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Cineforum 2015/2016 | 2 marzo 2016

Post n°271 pubblicato il 26 Febbraio 2016 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

LO SCIACALLO - NIGHTCRAWLER

 

Titolo originale: Nightcrawler

Regia: Dan Gilroy

Sceneggiatura: Dan Gilroy

Fotografia: Robert Elswit

Musiche: James Newton Howard

Montaggio: John Gilroy

Scenografia: Kevin Kavanaugh

Arredamento: Meg Everist

Costumi: Amy Westcott

Interpreti: Jake Gyllenhaal (Lou Bloom), Rene Russo (Nina Romina), Bill Paxton (Joe Loder), Riz Ahmed (Rick), Kevin Rahm (Frank Kruse), Ann Cusack (Linda), Eric Lange (Cameraman), Anne McDaniels (LA Weather Girl), Kathleen York (Jackie), James Huang (Marcus), Viviana Chavez (Desiree), Dig Wayne (Rufus), Carolyn Gilroy (Jenny)

Produzione: Michel Litvak, David Lancaster, Jennifer Fox, Tony Gilroy, Jake Gyllenhaal per Bold Films

Distribuzione: Notorious Pictures

Durata: 117'

Origine: U.S.A., 2014

 

Los Angeles. Lou Bloom è disoccupato e non riesce a trovare lavoro. Poi, dopo essere stato testimone involontario di un incidente stradale, decide di procurarsi una videocamera per riprendere le scene più cruente sui luoghi delle emergenze notturne e vendere il materiale ai network televisivi. La sua scalata al successo è veloce e Lou diventa sempre più spietato fino a quando, convinto di avere in mano uno scoop sensazionale, interferisce pericolosamente con l'arresto di due assassini...

Era difficile girare un film non moraleggiante sui reporter che di notte girano a Los Angeles armati di videocamera, cercando disgrazie o incidenti. Meglio se i fattacci avvengono nei quartieri bene, due ubriachi o due spacciatori che si accoltellano per strada procurano meno brividi di una rapina in una villetta con giardino (se poi il tutto avviene mentre un bimbo dorme tranquillo nel suo lettino, gli ascolti salgono alle stelle). Era difficile chiamarsi fuori dallo sciacallaggio suggerito dal titolo italiano. “Nightcrawler” suggerisce un verme schifoso, più che uno sciacallo, e in senso figurato coincide perfettamente con il personaggio di adulatore insinuante che il regista e sceneggiatore Dan Gilroy - firmò il copione di “The Bourne Legacy” assieme al fratello Tony Gilroy - costruisce attorno a Jake Gyllenhaal. Mai così bravo, mai così inquietante (parola che da sempre cerchiamo di evitare, ma in questo caso proprio non si può). Magrissimo e con gli occhi spiritati, la camicia a maniche corte che nel cinema americano sta nel guardaroba di chi da un momento all’altro potrebbe sparare sulla folla - ne indossava una Michael Douglas in “Un giorno di ordinaria follia”, diretto da Joel Schumacher nel 1993 - ruba rame vecchio e lo rivende. Al ricettatore fa un discorsetto sull’autostima, sulla cultura del lavoro, sull’impegno, sul fatto che per vincere alla lotteria bisogna guadagnarsi i soldi per il biglietto, e si propone per un lavoro fisso. Il primo dei monologhi da aspirante self-made man che brillano nel film. Quando il giovanotto ha successo e comincia a vendere i primi spezzoni con poveracci che muoiono dissanguati, arruola come assistente Riz Ahmed (uno dei quattro scalcagnati terroristi musulmani in “Four Lions” di Chris Morris; anno 2010, quindi pre-Isis). Il contratto prevede un praticantato senza garanzie e l’esposizione agli incessanti deliri del capo: il disadattato dall’ambizione sfrenata impara prestissimo le regole del business. Commesso viaggiatore di se stesso, sembra l’erede - in tempi di citizen journalism e di macabri notiziari mattutini - di Al Pacino, che in “Americani” di David Mamet si fingeva depresso per acchiappare i clienti. Rene Russo, moglie del regista, è perfetta nel suo look da giornalista sul viale del tramonto, ostinatamente vestita e truccata come negli anni d’oro.

