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settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2013 - secondo giorno

Post n°293 pubblicato il 19 Gennaio 2013 da erda

SECONDO GIORNO: Camminare come corpo di Cristo


Ezechiele 37,1-14 “Queste ossa possono rivivere?”


Il Signore mi afferrò con la sua potente mano, il suo spirito mi prese e mi portò in una valle tutta
coperta di ossa. Mi fece passare tutt'intorno ad esse e notai che erano moltissime, sparse per terra e
completamente secche. Il Signore mi disse:
- Ezechiele, queste ossa possono rivivere?
Risposi:
- Dio, Signore, tu lo sai.
Egli aggiunse:
- Parla a queste ossa da parte mia, di’ loro: ossa secche, ascoltate la parola del Signore! Io, Dio, il
Signore, annunzio che faccio entrare in voi il respiro e voi rivivrete. Metterò su di voi nervi, farò
crescere la carne e vi ricoprirò di pelle. Poi vi infonderò il respiro e voi rivivrete. Allora
riconoscerete che io sono il Signore. Mi rivolsi alle ossa come il Signore mi aveva ordinato. E
mentre parlavo, sentii il rumore di qualcosa che si muoveva: le ossa si avvicinavano tra loro e si
univano l’uno all’altro. Vidi formarsi su di loro i nervi, la carne e le vidi ricoprirsi di pelle. Ma
erano ancora inanimate, senza respiro.
Allora il Signore mi disse:
- Tu sei solo un uomo, ma parla a nome mio, rivolgiti da parte mia al soffio della vita con queste
parole: Soffio della vita, Dio, il Signore, ti ordina di venire da ogni direzione e di soffiare su questi
cadaveri perché rivivano! Io pronunziai le parole che il Signore mi aveva ordinato di dire. Il soffio
della vita entrò in quei corpi ed essi ripresero vita. Si alzarono in piedi. Tutti insieme sembravano
un esercito grandissimo.
Il Signore continuò:
- Ezechiele, queste ossa rappresentano il mio popolo. Infatti gli Israeliti dicono: “Siamo diventati
ossa secche, senza speranza, perduti per sempre!. E per questo riferisci loro quel che io, il loro Dio,
il Signore, dichiaro: Io sto per aprire le vostre tombe: vi farò uscire, popolo mio, e vi condurrò nella
vostra terra, Israele. Quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire, popolo mio, allora riconoscerete
che io sono il Signore. Metterò il mio spirito in voi e voi vivrete. Vi lascerò vivere nella vostra terra.
Allora riconoscerete che io sono il Signore e che quel che dico, lo faccio. Lo affermo io, il
Signore!”.

Salmo 22 (21),2-9 Il servo di Dio, disprezzato e insultato, grida a Dio


Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Perché rimani lontano e non mi aiuti?
Perché non ascolti il mio pianto?
Di giorno grido, mio Dio, e tu non rispondi,
anche di notte, e non trovo pace.
Eppure tu, il Santo, abiti fra noi,
in mezzo a Israele, popolo che ti loda.
In te sperarono i nostri padri:
hanno sperato e li hai condotti in salvo,
ti chiesero aiuto e li hai liberati,
si sono fidati e non sono rimasti delusi.
Ma io sono un verme, non sono più un uomo;
la gente mi insulta, tutti mi disprezzano.
Ride di me chiunque mi incontra,
storce la bocca, scuote la testa e dice:
“Ponga la sua fiducia nel Signore,
lo salvi lui, lo liberi, se lo ama davvero!”.

Ebrei 13,12-16 La chiamata ad andare da Gesù “fuori dalle mura”


Per questo anche Gesù è morto fuori delle mura della città, per purificare il popolo con il suo
sangue. Dunque usciamo anche noi fuori della città, andiamo verso di lui, portando la sua stessa
umiliazione. Perché noi non abbiamo quaggiù una città nella quale resteremo per sempre; noi
cerchiamo la città che deve ancora venire. Per mezzo di Gesù, offriamo continuamente a Dio –
come sacrificio – le nostre preghiere di lode, il frutto delle nostre labbra che cantano il suo nome.
Non dimenticate di fare il bene e di mettere in comune ciò che avete. Perché sono questi i sacrifici
che piacciono al Signore.


