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Messaggi del 11/11/2018

Cineforum 2018/2019 | 13 novembre 2018

Foto di cineforumborgo

 

QUELLO CHE NON SO DI LEI

Titolo originale: D'après une histoire vraie
Regia: Roman Polanski
Soggetto: dal romanzo “Da una storia vera” di Delphine de Vigan (ed. Mondadori)
Sceneggiatura: Olivier Assayas, Roman Polanski
Fotografia: Pawel Edelman
Musiche: Alexandre Desplat
Montaggio: Margot Meynier
Scenografia: Jean Rabasse
Costumi: Karen Muller Serreau
Effetti: Georges Demétrau
Interpreti: Emmanuelle Seigner (Delphine), Eva Green (Elle), Vincent Perez (François), Josée Dayan (Karina), Camille Chamoux (agente stampa), Brigitte Roüan (documentarista), Dominique Pinon (vicino), Noémie Lvovsky (curatrice), Leonello Brandolini (editore italiano), Édith Le Merdy (vicina di Delphine), Elisabeth Quin (giornalista), Damien Bonnard (ingegnere del suono), Saadia Ben Taïeb (lettrice), Véronique Vasseur (madre di Delphine)
Produzione: Wassim Béji per WY Productions/RP Productions/Mars Films
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 110'
Origine: Francia, 2017
Data uscita: 1° marzo 2018

Delphine è l'autrice di un romanzo molto intimo e dedicato a sua madre, che è diventato un best-seller. Già esaurita per lo stress e indebolita dai ricordi, Delphine si trova ben presto tormentata anche da alcune lettere anonime in cui viene accusata di aver dato la sua famiglia in pasto al pubblico. Inoltre, è paralizzata al solo pensiero di dover tornare a scrivere. Poi, Delphine incontra Elle, una giovane donna attraente, intelligente e intuitiva, che la capisce più di chiunque altro. Delphine si affeziona a lei, si fida e si abbandona fino a quando Elle si trasferisce da lei e la loro amicizia prende una piega inquietante...
Il film gemello di “L’uomo nell’ombra”, che Roman Polanski aveva tratto nel 2010 dal romanzo di Thomas Harris, dove si mescolavano le vite, le fisionomie, le finzioni, gli amori e gli inganni di un premier britannico molto simile a Tony Blair e dello scrittore da lui ingaggiato per scrivere la sua biografia. Ma al femminile: una scrittrice di successo, molto amata dalle donne e che racconta storie di donne (compresa quella tragica di sua madre) e una sua ammiratrice, molto determinata e intrigante, che di mestiere fa, appunto, la ghostwriter, l'autrice nascosta delle ‘autobiografie’ di celebrità varie. Quindi, “Quello che non so di lei” diventa anche il film, se non gemello, comunque analogo a “Sils Maria” e a “Personal Shopper” di Olivier Assayas, che infatti firma la sceneggiatura insieme al regista. Due donne che si specchiano l'una nell'altra, che si affascinano vicendevolmente ma si scrutano con cautela, che si ‘prendono le misure’ e si usano, senza troppi scrupoli (nessuna delle due). D'altra parte, uno scrittore (come un regista) non può non essere un po' ‘vampiro’; e per di più Delphine (Emmanuelle Seigner, la scrittrice) è in crisi creativa e anche un po' colpevolizzata dall'uso che ha fatto delle sue vicende familiari, mentre El, diminutivo di Elizabeth (Eva Green), è inevitabilmente frustrata dall'oscurità nella quale è costretta a lavorare. Intorno a queste due figure, una un po' rattrappita su sé stessa, nervosamente disponibile a lasciarsi adulare e alla ricerca di linfa vitale, l'altra misteriosa, insinuante e altera (finché ha i capelli neri Eva Green sembra una moderna riproduzione della regina Grimilde della Biancaneve disneyana o di uno dei personaggi che le ha cucito addosso Tim Burton), Polanski tesse un thriller psicologico tutto sussurri, intuizioni, suggestioni, sospetti, fughe indietro o in avanti.
Avvolgente, come la colonna sonora di Alexandre Desplat (che aveva già firmato le musiche di “L'uomo nell'ombra” e “Venere in pelliccia”), fatto di molti primi piani e di volti e corpi che, nonostante la differenza d'età, finiscono per somigliarsi, di sogni finalmente costruiti con il tocco surreale, alla Dalì, del sogno, di sotterranee notazioni ironiche che sottolineano il gioco dell'assurdo nel quale ci stiamo inoltrando, Quello che non so di lei è pazientemente costruito come una ragnatela, talmente ovvia all'inizio che non può non celare qualche ulteriore inganno. Infatti, i ragni sono due, analoghi e diversi, in cerca entrambi di creazione, di affermazione di sé, di materia viva. «La gente se ne frega della finzione, delle invenzioni. La gente vuole la realtà», dice all'inizio della loro conoscenza El a Delphine (fotografando, tra l'altro, lo stato cannibalesco della cultura contemporanea): e la realtà si presenta imprevista nei panni dell'altra, da incarnare o da spolpare. Un gioco al tempo stesso ambiguo e molto scoperto, dove le apparenze non ingannano, purché si sia capaci di leggere sotto gli strati più superficiali (ed elementari) di un volto, un gesto, uno sguardo.
Classico cinema polanskiano, costruito con una semplicità e una pulizia ormai rare, al quale, a voler essere esigenti, manca solo una sequenza mozzafiato come quella delle pagine che si sfogliavano lungo il marciapiede che chiudeva “L’uomo nell’ombra”.
Emanuela Martini, Cineforum