Mariarosa Mancuso, Il Foglio

 

Che cos’è un nightcrawler? Un lombrico che si nasconde agli occhi di tutti vivendo di resti, uno sciacallo vorace disposto a saziarsi solo di Morte e Disperazione oppure un demone ancestrale che nell’oscurità osserva, ridendo atrocemente, le vite degli altri? Non lo sappiamo con certezza ma, qualsiasi cosa esso sia, riteniamo che Lou Bloom troverebbe facile riconoscersi in tutte queste definizioni.

Lou, infatti, è un uomo privo di qualità etiche e affettive, un corpo emaciato che, con suoi viscidi modi e con la sua ossessiva ambizione, è ostentazione vivente di una sociopatia conclamata, di un’amoralità ascesa a regola di vita. Dopo piccoli furti ed espedienti dozzinali per sopravvivere, Lou ha trovato finalmente la sua terra promessa nelle notti di Los Angeles, dove basta una videocamera e una radio della polizia per diventare i re della città.

Dan Gilroy, fratello del Tony di “The Bourne Legacy” e “Michael Clayton”, alla sua prima regia cinematografica decide di raccontare le epiche gesta anti-eroiche di un outsider, un uomo senza scrupoli che trova nel giornalismo freelance urbano la via più facile per il successo. Tra incidenti stradali, furti a mano armata e sangue sull’asfalto, Gilroy si perde con il suo protagonista in una città reduce da un’apocalisse morale (non troppo lontana negli esiti dalla L.A. di Carpenter) dove non c’è tempo mai per un’immagine fissa e non c’è spazio per la luce del sole.

Probabilmente l’obiettivo principale del regista è mostrare, attraverso la facile e banale critica delle derive spietate del giornalismo alla Real Tv e la condanna dell’abuso televisivo della pornografia del dolore, il ritratto disarmante di uomo consapevolmente marcio, solita metafora della nostra società. Dietro le riflessioni sociologiche sullo stato della crisi economico/etica e sui mostri che essa genera, però, Gilroy (forse inconsapevolmente) ci regala un Jake Gyllenhall audace e ripugnante che, in un ruolo inaudito, si dimostra il perfetto discendente contemporaneo dei migliori personaggi del giovane De Niro (più “Hi Mom!” e “Re per una notte” che “Taxi Driver”). Come John Rubin o Rupert Pupkin anche Lou/Jake è un uomo disposto a passare sopra ogni cosa e persona per ottenere la propria affermazione, per assaporare sul proprio volto da rettile il caldo dei riflettori televisivi di un’agognata gloria personale.

Più che nell’operetta morale travestita da film di genere, il punto di forza dell’esordio di Gilroy si trova appunto nell’esplosione del suo famelico protagonista. Non è possibile arrivare davvero a condannare Lou, è impensabile prenderne definitivamente le distanze. Le sue meschinità e le sue rivoltanti vittorie lo rendono attimo dopo attimo, incidente dopo incidente, più vicino a noi. E come Rene Russo non possiamo che restare disgustosamente affascinati dalla vita oscena di questo eroe.

Luca Marchetti, Sentieri Selvaggi

 

DAN GILROY

Filmografia:
Lo sciacallo - Nightcrawler (2014)

 

Martedì 8 marzo 2016:

I TONI DELL'AMORE - LOVE IS STRANGE di Ira Sachs, con John Lithgow, Alfred Molina, Marisa Tomei, Charlie Tahan, Cheyenne Jackson

 

 

 
 
 
 
 

