Francesco Bonfitto

La scatola rossa

Creato da fwryan il 08/01/2009

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Racconti della scatola rossa anteprima

Post n°31 pubblicato il 31 Marzo 2011 da fwryan
 
Foto di fwryan

                   La stazione

 

Il treno era appena partito, guardavo il paesaggio scorrere fuori dal finestrino, la campagna sfrecciava veloce come in un film che cambia continuamente scena.

Il vagone era quasi vuoto, il dondolio del treno e il rumore dei binari mi conciliarono un profondo sonno e in pochi istanti sprofondai nel buio più assoluto.

Non so veramente per quanto dormii, ma al risveglio il treno era fermo.

La carrozza completamente vuota.

Guardai fuori dal finestrino spostando di poco la tendina, la stazione non mi era nota ;credo che lì il treno non si fosse mai fermato.

Dopo qualche minuto di attesa mi alzai e scesi.

La piccola stazione era completamente deserta e cosa ancora più strana il treno era vuoto.

Decisi di uscire dalla stazione per vedere quale mezzo potevo prendere per continuare il mio viaggio.

Arrivai alla porta e la spinsi per aprirla.

Per un istante la confusione prese il sopravvento.

Ero appena uscito dalla stazione ma ciò che mi ritrovavo davanti era il treno, la banchina e alle mie spalle la porta d'uscita!

Feci altri tre tentativi ma l'esito fu sempre lo stesso.

Ogni volta che tentavo di uscire all'esterno della stazione, mi ritrovavo esattamente all'interno davanti al treno con l'uscio alle spalle!

Forse stavo sognando.

Trovai una panchina e mi accomodai cercando di stare calmo, ero certo che c’era una logica spiegazione a tutto quello che stava accadendo.

Un forte fischio ruppe l'aria immobile, scattai in piedi e sul fondo della banchina verso la motrice del treno c'era il capo stazione.

Ordinava la partenza.

Cercai di prendere al volo il treno aprendo uno sportello, ma non si spalancò, tentai finché non caddi a terra e rotolai in pratica ai piedi del capo stazione.

“Si è fatto male ragazzo?”mi chiese.

“Non è nulla” risposi alzandomi   spolverandomi i pantaloni con le mani.

“Senta che razza di stazione è mai questa? Sono sceso dal treno e ho cercato di uscire dalla stazione ma il risultato e che sono bloccato qui non riesco a uscire da questo luogo!” continuai.

Il capostazione mi guardò e sorrise.

“Mi segua ragazzo venga con me”.

Entrammo in una stanza posta sulla banchina tra la sala d'aspetto e i bagni.

Era molto piccola e spoglia: un tavolo, due sedie, una branda, un fornello con sopra un piccolo pensile, un frigo e al muro uno specchio rotto.

Mi fece cenno indicandomi una delle due sedie e anche se non volevo, mi accomodai.

Il capostazione tirò fuori dal piccolo pensile due bicchieri e una bottiglia di vino rosso.

Li riempì e alzò il suo in segno di brindisi, diede una lunga sorsata e dopo essersi asciugato la bocca con la manica della giacca, iniziò a parlare.

“Da dove viene ragazzo?”domandò.

Invece di rispondergli feci una domanda.

“Dove siamo? E perché sono intrappolato in questa stazione?”

Appoggiò il suo bicchiere sul tavolo e guardandomi fece un lungo sospiro.

“Ragazzo mio lei è nel posto più improbabile e sconveniente, dove le poteva capitare di essere... questo è il nulla!” rispose con fare rassegnato.

Io mi accigliai e nello stesso tempo scoppiai quasi a ridere ma lui continuò.

“Qui tutto è ma nello stesso tempo, nulla è!”

“Scusi ma lei mi sta prendendo in giro vero?” dissi interrompendolo.

“Senta, facciamola finita mi dica quando passa il prossimo treno !”

chiesi scocciato.

La sua voce si fece sempre più calma e quieta, che arrivò quasi a innervosirmi.

