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Cineforum 2015/2016 | 3 novembre 2015

Post n°242 pubblicato il 30 Ottobre 2015 da cineforumborgo
 

ANIME NERE

Regia: Francesco Munzi
Soggetto: Gioacchino Criaco, Francesco Munzi, Fabrizio Ruggirello, liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Gioacchino Criaco (Rubettino Editore)
Sceneggiatura: Francesco Munzi, Fabrizio Ruggirello, Maurizio Braucci, Gioacchino Criaco (collaborazione)
Fotografia: Vladan Radovic
Musiche: Giuliano Taviani; la canzone “Anime nere” (musica e testi di Giuliano Taviani), è interpretata da Massimo De Lorenzo
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Scenografia: Luca Servino
Costumi: Marina Roberti
Suono: Stefano Campus (fonico di presa diretta)
Interpreti: Marco Leonardi (Luigi), Peppino Mazzotta (Rocco), Fabrizio Ferracane (Luciano), Barbora Bobulova (Valeria), Anna Ferruzzo (Antonia), Giuseppe Fumo (Leo), Pasquale Romeo (Ercole), Stefano Priolo (Nicola), Vito Facciolla (Pasquale), Cosimo Spagnolo (Cosimo), Aurora Quattrocchi (Rosa), Manuela Ventura (Giorgia), Domenico Centamore (Rosario), Sebastiano Filocamo (Antonio Tallura)
Produzione: Luigi Musini, Olivia Musini, Fabio Conversi per Cinemaundici/Babe Films con Rai Cinema, in collaborazione con On My Own
Distribuzione: Good Films
Durata: 103'
Origine: Francia, Italia, 2014
Premio Francesco Pasinetti, Premio Fondazione Mimmo Rotella (Luigi Musini) e Premio Schermi di Qualità-Carlo Mazzacurati alla 71. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2014); David di Donatello 2015 per: Miglior film, regista, sceneggiatura, produttore, fotografia, musicista, canzone originale ("Anime Nere"), montatore e fonico di presa diretta; Nastro d'Argento 2015 per: Miglior produttore (Cinemaundici - Luigi e Olivia Musini)

