CINEFORUM BORGOI film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020 |
Messaggi del 26/02/2016
Post n°272 pubblicato il 26 Febbraio 2016 da cineforumborgo
|
Post n°271 pubblicato il 26 Febbraio 2016 da cineforumborgo
LO SCIACALLO - NIGHTCRAWLER
Titolo originale: Nightcrawler Regia: Dan Gilroy Sceneggiatura: Dan Gilroy Fotografia: Robert Elswit Musiche: James Newton Howard Montaggio: John Gilroy Scenografia: Kevin Kavanaugh Arredamento: Meg Everist Costumi: Amy Westcott Interpreti: Jake Gyllenhaal (Lou Bloom), Rene Russo (Nina Romina), Bill Paxton (Joe Loder), Riz Ahmed (Rick), Kevin Rahm (Frank Kruse), Ann Cusack (Linda), Eric Lange (Cameraman), Anne McDaniels (LA Weather Girl), Kathleen York (Jackie), James Huang (Marcus), Viviana Chavez (Desiree), Dig Wayne (Rufus), Carolyn Gilroy (Jenny) Produzione: Michel Litvak, David Lancaster, Jennifer Fox, Tony Gilroy, Jake Gyllenhaal per Bold Films Distribuzione: Notorious Pictures Durata: 117' Origine: U.S.A., 2014
Los Angeles. Lou Bloom è disoccupato e non riesce a trovare lavoro. Poi, dopo essere stato testimone involontario di un incidente stradale, decide di procurarsi una videocamera per riprendere le scene più cruente sui luoghi delle emergenze notturne e vendere il materiale ai network televisivi. La sua scalata al successo è veloce e Lou diventa sempre più spietato fino a quando, convinto di avere in mano uno scoop sensazionale, interferisce pericolosamente con l'arresto di due assassini... Era difficile girare un film non moraleggiante sui reporter che di notte girano a Los Angeles armati di videocamera, cercando disgrazie o incidenti. Meglio se i fattacci avvengono nei quartieri bene, due ubriachi o due spacciatori che si accoltellano per strada procurano meno brividi di una rapina in una villetta con giardino (se poi il tutto avviene mentre un bimbo dorme tranquillo nel suo lettino, gli ascolti salgono alle stelle). Era difficile chiamarsi fuori dallo sciacallaggio suggerito dal titolo italiano. “Nightcrawler” suggerisce un verme schifoso, più che uno sciacallo, e in senso figurato coincide perfettamente con il personaggio di adulatore insinuante che il regista e sceneggiatore Dan Gilroy - firmò il copione di “The Bourne Legacy” assieme al fratello Tony Gilroy - costruisce attorno a Jake Gyllenhaal. Mai così bravo, mai così inquietante (parola che da sempre cerchiamo di evitare, ma in questo caso proprio non si può). Magrissimo e con gli occhi spiritati, la camicia a maniche corte che nel cinema americano sta nel guardaroba di chi da un momento all’altro potrebbe sparare sulla folla - ne indossava una Michael Douglas in “Un giorno di ordinaria follia”, diretto da Joel Schumacher nel 1993 - ruba rame vecchio e lo rivende. Al ricettatore fa un discorsetto sull’autostima, sulla cultura del lavoro, sull’impegno, sul fatto che per vincere alla lotteria bisogna guadagnarsi i soldi per il biglietto, e si propone per un lavoro fisso. Il primo dei monologhi da aspirante self-made man che brillano nel film. Quando il giovanotto ha successo e comincia a vendere i primi spezzoni con poveracci che muoiono dissanguati, arruola come assistente Riz Ahmed (uno dei quattro scalcagnati terroristi musulmani in “Four Lions” di Chris Morris; anno 2010, quindi pre-Isis). Il contratto prevede un praticantato senza garanzie e l’esposizione agli incessanti deliri del capo: il disadattato dall’ambizione sfrenata impara prestissimo le regole del business. Commesso viaggiatore di se stesso, sembra l’erede - in tempi di citizen journalism e di macabri notiziari mattutini - di Al Pacino, che in “Americani” di David Mamet si fingeva depresso per acchiappare i clienti. Rene Russo, moglie del regista, è perfetta nel suo look da giornalista sul viale del tramonto, ostinatamente vestita e truccata come negli anni d’oro. Mariarosa Mancuso, Il Foglio