Cineforum 2015/2016 | 23 febbraio 2016

Foto di cineforumborgo

DUE GIORNI, UNA NOTTE

Titolo originale: Deux jours, une nuit
Regia
: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Sceneggiatura
: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Fotografia
: Alain Marcoen
Montaggio
: Marie-Hélène Dozo
Scenografia
: Igor Gabriel
Costumi
: Maïra Ramedhan-Lévy
Interpreti
: Marion Cotillard (Sandra), Fabrizio Rongione (Manu), Pili Groyne (Estelle), Simon Caudry (Maxime), Catherine Salée (Juliette), Baptiste Sornin (sig. Dumont), Alain Eloy (Willy), Myriem Akheddiou (Mireille), Fabienne Sciascia (Nadine), Timur Magomedgadzhiev (Timur), Hicham Slaoui (Hicham), Philippe Jeusette (Yvon), Yohan Zimmer (Jérôme), Christelle Cornil (Anne), Laurent Caron (Julien), Franck Laisné (Dominique), Serge Koto (Alphonse), Morgan Marinne (Charly), Gianni La Rocca (Robert), Ben Hamidou (Kader), Carl Jadot (Miguel), Olivier Gourmet (Jean-Marc), Sabine Raskin (Segretaria), Damien Trapletti (receptionista Solwal), Lara Persain (moglie di Willy), Rania Mellouli (ragazza di Timur), Christelle Delbrouck (barista), Hassiba Halabi (moglie di Hicham), Marion Lory (moglie di Julien), Donovan Deroulez (marito di Anne), Maïdy Ankaye (sorella di Alphonse), Alao Kasongo (madre di Alphonse)
Produzione
: Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd per Les Films Du Fleuve/Archipel 35/Bim Distribuzione/Eyeworks/France 2 Cinéma/Rtbf (Télévision Belge)/Belgacom
Distribuzione: Bim

Durata
: 95'
Origine
: Belgio, 2014

Con l'aiuto di suo marito, Sandra cercherà di convincere le colleghe a rinunciare ai propri bonus così che lei possa mantenere il lavoro.
Sono felice», confida per telefono Sandra (Marion Cotillard) al marito Manu (Fabrizio Rongione), mentre sta terminando “Due giorni, una notte” (“Deux jours, une nuit”, Belgio/Francia/Italia, 2014, 95'). È lunedì mattina.
Alle sue spalle c'è la fabbrica dove ha lavorato per anni. Il venerdì precedente, Monsieur Dumont (Baptiste Sornin), il padrone, ha imposto ai suoi compagni di lavoro di scegliere tra un bonus di mille euro ciascuno e il suo licenziamento. Quattordici contro due, quelli hanno preferito il bonus. Poi però, su richiesta di una di loro, Dumont ha accettato di far ripetere la votazione. Ora, dopo un sabato e una domenica passati da Sandra a incontrare i compagni nelle loro case, uno per uno, la seconda votazione si è conclusa… Come sempre nel loro cinema, Jean-Pierre e Luc Dardenne raccontano la dignità umana, quella dei deboli in primo luogo. Non c'è rispetto, nell'alternativa imposta ai compagni di Sandra. Non ce n'è per lei, e non ce n'è per loro, indotti e anzi ‘corrotti’ a una scelta ignobile. Con freddezza, il padrone scarica su di loro il peso di una responsabilità che è sua, e che certo non è solo economica. Per farlo, conta sulla loro paura: la paura di non far fronte a un mutuo, o alle spese per i figli, e la paura che uno per uno hanno d'esser poi licenziati al posto di Sandra. Così, impaurito, ciascuno immagina che gli convenga difendersi, da solo e contro ogni altro. La paura è lo sfondo umano e sociale della vicenda di Sandra. Anche lei è impaurita, e non solo perché soffre le conseguenze di una depressione che l'ha tenuta per mesi lontana dalla fabbrica. La sua paura più forte è d'essere inadeguata. Che lo sia, le pare dimostrato dall'alternativa imposta da Dumont, che l'ha ridotta alla misura di un bonus. Della sua inadeguatezza, poi, la convincono gli incontri con i suoi compagni: con quelli che voteranno per lei, in quanto avverte d'essere per loro un danno, e con gli altri perché se ne sente umiliata. Non c'è via d'uscita. Vinca o perda, la seconda votazione sarà una sconfitta. Lo sarà anche perché in quella fabbrica, e in quella condizione umana e sociale, non c'è posto per la dignità. Occorrerebbe un gesto, una rivolta morale, per ritrovare il rispetto di sé. E così accade, lunedì mattina. Pensando ai suoi compagni, Sandra ha trovato la forza di non cedere al padrone. Accada quel che accada, gli ha dato la sola risposta che quello non si sarebbe aspettata. La sola ‘adeguata’ alla propria dignità. Per questo è felice.
Roberto Escobar, L’Espresso

