Creato da ciapessoni.sandro il 21/02/2010

P o e t i c a

P o e s i a - L e t t e r a t u r a - S t o r i a - M u s i c a

 

 

« L'AMORE DI LOREDANA - d...L'AMORE DI LOREDANA - r... »

L'AMORE DI LOREDANA - romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli.

Post n°215 pubblicato il 26 Febbraio 2013 da ciapessoni.sandro

L’AMORE DI LOREDANA – Romanzo dello scrittore: Luciano Zuccoli

 

 

Immagine

Desenzano del Garda

Cliccare sull’immagine per ingrandire.

 

… seguito PRIMA PARTE

 

***

Capitolo XVI (seguito del post 214)

 

- È lei la signora Teobaldi? - egli domandò con voce spenta a Clarice. - Ha lei le chiavi dell'appartamento?

Clarice si presentava già, le chiavi in una mano e la ricevuta del telegramma nell'altra.

- E questo, che cosa è? - domandò Filippo guardando il pezzetto di carta.

- È la ricevuta del telegramma, che ho spedito stamane per ordine della signora contessa, - rispose Clarice, pensando che non le conveniva far comprendere al conte tutto ciò ch'ella aveva immaginato.

- Ah, l' ha spedito lei! Loredana ha dato a lei questo incarico! - disse Filippo. - Lei è stata a Peschiera?

- Sì, signore, - confermò Clarice. - La signora contessa era molto buona con me.

Filippo diede un'occhiata alla Teobaldi, poi, come colpito da un pensiero improvviso, soggiunse:

- Io devo ritirare i bauli; vuole aiutarmi a mettere un po' d'ordine, signora Teobaldi?

Clarice non credeva alle proprie orecchie; le maniere cortesi di Filippo, l'accoglienza gentile, l'invito a dargli mano, la mandavano in visibilio. Ella squadrò l'ostessa, ch'era rimasta in disparte, e rispose:

- Io sono molto onorata, signor conte...

Filippo la precedette sulle scale, arrivò al primo piano, aperse, fece entrare la Teobaldi,

richiuse. Egli, che pur sentiva crescergli in cuore una disperata amarezza, non batté ciglio, vedendo sul divano il cappellino dell'amante.

- Si sieda, - disse alla Teobaldi. - Mi aiuterà quando le dirò io.

Da un largo baule pendeva il mazzo delle chiavi; Filippo aperse, e riprese:

- Ecco, signora Teobaldi; qui occorre la sua opera. Il baule della biancheria non può essere spedito così.

Clarice si alzò dalla poltrona, quasi spinta da una molla, e corse a vedere: la biancheria, era magnifica, in tela finissima, ornata di merletti e di fettucce.

- Ora ci penso io, - dichiarò la Teobaldi.

E mentre con cura meticolosa estraeva dal baule la biancheria, per riporvela poi sapientemente, Filippo prese una sedia e si mise a sedere vicino.

- È partita ieri sera, con sua madre? - egli domandò in capo a un attimo d'esitazione.

- Sì, signore. Sono andate in carrozza a Desenzano, e di là hanno preso il treno, io credo...

Ma che stupende sottane!...

- Ed era allegra? - chiese Filippo.

Clarice, che passava con un carico di sottane bianche sulle braccia, si fermò.

- Ah no, signor conte! Anzi, è stata malissimo, durante il giorno.

Filippo diventò subitamente pallido.

- È stata male? – ripeté . - Per carità, mi racconti, mi racconti tutto.

Allora la Teobaldi depose cautamente le sottane sulla tavola, prese una sedia ella pure, e raccontò dell'arrivo di Emma, dello svenimento di Loredana, dell'invio del telegramma, senza obliare l'incidente più piccolo, senza dimenticar parola, quasi avesse scritto ogni cosa ed ora rileggesse.

- Ma come ha potuto sua madre ricondurla a Venezia, se stava male? - esclamò Filippo, quando l'altra ebbe finito. - Come ha osato commettere questa cattiveria?... Ah Loredana, Loredana, Loredana!... Egli chiamò l'amante a voce alta, quasi ché ella avesse potuto rispondergli, ed era nel suo viso una tale espressione d'ambascia, che la Teobaldi restò inchiodata sulla sedia, senza trovare una frase di conforto.