“Si calmi ragazzo...l'unico treno che passa di qui è già transitato ed è quello da dove lei è sceso. Non ci sono altri treni che fermano

in questa stazione” disse appoggiando la sua mano sulla mia.

“Sì ma fino a quando domani, dopodomani tre giorni tra quanto tempo?” chiesi irritato.

“Quando!” gridai, ero veramente al culmine della pazienza.

“Ragazzo mio se ne faccia una ragione non ci saranno prossimi treni se non... “fece una lunga pausa.

“Se non cosa?” domandai.

“Se non...”

 S'incamminò verso la stanza attigua e dopo pochi istanti riapparve,con in mano una scatola rossa.

“Se non... rispondere a tre domande”continuò.

Pensai seriamente di essere diventato folle e che la mia integrità mentale ormai fosse del tutto danneggiata, ma poiché ero in quella situazione dissi che lo avrei fatto, che avrei risposto a quelle stupide domande.

Il capostazione appoggiò la scatola rossa sul tavolo, ne tirò fuori un foglio che cominciò a leggere.

“Tre domande tre sono l’unica soluzione a tutto, tre domande”.

 

Prima domanda:

“Qual è il satellite del pianeta terra?”

“La luna!” risposi senza esitare.

“Tre domande tre sono l’unica soluzione a tutto, tre domande”.

Seconda domanda:

“Quante sono le ore che compongono un giorno terrestre?”

“Ventiquattro”risposi, pensando che le domande erano tanto banali quanto era assurda la situazione che stavo vivendo.

“Tre domande tre sono l’unica soluzione a tutto, tre domande”.

Terza domanda:

“Qual è il tuo nome di battesimo?” disse con fare arcigno.

Beh, questa domanda m’insospettì era troppo scontata, come potevo non sapere il mio nome, c'era qualcosa che non andava come tutto il resto.

Il dubbio, il sospetto, la paura che il capostazione mi stesse tirando un tiro mancino mi fece decidere di mentire sul mio nome.

“Peter... Peter è il mio nome di battesimo”risposi con aria di sfida.

Il capostazione in silenzio chiuse il foglio ripiegandolo in due, si alzò e tornò nell'altra stanza.

Non capivo il perché del suo comportamento e rimasi lì in silenzio,  in attesa.

Dopo pochi istanti tornò da me.

I suoi vestiti ben ripiegati che portava in mano li appoggiò sul tavolo.

Aveva indossato un completo grigio classico con cravatta rossa, sembrava in procinto di andarsene.

Continuavo a non capire.

“Bene il gioco delle tre domande com'è finito?” chiesi con un filo d'ironia.

“E' finito ragazzo mio, questi vestiti ora sono tuoi, sei tu ora il nuovo capo stazione”rispose in modo secco.

Lo guardai attonito, non credevo alle sue parole e non volevo credere ai miei occhi dal primo istante che avevo messo piede in quel luogo.

Feci per parlare ma lui senza fiatare con un gesto mi azzittì.

“Il tuo nome non è Peter ma è Mark”disse.

Aveva ragione era quello il mio nome.

“Bastava un pizzico più di sincerità, che non mentissi sul tuo nome, e saresti stato libero di andartene” continuò.

“Invece ragazzo mio ti sei fatto prendere dal dubbio, dal sospetto, dalla paura di essere imbrogliato e la tua malafede ti ha portato a mentire. Questo ha liberato me dopo molti secoli e imprigionato te non si sa per quanti”.

Rimarrai qui finché la tua fiducia nella gente e nella vita non sarà assoluta .

Quel giorno vedrai entrare in questa stazione un treno con a bordo la persona che ti libererà.

Una persona che come te per sfiducia nella vita mentirà sul suo nome.

Addio Mark” concluse consegnandomi la scatola rossa.

Lo guardai allontanarsi, indossai la divisa e iniziai ad aspettare ... Attendendo quel treno che forse un giorno si sarebbe fermato nella stazione del ….nulla.

 
 
 
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