Appena tornata al lavoro dopo una breve pausa per una leggera depressione, Sandra, giovane moglie e madre di due figli, scopre di essere disoccupata. L’azienda ha infatti deciso di tagliare il suo posto di lavoro in cambio di un bonus di mille euro destinato ai suoi sedici colleghi. Lei si dispera, suo marito invece la spinge a utilizzare il weekend per convincere i suoi colleghi a rinunciare al bonus perché lei possa conservare il proprio stipendio. Sandra comincia così una vera e propria via crucis tra le case di chi ha disperatamente bisogno di quei mille euro per pagare il mutuo, l’affitto o la scuola dei figli. Una difficile richiesta, la sua, fatta però con dignità, senza rabbia, mostrando grande compassione per chi come lei è vittima della perversa logica di tante aziende che costringono i lavoratori a una crudele competizione. Il lunedì mattina arriva la resa dei conti. Le cose non vanno come sperato, poi un colpo di scena, poi un altro ancora, quando Sandra si accorge che questa volta potrebbe essere lei causa di sofferenza per qualcun altro. E fa la sua scelta. «È stata una bella lotta, sono felice», dice.
I fratelli Dardenne, che sul tema del lavoro avevano realizzato il loro primo film, “La promessa”, hanno sempre raccontato la società attraverso piccole storie personali, cariche di umanità e drammaticamente attuali, come l’odissea di Sandra, profeticamente immaginata già dieci anni fa e affidata al volto struccato di Marion Cotillard, capace di accogliere e restituire una straordinaria gamma di emozioni e sentimenti. La forza del film, storia d’amore e solidarietà intesa come impegno morale tutt’altro che scontato, sta nel raccontare non la lotta politica di una militante che rivendica un posto di lavoro, ma quella di una donna che si sente scomparire e combatte per difendere il proprio diritto a esistere. Non ci sono sindacati, né buoni e cattivi, solo persone alle prese con i problemi di tutti i giorni. La macchina da presa dei Dardenne segue Sandra per strada, a una distanza maggiore rispetto a quella usata nei film precedenti, mostrandoci un contesto sociale più ampio e complesso, aspro teatro di possibili catastrofi. Ma come sempre nel cinema dei Dardenne ecco che nelle situazioni più difficili l’uomo si dimostra capace di gesti inimmaginabili.
Alessandra De Luca, Ciak

JEAN-PIERRE E LUC DARDENNE
Filmografia:

Le chant du rossignol
(1978), Lorsque le bateau de Léon M. descendit la Meuse pour la première fois (1979), Pour que la guerre s'achève les murs devaient s'écrouter (1980), R... ne répond plus (1981), Leçons d'une université volante (1982), Regard Jonathan/Jean Louvet son oeuvre (1983), Il court... il court le monde (1987), Falsch (1987), Je pense à vous (1992), La promesse (1996), Rosetta (1999), Il figlio (2002), L'enfant - Una storia d'amore (2005), Chacun son cinéma (2007) ("Dans l'obscurité"), Il matrimonio di Lorna (2008), Il ragazzo con la bicicletta (2011), Due giorni, una notte (2014)

Martedì 1° marzo 2016:
LO SCIACALLO - NIGHTCRAWLER
di Dan Gilroy, con Jake Gyllenhaal, Rene Russo, Bill Paxton, Riz Ahmed, Kevin Rahm

 

 
 
 
 
 
 
 

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Data di creazione: 29/09/2007
 

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