- Lei non sa, - riprese Filippo, - lei non sa, non immagina che cosa sia Loredana per me: è la vita, capisce? Me l'han portata via, come si strappa un balocco dalle mani di un fanciullo, e vorrebbero ch'io tacessi, che figurassi anzi quasi un complice, che non la vedessi più... Non veder più Loredana, le pare possibile?

La Teobaldi fece un gesto disperato con le mani, come a dire: «Impossibile», ma il gesto richiamò Filippo alla percezione della realtà; sentì quasi meraviglia di trovarsi di fronte alla vecchia dalle sopracciglia al nerofumo e di sorprendersi a parlarle con tanta confidenza. Mutò voce, e disse:

- Vogliamo riprendere il lavoro?

Clarice riprese tosto, e, curva sul baule, sostando ad ogni poco, trasse tutta la biancheria e ve la rimise lentamente.

- Lei è di Venezia? - domandò Filippo, dopo una pausa.

- No, signore; son di Verona; ma ho a Venezia qualche parente...

- Ah! - mormorò Filippo. - Allora conosce bene Venezia?

La Teobaldi sbuffò, perché si rialzava, dopo aver collocato nel baule una bella collezione di calze di seta.

- Certo, - disse. - Vado a Venezia almeno due volte all'anno.... Queste calze rappresentano un tesoro; la calza di colore per l'estate è l'ultima parola della moda.

- Se viene a Venezia, - interruppe il conte, - non si dimentichi di me: avrò piacere di vederla...

- Ah, conte! - esclamò la Teobaldi. - Metter piede a palazzo Vagli, io, povera meschina!

Ella s'era fatta più rossa pel piacere, e s'immaginava già d'arrivare in gondola al palazzo, di salirne le scale preceduta da un valletto in livrea, di incontrarsi con qualche dama dal nome sonante, e di potere un giorno destar l'eco delle ampie vôlte con le note d'una romanza, probabilmente intitolata «Mon rêve»...

- Che idee! - osservò Filippo. – Perché non dovrei io trattarla come la trattava Loredana?

Il nome della fanciulla risonò di nuovo nella camera, risonò dolorosamente nel cuore dell'uomo. Egli ripeté :

- Venga a trovarmi, venga a trovarmi.

E alzandosi, andò alla finestra a guardare il lago, placido nel suo denso color di cobalto.

Clarice intuì ch'egli era caduto di nuovo in preda al dolore e ai ricordi, e non volendo riuscire importuna, si studiò di lavorar presto, senza chiasso, ma con precisione. Riempito un baule, passò nella camera da letto, raccolse le spazzole, i pettini, le fiale, tutti i preziosi gingilli ch'erano rimasti sul cassettone e ne fece un imballaggio accurato; poi guardò gli altri bauli, accomodò quelli ch'erano in disordine. E mentre, sudando e soffiando, faticava con tanto entusiasmo e con sì accorta discrezione, pensava che alla sua non più giovane età - ella non confessava gli anni nemmeno a se stessa – aveva finalmente il conforto d'esser compresa. Prima Loredana, poi il conte, uno dei più nobili patrizi veneziani, riconoscevano in lei la donna saggia, prudente, fidata; e, oltre la soddisfazione di quella tarda vittoria, ella gustava la voluttà di vivere in pieno romanzo, tra una tempesta di passione, della quale sentiva la rossa fiamma, sognava i vaghi episodi.

La voce di Filippo, che le risonava alle spalle, la fece trasalire.

- Io credeva di trovarla qui, - egli disse, pensando a Loredana. - Il suo telegramma non era chiaro. Se lo ricorda?

- Io non l' ho letto, signor conte, - dichiarò Clarice con solennità. - Ho eseguito l'incarico affidatomi, e mi sarebbe parsa indiscrezione riprovevole gettar l'occhio sul...

- Bene, - interruppe Filippo. - Diceva: «Un addio prima di partire». Credevo d'arrivare in tempo. Ah se non ci fosse stato di mezzo Candriani con quella sua stupida compagnia e quella gita, e quel pranzo! Ma non è possibile finirla così.... Che cosa devo fare, che cosa devo fare?

