Creato da old_bear il 19/04/2007
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Il centro di "ascolto" - prima parte.

Post n°11 pubblicato il 23 Maggio 2007 da old_bear

Ripescai dallo zainetto il biglietto: Centro di Ascolto Vicariale, Corso Martinetti xx, Sampierdarena. Lunedì e Giovedì, ore 9 / 12, trelefonare per appuntamento.
Un po' sconcertato dal fatto che anche la disperazione richede un appuntamento, provai ripetutamente a chiamare il numero indicato, senza nessuna risposta.
Risolsi di andare personalmente.

"Lei è il signor?"..."E' già stato qui?"..."E' residente a Sampierdarena?"
Superata la prima raffica di domande (ma non le mie perplessità), il signore addetto al ricevimento mi informò che aveva registrato i miei dati, e che mi avrebbe fissato un appuntamento con una operatrice da lì a un mese, prima non era possibile.
"Un mese?!? Ma si rende conto? Io ho bisogno ora! Tra un mese potrei essere morto o miliardario!" sbottai ormai con la spia di troppo pieno accesa, per quell'assurda trafila.
"Non si agiti! Lei è fortunato" ciumbia! "una signora ha appena disdetto l'appuntamento" sarà morta o diventata miliardaria? "e se vuole la metto in attesa stamane." se voglio? Simpatico matacchione!
"Eccerto che voglio, ci mancherebbe!" e mi consegna un foglietto: ore 9,45, operatice Signora Carmelina.

"Buongiorno signora! Mi chiamo Gaetano, sono impiegato presso i Civici Musei Cittadini, e da qualche mese vivo in strada..." snocciolando via via le peripezie della mia vita ad una perfetta sconosciuta. Fare outing ora va di moda, per me è diventata quasi un abitudine...
Lei stette a sentire (notare bene il verbo! n.d.r.), poi in un impeto di empatia, ci fu un'inversione di ruoli. E fui io ad ascoltare i crucci di Carmelina, frustrata cinquantenne con la sindrome del nido vuoto, e un marito che da anni la colloca tra il portaombrelli e la poltrona preferita.
La rinfrancai, facendo da testimonial che nella vita c'è anche di peggio...
Mi congedò, in cambio del mio numero di telefono, con la promessa d'interessarsi al mio caso, e mi mise in mano 20 euro e un buono per il ritiro di un pacco viveri.
"Un pacco viveri?!? Vabbè", pensai, "forse Carmelina non sa che in strada non ci sono cucine... Lo regalerò a qualche nonnetta, che senza quello andrà a pane e latte una settimana di meno."
E così feci.

 
 
 

Dannati fantasmi!

Post n°8 pubblicato il 08 Maggio 2007 da old_bear

"Se una cosa può andare storta, lo farà!", questa è la seconda Legge di Murphy.
Inutile chiedersi perchè le più grosse scocciature della vita, ci accadano quasi sempre di notte. Ne prendiamo atto e basta.

Erano le tre, abbondantemente passate. Venni svegliato dal mio sonno incastrato tra la biglietteria automatica della stazione, e la pesa persone.
Quelle simpatiche bilance, quasi ormai scomparse, che pesandoti emettono un biglietto colorato che indica il tuo peso, un aneddoto spiritoso, e una colonna della schedina totocalcio. A maggior fortuna.
Erano un due, sui quarant'anni, uno visibilmente alticcio, l'altro a fare "buon peso".

Quello alticcio sbraitava e prendeva a pugni l'emettitrice di biglietti, incazzato nero, perché a quell'ora non c'erano più treni.
"Scusate, ma qui c'è gente che dorme," osai far notare,"non potreste fare un po' meno casino?"
"E tu che cazzo vuoi? Questa è una stazione, mica un dormitorio! Barbone di merda!".

Ormai completamente sveglio, non seppi resistere a quel florilegio di squisite espressioni.
"Beh, la mia condizione è temporanea, la tua non credo. Domani sarai né più né meno quello che sei ora." non aggiunsi stronzo, ma un'intelligenza media l'avrebbe capito.
Lui non capì, e continuò.
"No, no! Tu qui ci muori! Perché se sei qui sei merda! E te la sei voluta! Io sono uno che ha una bella famiglia. Ho un bar che rende un sacco di soldi! IO!"

