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Post n°176 pubblicato il 23 Settembre 2015 da cineciclista
I Casamonica e il rito funebre televisivo Riccardo Tavani Il garantismo funerario nei confronti dei Casamonica e le loro ormai continue ospitate televisive mostrano un aspetto semplice che è al fondamento del potere. I poteri nella società si valutano per la forza della minaccia che possono rappresentare l’uno nei confronti dell’altro. Quando la potenziale minaccia non mette direttamente in discussione gli equilibri in gioco, questi poteri tendono a riconoscersi e, anzi, ad avvalersi di tale reciproco riconoscimento. Dove, invece, si manifesta una contrapposizione diretta, letale anche solo potenzialmente, è proprio il rito di passaggio, e in particolare quello rappresentato dal funerale a essere sottoposto a rigidissimo controllo, quando non addirittura vietato o interrotto violentemente durante il suo svolgimento. Questo lo vediamo in tutto il mondo, non solo nel campo politico, ma anche etnico, religioso. Dall’Irlanda del Nord, ai Paesi Baschi, alla Palestina, alla Turchia, e in molte zone dei misconosciuti conflitti africani e asiatici, lo svolgimento del funerale da parte degli oppositori costituisce sempre un momento particolarmente critico. Anche in Italia, durante gli anni più acuti dello scontro politico di massa, spesso i funerali degli oppositori erano serrati nella morsa di una massiccia presenza di poliziotti e mezzi blindati, quando non direttamente caricati con manganelli e candelotti lacrimogeni. |
Post n°175 pubblicato il 10 Settembre 2015 da cineciclista
Il tumulto di Dahlia Chan, Riccardo Tavani
A un certo punto, non ricordo bene quando, ma una sera di qualche anno fa, all’improvviso, il pittore e maestro d’arte Gualtiero Savelli mi ha chiesto un testo che andasse bene per un fumetto astratto, non figurativo. “Un fumetto astratto, ma che roba è?!?”, ho risposto con strascicata lentezza all’istantaneità di quella rapinosa, lampeggiante richiesta. “Una roba che non se ne trova molta in giro”, fu il quasi afasico responso. “E come si fa?” chiesi, strascinando e allungando al massimo il tempuscolo di quei quattro pur minimi vocaboli, nella speranza mi venisse in mente qualcosa, mentre li pronunciavo. “Beh, tipo… tu pensa a un ritmo sgangherato e non a un senso pre-appiccicato”.
Domandai a gente che bazzicava con il disegno e la scrittura di fumetti. Niente, nessuno mi dava lumi, anzi, l’accecamento iniziale progrediva verso l’abisso primordiale. Pochi sanno che il filosofo del linguaggio Paolo Virno, in un precedente periodo della sua frastagliata esistenza, si è dedicato (con successo) anche alla sceneggiatura di fumetti. Continua a leggere su (Per chi è interessato: contattare gli autori o presso Edicola Cecchini, Piazza Farnese e Libreria Fahrenheit 451, Campo de' Fiori, Roma) |
Post n°174 pubblicato il 06 Settembre 2015 da cineciclista
(Jafar Panahi, regista e protagonista del film) Riccardo Tavani Jafar Panahi è stato condannato dai tribunali iraniani a 20 di anni proibizione a girare film, scrivere copioni e rilasciare interviste, pena la detenzione a 6 anni di prigione. Panahi nelle galere del suo paese già c’è stato e in esse ha subito anche botte e maltrattamenti vari. Nonostante questo continua a fare film, trovando sempre il modo di aggirare la censura e il fiato degli agenti che lo marcano strettamente. Anzi, aggirare la censura, la repressione, le minacce è ormai diventato la cifra del suo stile di vita e d’arte. Lo dimostra con questo Taxi Teheran, meritatissimo Orso D’Oro al Festival di Berlino 2014, mettendoci non solo la firma come regista ma anche la faccia come attore. Panahi s’infila in un taxi giallo come autista e comincia a girare la città e il film, facendo salire a bordo persone, le quali, con le loro vicende umane, riflettono la realtà della dittatura che incombe anche nei minimi gesti e parole della quotidianità. C’è da precisare che anche tutti coloro che hanno partecipato al film e appaiano sullo schermo, rischiano seriamente la repressione e per questo i loro nomi sono omessi nei titoli di coda.
