Con passi lenti e misurati, si avvicinò al portone. Non era chiuso, lo aprì quel tanto da permettergli di intrufolarsi dentro. Due rampe di scale nella penombra prima di fermarsi di fronte a quella porta che Lui conosceva bene. Impugnò la maniglia, la ruotò sapendo che da lì a pochi secondi sarebbe entrato.
Lo avvolse, una volta entrato, un caldo tepore di candele accese. Avanzò nel breve corridoio entrando nell’ultima stanza. L’avrebbe incontrata lì.
Era seduta sulla sedia. Bellissima.
I capelli biondi in contrasto col rossetto rosso. Camicia aperta sul davanti e una gonna a portafoglio mezza aperta sulle gambe lunghissime.
Lui si tolse la giacca, la camicia. Lentamente, senza smettere di guardarla. Si tolse la cintura e le scarpe, lasciando tutto lì per terra.
Sapeva cosa doveva fare, anche se in quel momento odiava la sua debolezza.
Si avvicinò a Lei fino a giungerle ad un passo. Si inginocchiò con le braccia stese lungo i fianchi. Sapeva che quello era l’inizio della sua tortura e della sua delizia, alla quale solo lei poteva porre fine.
I minuti passavano e lei li davanti a lui.
Ciò che desiderava di più avrebbe messo fine al suo piacere.
Lei, interpretando i suoi pensieri, si mosse sulla sedia, e schiudendo le gambe si alzò, lasciando che la sua gonna si aprisse ancora di più.
Era in piedi, si spostò dietro di lui, vicina quel tanto che sarebbe bastato, perchè lui potesse sentire il profumo del suo piacere.
Pochi secondi ancora e lei uscì dalla stanza e da quell’appartamento.
Lui si rivesti, velocemente.
Doveva scendere in strada.
Respirare.
E soprattutto tornare ad essere Despote.
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il 27/11/2016 alle 08:13
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