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Cineforum 2015/2016 | 26 gennaio 2016

Post n°259 pubblicato il 21 Gennaio 2016 da cineforumborgo
 
Foto di cineforumborgo

SELMA - LA STRADA PER LA LIBERTA’

Titolo originale: Selma
Regia
: Ava DuVernay
Sceneggiatura
: Paul Webb
Fotografia
: Bradford Young
Musiche
: John Legend; la canzone "Glory" è di John Legend e Common.
Montaggio
: Spencer Averick
Scenografia
: Mark Friedberg
Arredamento
: Elizabeth Keenan
Costumi
: Ruth E. Carter
Effetti
: Susan MacLeod, Dottie Starling
Interpreti
: David Oyelowo (Martin Luther King Jr.), Tom Wilkinson (Presidente Lyndon B. Johnson), Cuba Gooding Jr. (Fred Gray), Alessandro Nivola (John Doar), Carmen Ejogo (Coretta Scott King), Lorraine Toussaint (Amelia Boynton), Tim Roth (Governatore George Wallace), Oprah Winfrey (Annie Lee Cooper) Tessa Thompson (Diane Nash), Giovanni Ribisi (Lee C. White), Common (James Bevel), Colman Domingo (Reverendo Ralph Abernathy) Martin Sheen (Frank Minis Johnson), Dylan Baker (J. Edgar Hoover), Wendell Pierce (Reverendo Hosea Williams), Niecy Nash (Richie Jean Jackson), Lakeith Lee Stanfield (Jimmie Lee Jackson), André Holland (Andrew Young), Jeremy Strong (James Reeb), Stephan James (John Lewis) Ruben Santiago-Hudson (Bayard Rustin), Omar J. Dorsey (James Orange), Corey Reynolds (CT Vivian) Nigel Thatch (Malcolm X), E. Roger Mitchell (Reverendo Frederick Reese), Thom McGlon (Sceriffo Posseman), David Silverman (II) (Anthony Liuzzo), Michael Shikany (Arcivescovo Iakovos), Kyle McMahon (Senatore John J. Williams) Ledisi Young (Mahalia Jackson), Trai Byers (James Forman), Kent Faulcon (Dott. Sullivan Jackson)), John Lavelle (Roy Reed), Elizabeth Wells Berkes (Marie Reeb), Tara Ochs (Viola Liuzzo), Stan Houston (Sceriffo Jim Clark), Charity Jordan (Viola Lee)
Produzione
: Oprah Winfrey, Jeremy Kleiner, Christian Colson, Dede Gardner per Cloud Eight Films/Celador Films/Harpo Films/Pathé/Plan B Entertainment
Distribuzione
: Notorious Pictures
Durata
: 127'
Origine
: Gran Bretagna, 2014
Golden Globe 2015 per la miglior canzone originale ("Glory"); Oscar 2015 per la miglior canzone originale ("Glory").