Un mio dannatissimo difetto è quello di non saper stare zitto alla bisogna.
Lo guardai dritto negli occhi con un mezzo sorriso e dissi: "Se sei qui, sbronzo alle tre di notte, la tua famiglia non dev'essere poi così tanto felice... Quanto al bar, ti posso far conoscere due o tre persone che, dopo aver investito tutti i risparmi di famiglia, essersi indebitati con banche e finanziarie, hanno dovuto chiudere l'attività e son finiti sui cartoni.
Tu che avresti di speciale?".
Mi si avventò contro, riempiendomi di calci. Io, incastrato nel sacco a pelo, non ebbi modo di difendermi né di reagire.
Fui salvato dal suo amico che, in un impeto di lucidità, lo trascinò fuori dalla stazione, inconsapevolmente salvandolo da due o tre miei amici che erano saltati fuori dai loro giacigli.

Me la cavai con un po' di lividi e una lezione da non dimenticare: mai agitare fantasmi davanti alla gente!
I fantasmi spaventano, e la paura fa diventare cattivi.

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P.S. Mi scuso coi lettori, ma alcune espressioni non possono essere edulcorate, perderebbero il loro impatto.
La vita è fatta anche di parole pesanti, e ritengo giusto che il loro peso resti intatto.
Non si fanno sconti!

 
 
 

La sfiga ci vede benissimo - ultima parte (o quasi). 

Post n°7 pubblicato il 05 Maggio 2007 da old_bear

Affrontare la vita con un paio di scape nuove mette ottimismo, e rischiara le idee.

Andai al lavoro, giustificai il mio ritardo e presi permesso per il resto della giornata, passando dal mio stipetto dov'era custodito il mio PC portatile in attesa di tempi migliori.
A lui avevo affidato le mie pretese di umile scribacchino dal mestiere rubato, per soddisfare il mio ego ipertrofico e fingermi uno scrittore. Ci si rimorchia abbastanza bene...
Riuscii a venderlo, non senza fatica, per 200 euro. Se penso che solo due anni prima mi era costato quasi cinque volte tanto... beh, pazienza! Di necessità, vitù.
Quei soldi mi erano necessari per l'acquisto di un telefonino di modico prezzo.
Ristabilito il contatto col resto del mondo, e sopratutto con la mia apprensiva nonchè cardiopatica e diabetica madre, mi restavano in tasca 150 euro.
Decisi di consolarmi dalle mie sventure, concedendomi il lusso di un pasto a menù turistico. 135 euro a saldo.
Il prossimo acquisto prefissato era un orologio: un ottimo similRolex in pura plastica trasparente, Made in China 5 euro.

Così, accessoriato di tutto, me ne andai a Santa Margherita per rimediare un nuovo sacco a pelo.
Già che ero in zona optai per una "ricca" cena alla mensa di Rapallo, dove Don Luigi fa del suo meglio per mantenere le tre forchette sulla guida Michelin del clochard.
Decisi infine che sarei ritornato al Grand Hotel delle Palme per la notte.
Non avevo fatto i conti con la ben nota Legge di Murphy o, se siete convinti autarchici, con quella del Menga: "Le brutte sorprese non arrivano mai sole!".

Appesa alla porta del Grand Hotel, una catena con un vistoso lucchetto ed un'ancora più vistoso cartello: "Per motivi d'igiene, la sala d'aspetto rimarrà chiusa dalle ore 20 alle ore 6. Ci scusiamo con i viaggiatori.".

Nell'atrio della stazione trovai qualche vecchio avventore e il mio amico.
"Ma che è successo?" chiesi.
"Bah! Antonio il napoletano, ha rimediato un paio di forbici e un pettine e ha aperto bottega da barbiere. Per pochi spiccioli e qualche sigaretta, acconciatura alla moda! C'erano capelli da tutte le parti..." mi disse ridacchiando.
"E ora?"
"E ora ci si sposta qui, nell'atrio. Oppure sulle panchine fuori."
Panchine? No grazie, abbiamo già dato! pensai, e gli raccontai della mia disaventura della notte precedente.

Decisi così di optare per la sontuosa dipendence dell'Hotel: l'atrio della stazione.

Ma la Legge di Murphy è implacabile, come saprete ben presto...


 
 
 

La sfiga ci vede benissimo - parte seconda

Post n°6 pubblicato il 03 Maggio 2007 da old_bear

"Hey! Se sei in cerca di penitenza e conversione, oltre che scalzo dovevi cospargerti il capo di cenere!"
"Be' don, se proprio ti serve della cenere ne ho un po' su una chiappa. Se per te vale lo stesso...".