Luca 22,14-23 Gesù spezza il pane, dona Se stesso prima della sua Passione


Quando venne l’ora per la cena pasquale, Gesù si mise a tavola con i suoi apostoli. Poi disse loro:
“Ho tanto desiderato fare questa cena pasquale con voi prima di soffrire. Vi assicuro che non
celebrerò più la Pasqua, fino a quando non si realizzerà nel regno di Dio”.
Poi Gesù prese un calice, ringraziò Dio e disse: “Prendete questo calice e fatelo passare tra di voi.
Vi assicuro che da questo momento non berrò più vino fino a quando non verrà il regno di Dio”. Poi
prese il pane, fece la preghiera di ringraziamento, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse:
“Questo è il mio corpo, che viene offerto per voi. Fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo,
alla fine della cena, offrì loro il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza che Dio
stabilisce per mezzo del mio sangue, offerto per voi.
“Ma ecco: il mio traditore è qui a tavola con me. Il Figlio dell’uomo va incontro alla morte, come è
stato stabilito per lui; ma guai a quell’uomo per mezzo del quale egli è tradito”. Allora i discepoli di
Gesù cominciarono a domandarsi gli uni con gli altri chi di loro stava per fare una cosa simile.


Commento


Camminare in umiltà con Dio significa ascoltare la chiamata ad uscire dal palazzo della nostra
comodità, e ad accompagnare l’altro, specialmente colui che soffre. “Siamo diventati ossa secche,
senza speranza, perduti per sempre”: queste parole di Ezechiele danno voce all’esperienza di molte
persone in tutto il mondo oggi. In India è il “popolo emarginato” delle comunità Dalit la cui vita
parla di questa sofferenza - una sofferenza che Cristo, il crocefisso, condivide. Gesù, insieme alle
persone ferite di ogni tempo e in ogni luogo, eleva a Dio il grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?”
I cristiani sono chiamati a questa via della croce. La Lettera agli Ebrei parla chiaramente non solo
della realtà salvifica della sofferenza di Gesù, che si consuma in un luogo ai margini, ma anche
della necessità per i suoi discepoli di andare “fuori dalle mura” per incontrarlo lì. Quando
incontriamo coloro che sono stati esclusi, come i Dalits, e riconosciamo il crocefisso nella loro
sofferenza, la strada da intraprendere è chiara: essere con Cristo significa essere in solidarietà con
coloro ai margini di cui lui condivide le ferite.
Il corpo di Cristo, lacerato sulla croce, è “spezzato per voi”, la sofferenza e la morte di Cristo sono
anticipate nell’episodio dell’Ultima Cena, e ogni Eucaristia è celebrata come vittoria sulla morte.
Nella celebrazione cristiana, il corpo sacrificato di Cristo è il suo corpo risorto e glorioso; il suo
corpo è spezzato cosicché noi possiamo condividere la sua vita, e, in lui, essere un solo corpo.
Come cristiani in cammino verso l’unità possiamo spesso vedere l’Eucaristia come il luogo in cui lo
scandalo della nostra disunione è dolorosamente reale, sapendo che, per ora, non possiamo ancora
condividere insieme questo sacramento come dovremmo. Questa situazione ci chiama ad un
rinnovato sforzo verso una più profonda comunione l’uno con l’altro.
La lettura di oggi potrebbe avviare un’altra linea di riflessione. Camminare come corpo di Cristo
apre la strada ad “atti eucaristici”: condividere il nostro pane con gli affamati, rompere le barriere
della povertà e della disuguaglianza, in cui tutti i cristiani sono chiamati ad operare insieme. Papa
Benedetto XVI contestualizza la sua riflessione sull’Eucaristia per la Chiesa, nella comprensione
cattolica, proprio in questa linea: è un sacramento che non deve solo essere creduto e celebrato, ma
deve anche essere vissuto (Sacramentum Caritatis). Nella comprensione ortodossa della “liturgia
dopo la liturgia” si riconosce che non vi è “nulla di autenticamente umano” che non trovi il suo
modello e la sua vita nell’Eucaristia (cfr. SC 71).


Preghiera


O Dio compassionevole, tuo Figlio è morto sulla croce perché le nostre divisioni potessero essere
annientate dal suo corpo lacerato. Eppure, noi lo abbiamo crocefisso ancora, e ancora e ancora con
la nostra disunione, e con sistemi e prassi che ostruiscono la tua amorevole cura e minano la tua
giustizia verso gli esclusi dai doni della tua creazione. Manda il tuo Spirito a soffiare vita e
guarigione sulla nostra divisione, perché possiamo insieme rendere testimonianza alla giustizia e
all’amore di Cristo. Cammina con noi verso il giorno in cui potremo condividere l’unico pane e
l’unico calice alla comune mensa. Dio della vita, guidaci verso la giustizia e la pace. Amen.


Domande per la riflessione personale


1. Alla luce della tradizione profetica secondo cui Dio desidera la giustizia piuttosto che rituali
senza giustizia, dobbiamo domandarci: in quale modo l’Eucaristia, mistero della lacerazione e della
nuova vita di Cristo, può essere celebrata ovunque nel nostro cammino?
2. Come potremmo, insieme come cristiani, testimoniare meglio la nostra unità in Cristo nelle
situazioni di lacerazione ed emarginazione?

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