CARCERI, 6^ SUICIDIO DEL 2011: AL MARASSI DI GENOVA UN 26ENNE ROMENO HA INALATO GAS DALLA BOMBOLETTAmercoledì 09 febbraio 2011
Un detenuto rumeno di 26 anni, che sarebbe dovuto uscire in agosto, si e' tolto la vita nel carcere di Genova Marassi. "E' morto nel vano doccia di una cella, inalando il gas della bomboletta che i detenuti posseggono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande. Forse e' opportuno che si riveda il regolamento penitenziario, al fine di rivedere o organizzare diversamente l'uso e il possesso delle bombolette di gas". Lo ha dichiarato, in una nota, Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto e Commissario straordinario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe). "Il suicidio del detenuto - aggiunge - riporta drammaticamente d'attualita' la grave situazione penitenziaria genovese ed avviene proprio il giorno dopo l'ennesimo pubblico allarme lanciato dal Sappe sulle critiche condizioni detentive genovesi. I detenuti a Marassi sono circa 730 detenuti (il 60% dei quali stranieri) a fronte di una capienza massima ufficiale della struttura di 456 posti letto mentre gli organici della Polizia Penitenziaria registrano carenze organiche pari a ben 157 Agenti". In riferimento al breve periodo di detenzione ancora da scontare, Martinelli sottolinea come la legge recentemente approvata sulla detenzione domiciliare, che consente di scontare ai domiciliari pene detentive non superiori a un anno, non abbia ancora prodotto gli effetti sperati. "Bisogna certamente aspettare alcuni mesi per valutare appieno il risultato della legge ma - sottolinea - rispetto all'indulto che fece uscire complessivamente e quasi subito circa 650 persone detenute tra Marassi e Pontedecimo, con la nuova legge fino ad oggi sono usciti solamente 15 detenuti da Marassi e 3 da Pontedecimo". "Le disposizioni previste dalla legge - continua Martinelli - sono molto vincolanti e quindi restringono il numero dei detenuti cui e' possibile applicare tale normativa, impedendone di fatto un'uscita piu' significativa ed un reale alleggerimento della popolazione reclusa". La legge dispone che la pena detentiva (non superiore a 12 mesi) sia eseguita nell'abitazione del condannato o altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza, denominato domicilio. "Ma tanti - conclude Martinelli - non possiedono questo requisito: basti pensare ai detenuti stranieri che oggi, tra Marassi e Pontedecimo, rappresentano il 60% della popolazione carceraria". |