Che cos’è un nightcrawler? Un lombrico che si nasconde agli occhi di tutti vivendo di resti, uno sciacallo vorace disposto a saziarsi solo di Morte e Disperazione oppure un demone ancestrale che nell’oscurità osserva, ridendo atrocemente, le vite degli altri? Non lo sappiamo con certezza ma, qualsiasi cosa esso sia, riteniamo che Lou Bloom troverebbe facile riconoscersi in tutte queste definizioni. Lou, infatti, è un uomo privo di qualità etiche e affettive, un corpo emaciato che, con suoi viscidi modi e con la sua ossessiva ambizione, è ostentazione vivente di una sociopatia conclamata, di un’amoralità ascesa a regola di vita. Dopo piccoli furti ed espedienti dozzinali per sopravvivere, Lou ha trovato finalmente la sua terra promessa nelle notti di Los Angeles, dove basta una videocamera e una radio della polizia per diventare i re della città. Dan Gilroy, fratello del Tony di “The Bourne Legacy” e “Michael Clayton”, alla sua prima regia cinematografica decide di raccontare le epiche gesta anti-eroiche di un outsider, un uomo senza scrupoli che trova nel giornalismo freelance urbano la via più facile per il successo. Tra incidenti stradali, furti a mano armata e sangue sull’asfalto, Gilroy si perde con il suo protagonista in una città reduce da un’apocalisse morale (non troppo lontana negli esiti dalla L.A. di Carpenter) dove non c’è tempo mai per un’immagine fissa e non c’è spazio per la luce del sole. Probabilmente l’obiettivo principale del regista è mostrare, attraverso la facile e banale critica delle derive spietate del giornalismo alla Real Tv e la condanna dell’abuso televisivo della pornografia del dolore, il ritratto disarmante di uomo consapevolmente marcio, solita metafora della nostra società. Dietro le riflessioni sociologiche sullo stato della crisi economico/etica e sui mostri che essa genera, però, Gilroy (forse inconsapevolmente) ci regala un Jake Gyllenhall audace e ripugnante che, in un ruolo inaudito, si dimostra il perfetto discendente contemporaneo dei migliori personaggi del giovane De Niro (più “Hi Mom!” e “Re per una notte” che “Taxi Driver”). Come John Rubin o Rupert Pupkin anche Lou/Jake è un uomo disposto a passare sopra ogni cosa e persona per ottenere la propria affermazione, per assaporare sul proprio volto da rettile il caldo dei riflettori televisivi di un’agognata gloria personale. Più che nell’operetta morale travestita da film di genere, il punto di forza dell’esordio di Gilroy si trova appunto nell’esplosione del suo famelico protagonista. Non è possibile arrivare davvero a condannare Lou, è impensabile prenderne definitivamente le distanze. Le sue meschinità e le sue rivoltanti vittorie lo rendono attimo dopo attimo, incidente dopo incidente, più vicino a noi. E come Rene Russo non possiamo che restare disgustosamente affascinati dalla vita oscena di questo eroe. Luca Marchetti, Sentieri Selvaggi
DAN GILROY Filmografia:
Martedì 8 marzo 2016: I TONI DELL'AMORE - LOVE IS STRANGE di Ira Sachs, con John Lithgow, Alfred Molina, Marisa Tomei, Charlie Tahan, Cheyenne Jackson
|
Inviato da: PaceyIV
il 25/02/2020 alle 13:33
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:37
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 18:03
Inviato da: generazioneottanta
il 16/07/2016 alle 19:27
Inviato da: generazioneottanta
il 20/03/2016 alle 10:30