(……) Anche qui due donne impegnate nell’esercizio, di moda nei social (il rimando bisogna cercarselo) della manipolazione (……). Una scrittrice famosa in crisi, trova conforto in una scrittrice ghost writer che un po’ alla volta (è l’insinuante, bellissima Eva contro Eva Green) le si fa amica, la circuisce, seduce, travolge con cannibalesca prepotenza. Si sostituisce a lei? Forse è illusione ottica, un fantasma, un neurone specchio in cinemascope. Non disdegnando le mansioni del thriller né il tema del doppio, Polanski ha una sicurezza narrativa sensuale in senso profondo, una mano invisibile che sfoglia la vita. Sapienza non automatica ma frutto di sofferenza e conoscenza di persone, nello splendore della loro ambivalenza. Peccato che quando si apre la caccia, con la Seigner che arranca sotto il best seller, il tragitto sia chiaro, il tema della creazione venga messo da parte, né ci siano colpi di mano filosofici come in "Venere in pelliccia". Il che non toglie il piacere di un esercizio di quel cinema - per dirla con Truffaut che fece con Polanski il ‘68 a Cannes - che fila dritto come un treno nella notte. A mezzo servizio, a scelta, tra sogno e incubo.
Maurizio Porro, Corriere della Sera

ROMAN POLANSKI
Filmografia:
Due uomini e un armadio (1958), La caduta degli angeli (1959), Il grasso e il magro (1961), Il coltello nell'acqua (1962), I mammiferi (1962), Le più belle truffe del mondo (1962) ("La collana di diamanti"), Repulsione (1965), Cul-de-sac (1966), Per favore, non mordermi sul collo (1967), Rosemary's Baby (1968), Macbeth (1971), Che? (1972), Weekend of a Champion (1972), Chinatown (1974), L'inquilino del terzo piano (1976), Tess (1979), Pirati (1986), Frantic (1988), Luna di fiele (1992), La morte e la fanciulla (1994), Gli angeli (1996), La nona porta (1999), Il pianista (2002), Oliver Twist (2005), Chacun son cinéma (2007) ("Cinéma Erotique"), L'uomo nell'ombra (2010), Carnage (2011), Venere in pelliccia (2013), Quello che non so di lei (2017)

Martedì 20 novembre 2018:
AMMORE E MALAVITA di Manetti Bros., con Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Raiz

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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