sviluppando gli anticorpi naturali all'inclusione come all'esclusione. Comunità naturali, culturali, religiose e civili muovono sul piano dell'identità. Il respiro continentale deve esercitare quell'equilibrio tra il piccolo e il grande spazio che coniughi universalità e particolarità in una comune tensione etica e politica.

 
 
 
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