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Post n°173 pubblicato il 04 Luglio 2015 da cineciclista
Il referendum greco, Ulisse e i Tecno-Proci
Riccardo Tavani
Alla manciata di ore che mancano ormai al greferundum di domenica 5 luglio, il colosso delle scommesse inglesi William Hill si è arreso e non accetta più puntate sulla Grexit, l’uscita della Grecia dalla zona Euro. Mario Draghi, presidente della banca Centrale Europea (BCE) aveva già parlato di inquietante ingresso in “acque inesplorate”, quasi fosse l’oltrepassamento delle mitologiche, spaventose Colonne d’Ercole. Questo totale oscuramento delle capacità divinatorie nel calcolo delle probabilità economiche, politiche e d’ogni altro tipo, sembra davvero scaraventarci alle origini più arcaiche della civiltà occidentale, anzi oltre, nel caos del magma primordiale, giacché i greci di Omero, dell’Iliade e dell’Odissea, un’arte mantica, ossia delle previsioni, con le loro sacerdotesse e aruspici la possedevano e ben sviluppata.
Nella vicenda drammatica che sta vivendo in queste ore tutto il popolo greco, noi torniamo veramente a quella soglia iniziale della civiltà che ha generato l’Europa e noi con essa. Come un novello Ulisse, Alexis Tsipras, con il suo equipaggio governativo, cerca di passare gli scogli perigliosi di Scilla e Cariddi per fare ritorno alla sua metaforica Itaca, ossia alla prima forma di democrazia al mondo, nata nel V secolo a. C., tra le strade, le botteghe, le palestre, gli approdi, gli accasermamenti, le scuole di musica e di filosofia di Atene. Contunua a leggere su STAMPA CRITITCA |
Post n°172 pubblicato il 01 Giugno 2015 da cineciclista
Sulla soglia tra declino di una civiltà e riscatto dell’umanità Con il cervello sintonizzato appena sopra la frequenza elettrica della soglia del sonno, in fase di sveglia e attenta ricezione sognante, di profondo rilassamento fisico: così bisognerebbe vedere Youth, La giovinezza, il nuovo film di Paolo Sorrentino. Uscire dai canoni, mollare la presa – più che del logos – della artificiosa logorrea mentale e psicologista della critica del gusto contemporanea. Solo una tale condizione semi onirica ci permetterebbe di attivare al massimo il potere di visualizzazione e apprendimento poetico del pensiero, per entrare nelle pieghe suadenti di immagini e di un racconto che ci parlano del destino della nostra civiltà. Non c’è bisogno, in questo modo, di conoscere direttamente, di indagare indirettamente le intenzioni esplicite dichiarate dall’autore. Ogni opera vera, in ogni campo, attira, calamita a sé le membra disperse, sotto diversi aspetti, di un’epoca e le ricompone, dando loro una forma artistica, che ne fa esplodere dall’interno un significato poetico-esistenziale. Questo è un processo creativo che travalica l’autore, pur facendo interamente perno sulla sua individuale sensibilità e capacità tecnica nel lavorare la materia, formarla, montarla negli elementi tipici dell’arte in cui si esprime. Non c’è dubbio che Paolo Sorrentino riesce magistralmente qui a produrre inquadrature, movimenti di macchina, sequenze, un loro fluido montaggio che permettono all’opera di muoversi autonomamente ben oltre i confini della vicenda narrata. Continua a leggere anche altri articoli su STAMPA CRITICA |
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:38
Inviato da: sexydamilleeunanotte
il 05/10/2016 alle 16:25
Inviato da: cineciclista
il 04/05/2015 alle 16:12
Inviato da: filo_rosso14
il 03/05/2015 alle 21:09
Inviato da: cineciclista
il 05/04/2015 alle 01:09