Clarice Teobaldi, udendo parlare di Candriani, di compagnia, di gite e di pranzi, ebbe la vertiginosa impressione di trovarsi già a piene vele nell'oceano della grande società; e sedette, si asciugò la fronte con la pezzuola, ripeté guardando per terra:

- Che cosa dobbiamo fare?

 

XVII.

 

«Non si tratta d'una pagina della mia giovinezza; si tratta della mia vita intera.». Le amare parole che la figlia aveva pronunciato in un grido di dolore, tornarono alla mente di Emma De Carolis non appena ebbe varcata la soglia di casa a Venezia. Tutto era mutato. Loredana trascinava con sè, in quelle camere già piene delle sue risa e del suo canto, qualche cosa d'infinitamente triste, qualche cosa che non si poteva vincere, qualche cosa che mutava il senso della vita, rimanendo immutabile. Emma la guardava camminare, parlare, vivere, senza riconoscerla; la fanciulla d'un giorno era spenta.

Subito, appena arrivata, Loredana, s'era messa a letto con la febbre; quel viaggio di sera, da Desenzano a Venezia, quella strada già percorsa in senso inverso con Filippo, e tutta piena di episodi memorabili, le avevano suscitato in cuore un tale spavento, una tale disperazione, da farle perdere conoscenza appena tornata nella sua casetta sul campiello muto. E di quello strazio le erano rimasti in mente una lettera e un numero, «a 3622 a», ch'erano segnati all'interno sulla portiera del vagone, e che ella aveva fissato per tutto il tempo del viaggio attraverso la campagna scura.

Furono giorni orrendi.

La canicola mozzava il respiro; Venezia era deserta; i vaporetti portavano al Lido orde di disperati in cerca d'aria più leggera; e lo scirocco pesava, spietatamente, fiaccando il corpo e lo spirito di giorno e di notte.

Per un mese intero, Loredana non volle uscir di casa; la gente le incuteva paura, i discorsi la irritavano; se la madre era intorno a lei con mille piccole cure insolite, ella sentiva la pietà pel suo dolore, e il dolore le tornava più vivo; se la madre si sforzava di fingersi lieta, Loredana si sentiva sola, avvilita, torturata da un sogno e da un rimpianto inutili. Ad ogni tentativo di sollevarsi, di liberarsi, di rivivere, s'agitavano in lei i ricordi minuti del suo amore, ed era come chi non potendo retrocedere, né avanzare, né durare sul posto, si dispera in cerca d'un aiuto o d'una idea o d'un'illusione.

Di Filippo, non più notizie. Che pensava? Che contava di fare? L'aveva abbandonata così, approfittando dello insperato intervento della madre? Il suo amore era stato anche più vile e più rapido d'un capriccio; Filippo aveva voluto il corpo della fanciulla, lo aveva corrotto per la sua libidine, lo aveva foggiato a strumento di piacere; e, subito stanco, non tentava nemmeno difendere la sua conquista. Tre anni di finta amicizia gli avevano dato finalmente il possesso di Loredana; e pochi giorni erano bastati a saziarlo; essa era stata il suo zimbello per tutto quel tempo; e non aveva memorie che di Filippo, perché tre anni addietro era una piccoletta, che confondeva ancora il conte con le bambole.

Come vivere, ormai? Che cosa poteva sperare? Aveva provato ogni gaudio nel giro di brevi giorni; il suo corpo sentiva ancora la carezza lunga e morbida, che l'aveva iniziata all'amore, dando al sangue un moto più vivo, più gagliardo, più impetuoso; e tutto d'improvviso le era stato tolto; e le notti insonni erano insopportabili per lo spasimo del desiderio che le ricordava una bocca ardente, un abbraccio violento, una preghiera e un dominio. Ma non era possibile che Filippo fosse così repentinamente scomparso dalla sua esistenza. Doveva tornare; sarebbe tornato domani, domani l'altro, un altro giorno prossimo; l'avrebbe richiamata, per continuare quel gaudio, per confondere le anime loro...