Don Carlo è il vice parroco di Santa Maria della Cella a Sampierdarena, la parrocchia del quartiere dove abitavo.
Non sono mai stato un cattolico praticante, anzi a dire il vero non sono mai stato un cattolico. Apprezzo gli insegnamenti di quel rivoluzionario pacifista che fu Gesù, ma sono nato col cuore a sinistra e i dogmi tout-court non hanno mai fatto per me.
Ma don Carlo è una persona troppo stimolante per concedersi il lusso di ignorarlo: un metro e mezzo di petulate energia, uno che non molla mai. Più somigliante a un grillo parlante che a un prete.
Iniziammo a conoscerci in interminabili discussioni nel baretto accanto alla parrocchia.

Esauriti i "convenevoli" di rito, venne a sedersi accanto a me sulla panca della sacrestia.
"E allora?" mi chiese.
Gli raccontai la mia disavventura della notte appena trascorsa, e il perchè fossi lì, a dormire su una panchina.
"E non potevi farti vivo per tempo, eh? Solo ora che hai bisogno, vieni a bussare a mamma chiesa!"
"Don, l'ha detto il tuo capo Vestire gli ingiudi, mica Bertinotti! Quanto a venire per tempo, conosci la mia presunzione nel voler sempre cavarmela da solo. Ti chiedo solo un po' di denaro per comprarmi un paio di scarpe e ricominciare a cercare il bandolo della matassa per uscire da 'sta situazione. Magari te li rendo..." dissi.
"Ma và a... hmmmmmmm! Ossignore, con te finisco per dire spropositi anche io! Sai che soldi non ne dò... vai nel negozio di calzature Xxx , faccio una telefonata e lì troverai le tue scarpe. Ora debbo prepararmi per la funzione del mattino, ma tu aspetta qui ancora qualche minuto.".

Lo salutai con un grazie, lui con una benedizione e una scrollata di capo.
Dopo qualche minuto mi si avvicinò una donna anziana, la perpetua, e senza dire una parola mi mise in mano 10 euro e un biglietto col numero di telefono e l'indirizzo del Centro Vicariale d'ascolto della zona.


 
 
 

La sfiga ci vede benissimo - parte prima

Post n°5 pubblicato il 03 Maggio 2007 da old_bear

Mi svegliai di soprassalto, disturbato da qualcosa.

Gli occhi stentavano ad andare a fuoco, e nella bocca uno sgradevole sapore amarognolo. Mi ci volle qualche minuto per schiarire la mente e realizzare che era ancora buio.
"Ma che ore sono?" pensai. E in automatismo ripescai il mio braccio per guardare l'orologio. Sparito! Strano, eppure non lo tolgo mai dal polso... Un vecchio orologio di buona marca, di grande valore affettivo.
E lì per terra qualcosa attirò la mia attenzione: il mio portafogli!

La consapevolezza mi attraversò come scarica ad alta tensione: ero stato rapinato!
Balzai fuori dal sacco a pelo con facilità... troppa facilità. Era stato tagliato da cima a fondo con un taglierino. Idem le tasche dei jeans, e pazienza per un po' della mia natica destra, lì avrei rimediato con un cerotto e un po' di cenere di sigaretta.
Disinfetta e cicatrizza, pronto soccorso fai-da-te.

La conta dei danni fu dura: il sacco a pelo, l'orologio, i jeans, i 40 euro custoditi nel portafogli, il telefonino (per me cordone ombelicale col resto del mondo) e (dannazione!) le scarpe!
Lo confesso, mi misi a piangere. E non per i soldi o per il telefonino, e neppure per l'orologio. Piansi per il sacco a pelo: il mio rifugio, la mia casa... chiedendomi che razza di disperazione ci può essere dietro a chi rapina un disperato.

Almeno mi avevano lasciato il tabacco, grazie al cielo!
Fumai cercando di stemperare la rabbia e organizzando una soluzione. L'urgenza primaria erano le scarpe, difficile trovarle della giusta misura e in buone condizioni nei centri di distribuzione vestiario... bisogna comprarle nuove. Per questo sono una preda ambita.

Mi cambiai i jeans col paio di riserva nello zaino, dopo aver "medicato" il taglio sulla natica, e mi liberai di quelli rotti assieme (e a malincuore) del sacco a pelo ormai inservibile.
Aspettai fumando che spuntasse il giorno, poi m'incamminai scalzo verso quello che, speravo, potesse essere il mio rimedio.

 
 
 

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