La storia di tre fratelli calabresi, Luciano, Rocco e Luigi. Quest'ultimo, il più piccolo dei tre, è un trafficante internazionale di droga, mentre Rocco, milanese d'adozione, è un imprenditore grazie ai soldi sporchi di Luigi. C'è poi Luciano, il maggiore, che si culla ancora nell'idea di una Calabria preindustriale. Leo è il figlio ventenne di Luciano, un giovane senza identità, che per una lite banale compie un atto intimidatorio nei confronti del bar del clan rivale. Altrove sarebbe stata una cosa di poco conto, ma qui siamo in Aspromonte. Luciano è costretto di nuovo a rivivere il dramma per la morte del padre e gli altri due fratelli tornano al paese d'infanzia per affrontare nodi irrisolti del passato.
Capre e sangue. Un piccolo paese della Calabria che diventa cuore pulsante di traffici di droga, da nord a sud, tenuti insieme da una famiglia, allargata in clan. I riti arcaici, la tradizione pastorizia, la spirale affettiva, fatta anche di odio, tradimento e morte, con l'impossibilità di spezzare i vincoli mafiosi, rappresentano il contesto sociale in cui si svolge “Anime nere” di Francesco Munzi, (…) tratto dal romanzo omonimo di Gioacchino Criaco. «Un libro che racconta la Calabria dal di dentro perché non si possono comprendere le storie di queste famiglie legate alla 'ndrangheta, se non le si conosce da vicino. All'interno dei nuclei famigliari mafiosi ci sono un odio e un amore diffuso e una gran voglia di dire basta a una storia infinita».
Un po' come in “Luna rossa” di Antonio Capuano, nel film si seguono i meccanismi umani e psicologici che si scatenano all'interno di un clan, tra istanze vendicative e desiderio di rottura. Come spiega l'autore e co-sceneggiatore Criaco, i tre fratelli protagonisti di “Anime nere” sono attraversati da tutti questi elementi: Luigi è un trafficante internazionale di droga; Rocco vive a Milano e fa affari con le imprese riciclando denaro sporco; Luciano vive in Aspromonte e spera di tornare a vivere in una civiltà contadina onesta, ma il figlio adolescente cresciuto in quella sorta di deserto sociale preferisce seguire lo zio trafficante e affiliarsi al clan.
Una storia normale, tutto sommato, che non siamo abituati a vedere ma ne constatiamo le conseguenze ogni giorno. Milano, il nord, il controllo del territorio e degli affari in Lombardia è molto imponente da parte della 'ndrangheta e il film riesce a suggerire, in parte, anche questo. Africo, il paese calabrese in cui risiede la famiglia, con le madri e mogli, donne di mafia che vivono nell'omertà e caldeggiano la vendetta, aveva già attirato l'attenzione di Corrado Stajano a fine anni '70. Nel suo libro, questo paesino diventava luogo e metafora di un'Italia malata, di uno Stato incapace di sradicare le radici mafiose dal proprio territorio, anzi, più spesso alimentandone la crescita.
«Quando sono arrivato in Calabria per lavorare al film, ero pieno di pregiudizi - racconta Francesco Munzi. - Il paese in cui abbiamo girato era un luogo stigmatizzato dalla letteratura giornalistica e giudiziaria. Africo è uno dei centri nevralgici della 'ndrangheta, ma nel giro di pochi giorni ho scoperto una realtà complessa e variegata. Ho visto la diffidenza degli abitanti trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi ed è stato possibile coinvolgere la gente nel progetto».
Con questo approccio quasi antropologico e documentaristico il film mantiene uno sguardo realistico. L'utilizzo del dialetto, utile a creare una barriera linguistica e fisica con il mondo esterno, rende ancora più denso il rapporto tra i componenti della famiglia. Rispetto al libro è stata cambiata l'epoca, che dagli anni '70 è stata trasportata ad oggi; i tre fratelli nel libro erano tre amici e qualche modifica è stata apportata nel finale. Da non rivelare, ma simbolicamente molto forte e anche un po' catartico.
Parte essenziale nel film, come nel libro, è l'aspetto arcaico di una cultura che si avvale di riti pagani e di usanze contadine, espresso da un paesaggio cupo e selvaggio e che solo in alcuni rari momenti, molto studiati, concede la bellezza solare del mare.
Barbara Sorrentini, Cineforum

Ambientato in Aspromonte, ad Africo, non sembra essere uno dei tanti film sulle mafie del sud, resi ormai stereotipati e praticamente inservibili. Lavora certamente sulla connotazione dei personaggi, in quel difficile equilibrio tra mitologia e declino, identificazione e distanza, ma si distacca anche dal singolo personaggio per creare una coralità inestricabile che è poi alla base stessa delle faide e dell'onore delle famiglie. Così procedono compatti i personaggi anche se delineati in maniera apparentemente differenziata, mentre le donne tacciono e indicano in silenzio la strada irrevocabile da seguire (...) Marco Leonardi, perfetta interpretazione, un volto che prosegue la saga dei malavitosi italiani (...). Munzi si tiene lontano dagli stereotipi e folklore, usa opportunamente il dialetto, toglie ogni eccesso, autore consumato fin dal suo esordio “Saimir” (scoperto a Venezia) e di “Il resto della notte” (era alla Quinzaine di Cannes). In questo ritorno a casa c'è anche il viaggio compiuto dal regista che mai era stato in quelle zone, una scoperta che accompagna anche lo spettatore che pure ha visto tante cronache in tv, e ora si trova a fronteggiare da vicino i comportamenti, scoprire quanto di arcaico esiste accanto alla modernità.
Silvana Silvestri, Il Manifesto

FRANCESCO MUNZI
Filmografia:
                        
Saimir (2004), Il resto della notte (2008), Anime nere (2014)

Martedì 10 novembre 2015:
MEDIANERAS - INNAMORARSI A BUENOS AIRES di
Gustavo Taretto, con Pilar López de Ayala, Javier Drolas, Inés Efrón, Carla Peterson, Rafael Ferro

 

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