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GIOVANNI AGOSTINO DE COSMI (1726-1810)

«Merita di essere sradicata quella malvagia e disumana politica, che fomenta l'ignoranza nazionale e la mancanza di lumi nel popolo, nel falso supposto che si governino meglio gli uomini degradati e acceccati, degli uomini illuminati»
«Non si chiamerà mai agiata, ricca e culta una cittadinanza se si dividerà solo in due classi, l'una straricca e l'altra mendica e miserabile; l'una scienziata, e l'altra barbara; l'una industriosa, e l'altra vile e inoperosa; l'una virtuosa al sommo, e l'altra senza verun senso di moralità».

 

 

« Capodanno da zia Marta (..."Al giornalista non far ... »

Il metapost. Ovvero: un (mio) post sui (miei) post

Post n°7 pubblicato il 09 Gennaio 2010 da Eteroclito
 

Stasera, di getto, quasi come se ne avessi un impellente bisogno, ho aggiornato il mio blog con un post lunghissimo dedicato alla cara zia Marta e uno terribilmente autoreferenziale, che è quello che state leggendo. Chi ha avuto la pazienza di leggere il post precedente avrà intuito che casinista sono e perché il mio vecchio prof di religione, pur volendomi bene (e non ho mai capito perché, visto che tra le tante pecorelle smarrite delle quali si lagnava io ero quella che meno di tutte era intenzionata a ritornare all'ovile) mi definisse “l'ultima piaga d'Egitto”. Chi continuerà a leggere questo mi segnalerà per un internamento coatto al più vicino centro di salute mentale.

E' mia intenzione parlare dei post e poiché lo faccio con un post, quello che state leggendo è un "metapost" (o, almeno, aspira ad esserlo).
A voler essere schietti, parlare dei post in un mio post è operazione di dubbia efficacia giacché i miei post (come tutti i post, credo) dicono meno di ciò che si vorrebbe dire. E poi ho l'insana abitudine di divagare, aprire parentesi dentro parentesi, aggroviglairmi in periodi tanto tortuosi quanto il pensiero che li produce. Insomma, preparatevi al peggio.
Dicevo che i miei post dicono meno di ciò che vorrebbero (potrebbero?) dire. Frutto, penso, del mio modo d'essere e di considerarmi. Sono un'anima travagliata da spasmi interiori comuni al resto dei miei simili ed è trascorso tanto tempo, ormai, da quando credevo d'essere sostanzialmente diverso dagli altri. Oggi, giunto sulla soglia dei quaranta, giudico me stesso con severità e comprendo, con una amarezza del tutto autobiografica, che a giudicarmi è ancora ragazzino pieno di speranze e progetti che fui e che, nonostante le mie supposte qualità, sono riuscito a deludere.
Così, eccomi qui, nel più assoluto anonimato, a parlare di me scrivendo d'altro, quasi come se me ne vergognassi. E poi, d'un tratto, rendermi conto che a volte essere ciò che si è costa davvero fatica, specie quando sorge il dubbio di recitare una parte in una pièce e sai bene che non sei lì per cercare applausi (che per quanto lunghi e calorosi possano essere, prima o poi finiscono) ma perché se qualcuno ti dà un calcio nel sedere e ti catapulta sulla ribalta bisogna pur improvvisare. Ma sono guai, questi, che capitano a chi bazzica dietro le quinte ed è inutile farne un dramma (la battuta, giuro, è involontaria).
Ecco, già a questo punto, formulato il dubbio, potrei (dovrei?) fermarmi, accomiatarmi dal gentile pubblico e uscire in silenzio a testa bassa, sapendo che non è colpa del Regista se da qualche tempo a questa parte mi pare di essere Alvaro Vitali (mi perdoni l'interessato) che recita l' Amleto: “Essere o non essere? Ahahahah! Col fischio o senza?”.
Strani pensieri, stanotte. Pensieri eterocliti, come me. Pensieri contraddittori, soprattutto, perché se da un lato non capisco il motivo per il quale dovrei fare dei miei dubbi, delle mie perplessità e delle mie personalissime Waterloo un fardello per gli amici del blog accanto, dall'altro mi emoziono e partecipo alle loro vicende umane e non le ritengo affatto un peso ma un valore aggiunto, intuendo nelle loro parole una sorprendente eco dei miei pensieri. Se riuscissi ad avere la stessa umana simpatia nei miei confronti probabilmente io e il mio cervello faremmo pace e scriverei di più e meglio di quanto non riesca a fare in questo momento.

Sono uscito fuori tema. Volevo discettare sull'utilità dei post (e loro limiti) e mi sono perso per strada. Eccomi dunque di fronte alla necessità di trovare un titolo adeguato al nuovo e imprevedibile contenuto. Così imparo a dare il titolo a un post prima d'averlo scritto. Vabbé, ho deciso: lascio il titolo (sbagliato) del post che avevo intenzione di scrivere. Al limite, aggiungo un paio di aggettivi possessivi, a scanso di equivoci. In fondo, questa discrepanza tra titolo e contenuto è metafora di come mi avverto in questo momento.

 
 
 
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Un blog di: Eteroclito
Data di creazione: 05/06/2009
 

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