Nella primavera del 1965 una serie di eventi drammatici cambiò per sempre la rotta dell'America e il concetto moderno di diritti civili: un gruppo di coraggiosi manifestanti, guidati dal Dr. Martin Luther King Jr., per tre volte tentò di portare a termine una marcia pacifica in Alabama, da Selma a Montgomery, con l'obiettivo di ottenere l'imprescindibile diritto umano al voto. Gli scontri scioccanti e la trionfante marcia finale portarono infine il Presidente Lyndon B. Johnson a firmare, il 6 agosto di quell'anno, lo storico Voting Rights Act.
Dopo “Malcolm X” (Spike Lee, 1992) e “Medgar Evers” (“Ghost of Mississipi” di Rob Reiner, 1965), Hollywood recupera un’altra figura centrale nel movimento dei diritti degli afroamericani, Martin Luther King, probabilmente il più carismatico dei tre.
Selma” non è solo il primo biopic dedicato, ma anche uno dei rarissimi casi in cui il genere non scivola sulla buccia di banana dell’agiografia. MLK resta un meraviglioso fuoriclasse della parola e delle libertà, ma la santità è altra cosa, pizzicato com’è sulle virtù domestiche (amava la moglie, ma non disprezzava le altre donne) e sull’opportunismo politico. Se a questo aggiungiamo la performance tirata e penetrante di David Oyelowo, ecco che abbiamo un ritratto vivo, credibile e assai empatico di King. Ma “Selma” non si ferma a lui.
Il punto di forza del film di Ava DuVernay è la sua potenza centrifuga, la tensione del discorso verso i bordi, in un moto a diaframma che va dal singolo all’insieme, dall’eroe al duellante (il Lyndon Johnson chiaroscurale di Tom Wilkinson), dal protagonista all’antagonista (l’odioso George Wallace, il governatore razzista interpretato da Tim Roth), dal leader agli accoliti (tra gli altri Oprah Winfrey nel ruolo di Annie Lee Coper), dal personaggio pubblico all’uomo privato (fondamentale in questo senso il taglio proto-femminista e l’importanza riconosciuta alla moglie Corette).
La progressione a metronomo, figlia di un preciso timing interno e di un corrispondente dinamismo figurativo (prezioso il lavoro alla fotografia di Bradford Young, potente la musica), sintonizza il film sulla ritmica della marcia - quella del ’65, da Selma a Montgomery, senza ritorno: pochi mesi dopo il Congresso avrebbe approvato il Voting Rights Act che consentiva a tutti i cittadini di votare, al netto del colore della pelle - e cattura la corrente della Storia, quella dei singoli e dei popoli, di ieri e - drammaticamente - di oggi. Movimento impetuoso, appassionante, trascinante, chi può chiamarsi fuori? La storia siamo noi. “Selma” ce lo ricorda.
Gianluca Arnone, Cinematografo.it

«Selma è una voce, la voce di un grande leader, la voce di una comunità», dice Ava DuVernay del suo “Selma: la strada della libertà”. Di chi è la voce? Del leader? Della comunità? O la voce del leader è essa stessa la voce della comunità? Scritta da Paul Webb, l'opera seconda della regista quarantaduenne torna ai fatti che, nella primavera del 1965, portano al Voting Rights Act, con cui Lyndon B. Johnson proibisce ogni discriminazione razziale nelle leggi elettorali dei singoli Stati. Dopo lunghe esitazioni, il presidente degli Usa è stato indotto al provvedimento dallo sdegno degli americani che, in televisione, hanno visto la polizia infierire sui manifestanti in marcia da Selma a Montgomery, in Alabama. A guidarli fisicamente non c'è ancora Martin Luther King, che è già il loro leader. I fatti di quel 7 marzo, una domenica, sono il risultato di una sua scelta consapevole: sfidare il razzismo profondo e il segregazionismo della piccola città di Selma, provocarne la reazione e poi rispondere solo con una resistenza nonviolenta. Raccontando il suo King (David Oyelowo), DuVernay sceglie di intrecciarne la strategia e la vicenda privata, la prospettiva politica e le paure - la moglie e i figli vengono di continuo minacciati di morte -, la forza etica e la debolezza umana. È un capo, il premio Nobel per la pace, ma è anche un uomo, con i timori di ogni uomo. Sa tener testa a Johnson (Tom Wilkinson), sa opporsi al governatore George Wallace (Tim Roth), ma non sempre sa ascoltare chi, tra i militanti, non ne condivide le scelte. Decide di esporre i suoi alla violenza, ma più d'una volta dubita di averne il diritto. Insomma, la sua voce non è sicura e netta come vuole la mitologia del capopopolo e del leader. Ed è qui, alla fine, la sua grandezza. Emerge limpida l'11 marzo, questa grandezza. Una seconda volta in marcia da Selma a Montgomery, una folla di uomini e di donne si trova di nuovo la strada sbarrata dalla polizia, pronta a caricare. Alla testa del corteo ora c'è King. L'occhio televisivo degli americani gli sta addosso. Dunque, converrebbe proseguire, lucrando poi i vantaggi di altro sangue. Ma il capo si ferma, e ferma il corteo. Tra la causa e le vite dei suoi, la sua responsabilità decide per le vite. Da lì a due settimane la marcia ripartirà. Ora, però, King sceglie il silenzio, e in quel silenzio la sua voce incontra la voce del suo popolo.
Roberto Escobar, L’Espresso

AVA DuVERNAY
Filmografia:
The Door (2013), Selma - La strada per la libertà (2014)

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