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GIOVANNI AGOSTINO DE COSMI (1726-1810)
«Merita di essere sradicata quella malvagia e disumana politica, che fomenta l'ignoranza nazionale e la mancanza di lumi nel popolo, nel falso supposto che si governino meglio gli uomini degradati e acceccati, degli uomini illuminati»
«Non si chiamerà mai agiata, ricca e culta una cittadinanza se si dividerà solo in due classi, l'una straricca e l'altra mendica e miserabile; l'una scienziata, e l'altra barbara; l'una industriosa, e l'altra vile e inoperosa; l'una virtuosa al sommo, e l'altra senza verun senso di moralità».
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Post n°3 pubblicato il 15 Novembre 2009 da Eteroclito
L'altra notte per la prima volta ho scritto, ma non in questa sorta di scarno tempio del nulla che è il mio blog, come avrei voluto. Ho scritto altrove. Ho scritto sulla nebbia. Quelle parole, ormai, non ci sono più. Sono su un treno diretto chissà dove. Rimangono, di quei pensieri germogliati in parole, piccoli pezzi sparsi qua e là. Cocci di me, alla deriva nel web. Confesso che la delusione è stata tanta. Avevo scritto d'impulso, le dita finalmente agili sulla tastiera a dar vita a quella cabala di lettere e parole che sono il codice d'accesso al mio piccolo mondo interiore. Ma al momento di pubblicare il post, qualcosa è andato storto e mi sono trovato scaraventato sulla pagina del login. Non avevo salvato la bozza. Di quelle righe, di quelle parole, di quei pensieri ne era rimasto solo uno, graziato da un tentativo di copia-incolla abortito: “una vittoria di Pirro”. Il titolo che avevo deciso di dare a quel post si era trasformato in un epitaffio. Delusione, un po' di rabbia, la sensazione di avere tradito la fiducia di un'amica. Poi la rassegnazione. Non era destino. Per smaltire quel frappè di sensazioni ho fatto un gioco trovato su un blog amico. Si trattava di risolvere un puzzle. Tra le tante alternative che il programma mi offriva al modico prezzo di un mal di testa, ve ne era una particolarmente interessante: quella di ricostruire un'opera d'arte. Ho scelto un particolare della Creazione di Adamo, di Michelangelo, e mi sono messo al lavoro. Ci sono diversi modi per iniziare a risolvere un puzzle. Il più comodo è quello di iniziare da ciò che di riconoscibile c'è in quel guazzabuglio di linee e colori, accostando tonalità e contorni. Così comincio ad inseguire ciò che sembrava essere una crepa su un muro. Tessera dopo tessera, quella lunga, frastagliata ferita inferta dal tempo a qualcosa che in origine doveva essere perfetto, mi conduce fino a due mani che si cercano senza trovarsi. Alla vista di quelle dita protese, sono assalito quella strana tristezza senza nome che mi sorprende di tanto in tanto senza preavviso né una valida ragione. E, insieme ad essa, dalle nebbie del tempo, mi pare di sentire la voce stridula della mia vecchia insegnante di Storia dell'arte del Liceo che mi mette in guardia: “Guarda che quella mano, la mano di Adamo, non è di Michelangelo ma di un suo anonimo discepolo”. Cara, vecchia, stanca prof. Corro a verificare: è vero. Quella crepa, la stessa che avevo seguito per risolvere il puzzle, aveva rovinato l'affresco proprio là dove mi aveva condotto, sulla mano di Adamo. Immagino uno o più discepoli del Maestro fare del loro meglio per restituire dignità a quella mano in frantumi, tanti pietosi ortopedici alle prese con la frattura delle dita del Primo Uomo. Povero Adamo, penso, ferito prima ancora di ricevere la vita. In quel momento, sento balenare un pensiero e mi irrigidisco per afferrarlo prima che sia troppo tardi, prima che scivoli via e scompaia tra le volute di quella specie di capitello intarsiato che è la mia coscienza. Ecco, adesso so cos'è quel sentimento muto e senza nome che aveva fatto capolino in me alcuni minuti prima. Non è tristezza. E' compassione. Compassione per quell'Adamo riverso ai piedi della Verna; compassione per l'Adamo che c'è in ogni uomo; infine, compassione per l'Adamo che c'è in me, un Adamo senza nemmeno l'alibi di una mela. PS: Grazie Gabri. E non solo per il giochino del puzzle che ho trovato sul blog di Normalina. :) |
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