 

Fine prima parte Capitolo XVII

Buona lettura

 

 

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/Ciapessonisandro/trackback.php?msg=11946513

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
anyony
anyony il 27/02/13 alle 09:05 via WEB
Clarice inizia ad avere un ruolo diverso e più importante nella storia tra Filippo e Loredana e si dimostra diversa da come ci era apparsa all'inzio: pettegola e invadente. La separazione tra di due innamorati è assai dura e ne soffrono entrambi,Loredana addirittura si ammala. Staremo a vedere cosa accadrà e se ci sarà un ricongiungimento. Un abbraccio caro Sandro, con affetto Antonia
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 27/02/13 alle 10:29 via WEB
Antonia cara, grazie per la tua fedele e costante presenza. L'amore di Loredana ed anche di Filippo si sta rivelando come una passione indistruttibile, non tanto per l'esteriorità apparente delle loro frequenze, ma per un qualcosa che ha colpito profondamente l'animo dei due protagonisti. Io credo anche (è un mio personale pensiero) che l'Autore ci abbia voluto esporre in maniera figurativa, il quotidiano amore del "comune mortale". Ognuno di noi - rileggendo attentamente quelle trame - trova un qualcosa che personalmente lo riguarda. In breve questo è il mio pensiero. Qui stamattina piove, ed è anche freddo; la primavera la intravedo assai lontana... sempre che si sia ancora! Ciao Antonia, con tanto affetto, ti abbraccio. Sandro.
 
   
anyony
anyony il 27/02/13 alle 16:28 via WEB
Caro Sandro, concordo con le tue riflessioni suo quotidiano "amore comune". Qui il tempo invece è molto bello, stiamo avendo un inverno tiepido e piacevole. Un abbraccio, con affetto Antonia
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 27/02/13 alle 10:37 via WEB
Per: elisabetta.alviti - Elisabetta, Elisabetta carissima, ho notato il tuo sguardo che... legge il contenuto di questa pagina! E mi sembra anche vederti compiaciuta, sorridente. Se così proprio fosse, mi sentirei felice. Stamattina non sono uscito, piove... il tempo è triste e mette addosso una cupa malinconia, spero che passi presto. Ti abbraccio Elisabetta cara, ti abbraccio col... mio tenero bacetto. Sandro.
 
 
elisabetta.alviti
elisabetta.alviti il 01/03/13 alle 17:27 via WEB
hai proprio ragione!!!...Sono passata in punta di piedi per non disturbarti.Sono triste anch'io...questo è un mese che mi ricorda tante cose e la malinconia la fa da padrona.Passerà!!! Ti abbraccio Sandrino...abbi cura di te, un bacetto.
 
   
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 02/03/13 alle 16:19 via WEB
Elisabetta cara, non disturbi mai, anzi... ti aspetto così ci beviamo il tea insieme e cercheremo di far passare le nostre amare malinconie cui il mondo, in questi giorni ci... appioppa! Sembra fatto proprio su misura con le illusioni della nostra Loredana... Ti abbraccio Elisabetta, un bel bacetto e a presto. Sandro.
 
ottobre210
ottobre210 il 28/02/13 alle 20:07 via WEB
Caro Sandro,quanta tristezza,questi due giovani che pur amandosi sono destinati alla separazione,la Teobaldi testimone e custode della loro sofferenza.Loredana chiusa nel suo dolore...cose le riservirà il futuro?Una serena notte Sandro,un abbraccio con l'affetto di sempre.Francesca
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 02/03/13 alle 16:31 via WEB
Francesca carissima, buon pomeriggio! Ecco... il tea ben ben caldo (ti va bene al limone?) con biscottini di Siena (spero piacciono anche ad Elisabetta) e da ultimo un sorso di Limoncello di Sorrento. Sì! questa puntata tutta tristemente... scura, assomiglia all'amarezza di Loredana ed anche alla amarezza che ci stiamo sorbendo in questi giorni. Unica cosa positiva: il tempo è buono anche se al mattino il freddo la fa da padrone. A presto Francesca, ti abbraccio econ affetto un bacio! Sandro.
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 12
 

ULTIME VISITE AL BLOG

cassetta2odnandrefmanuelapergola87melzani54marco90_sacredMorghennbicsipetrotempestadamore_1967lapis03alfredoalfredodglantoniobr.aVolo_di_porporamaschiomaturo6edoardo_crivellarizaou
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963