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Cosa ha ucciso Jack Kerouac?


Cosa ha ucciso Jack Kerouac? Cosa ha ucciso Jack Kerouac, l'uomo che ha scritto con più gioia sulla vita? Cos'è che l'ha ridotto a morire bevendo birra e scotch davanti alla televisione? Un uomo che ha cavato magia da ogni pietra che ha calpestato. Non gliene è importato più niente. Niente l'ha interessato più. E non dico la strada, ma tutto il resto. Finito. Arriva un punto in cui il mondo intero non è più niente. Un poco di quiete ebete dentro, poppando la bibita, roba però che non sa più uscire di bocca. Di bocca escono solo graffi e rabbia, e sputi per tutti. Niente più dell'epica amicizia, della fiamma che aveva scosso le strade. Niente della perla è durato. Eppure chi ha scritto in quel modo ha amato. Ha amato tutto. La terra, il sole e il ferro, ha amato il segreto e l'esposto, il buio e a luce. Quale colpa allora l'ha abbattuto? Ma soprattutto, è colpa? Oppure è che si è consumato tutto? O che il dovere la sa sempre più lunga e si deve scrivere e scrivere o si deve ancora qualcosa... Ma infine dove è finita la gioia? La guida dei nostri passi. LA GIOIA! Quale fastidio l'ha uccisa, quale invidia, quale distrazione? O è soltanto un ormone che dopo il corpo non produce più? Uno cerca di salvarsi col dovere, con la rinuncia, affilare pena, entusiasmo, ricordo... avvicinarsi sempre di più a come dovrebbe essere stato. O forse ancora è che tutto è come una grande abbuffata, che dopo lascia spossati e schifati, con la pancia a pezzi e la bocca impastata! O forse è a non amarsi per niente, a maledirsi di continuo che succede, a fare caso alle sciocchezze, alle brutture, a non mantenersi sempre tesi verso la luce, a perdersi nelle retrovie, a non avere palle, a farsi tirare in basso, a raccontarsi palle da soli, a essere buoni, a non tirare cazzotti. Dico, accidenti, è la vita! Oppure ancora è l'avarizia che ti ammazza o la sofferenza presa a dosi smodate! L'avarizia, come un laccio, un'asfissia intorno al collo. Avarizia della vita. Tenersela sempre stretta per paura che se ne esca del tutto e non ci rimanga più niente. O forse ancora è la paura delle cazzate. Quando se ne fanno così tante che non ci si sa più accudire. O forse che uno crede di andare dietro alle emozioni e non sa fare andare le emozioni dietro alla vita. Che insomma, bisogna andare e basta, e chi si ferma a pensare è un onanista perduto, e chi ha dei dubbi, coi dubbi ci rimane in mezzo alla strada, senza prenderla. Ora tutto quello che conta per andare è prenderla una strada. Se no è il terrore. Si rimane davanti ai cartelli e quando uno inizia a rimanere fermo davanti ai bivi non può più andare in giro. Si deve ritirare. Inizia ad avere rabbia. Deve attaccare lo spazzolino al chido! Ma... Jack Kerouac non ha passato tutto questo. Non ha speso il tempo nel deserto dei bar ristrutturati in compagnia dei dj dell'etere, soffocato, senza strade, solo. Ma anche questo però non ha nessuna importanza perchè ognuno cresce per dare senso alla strada che fa e per ognuno la perla è diversa, ed è comunque la sua. E noi sappiamo quale è stata la nostra! Che i poeti servono solo a farci trovare la nostra ricchezza, non a invidiare la loro. A dirci che sì, è vero! Abbiamo bisogno di spazio, spazio ancor più che di tempo! A farci sentire compresi mentre arranchiamo, sbaviamo, farnetichiamo, tradiamo, consumiamo. Allora, cosa l'ha ucciso? "Un sassofonista cosa fa? Fa un bel respiro e poi soffia nel suo strumento fino a costruire una frase unica con il suo fiato. Così io separo le mie frasi come fossero respiri diversi della mente". (Jack Kerouac)