Alicia nel paese...

L'anno che verrà


Diciamoci la verità: scriviamo da qualche parte perché le cose non è che ci vadano poi troppo bene. I diari - quasi sempre - sono i surrogati della nostra infelicità, anche perché in caso contrario staremmo fuori a ridere, a baciarci o a far cazzate anziché chini su di una scrivania. L'anno nuovo è iniziato senza strappi. Lo spumantino, le molliche del panettone, le catene di sms da cui neppure persone stimabili sembrano riuscire a liberarsi. Sarà la tecnologia, che con tutte le e-mail che spediamo abbiamo dimenticato come si scriva una lettera cartacea, figuriamoci ad affrancarci da certe schiavitù. Mio padre sta morendo, Saddam è stato impiccato, abbiamo fatto esplodere meno dita e occhi rispetto al capodanno del 2006; l'informazione è corrotta, preimpostata, preimpastata con i capitoni del cenone di San Silvestro, le calorie, i chilometri di macchine in coda ai caselli. Dov'è la felicità? Le luminarie andrebbero smontate il 24 sera perché il giorno di Natale sono già out, scadute, fioche. Bush ha propagandato l'esecuzione capitale di un becero uomo come Saddam Hussein come tenesse stretta tra le dita la ricetta magica in grado di assicurare a tutto il resto del mondo la pace, la sicurezza e la giustizia, come se bastasse giustiziare un dittatore (assolutamente colpevole, per l'amor del Cielo) per ripulire la politica internazionale, le società corrotte, per liberare i popoli oppressi che invece continuano a fare saltare i propri fratelli sulle bombe a mano. Che vita grama, che grama vita - come scalcerebbe la Mondaini.