Creato da davidaliuslosyano il 01/06/2009 |
ABBASSO GLI EROI SENZA CORAGGIO
Poco piu' di un refuso nella probabilita'!
[Sono un solitario e non ho perle da curare!]
« Forma formica | Description » |
Quali pratiche hanno fatto sì che il fattore lavoro diventasse problema collettivo di una classe in particolare e non dell'intera griglia sociale?...Quale sistema etico di verità ha consentito di escludere dalla discussione quelle aree limitrofe al processo lavorativo, condannandole a sopravvivere nelle pieghe di un logos di esclusione quanto mai disumano e aberrante?... Come si diventa forza e classe lavoratrice?... Sono tutte istanze riassumibili in quest'unico interrogativo: come mai la "società inglobante", che crea i vari passaggi di metodo politico e cerca le soluzioni migliori per le diverse soglie problematiche, non si è occupata finora del "fenomeno precessivo" del vettore o fattore lavoro?
È quando la circolarità sfruttatore-sfruttato esce dai cardini del processo sociale e diventa questione politica, che la faccenda si fa seria e richiede pratiche di ascolto e attenzione eterodosse, nonchè soluzioni di verità e di sistema.
Sappiamo che lo schema sfruttatore-sfruttato è innanzitutto politico, ed è tale a causa di legislazioni che, o per disattenzione o per deliberata disarticolazione, non sono avanzate lungo questa faglia minore e inespressa della forma lavoro, generando una circolarità politica che taglia in due le ragioni del vivere sociale.
L' attitudine ad una attenzione pressochè univoca per gli universali a scapito del particolare, cioè di un "localismo che non produce Storia", ha finora generato politiche elusive e omissive da correggere attraverso chiavi riformistiche della soggettività.
Parliamo di una soggettività che non è mai entrata nel dibattito semantico e che innanzitutto necessità, oltre che di una normazione coerente, di una nominazione corretta, cioè di un linguaggio privo di trappole e acuto in sensibilità. È questa la generazione contrassegnata da un "destino nascosto", perchè nessuna ricognizione epistemologica si è mai preoccupata di portarlo in superficie cioè di spostarlo lungo le linee di una visibilità tanto molare quanto molecolare, per inserirlo negli snodi modali di una politica di riforma del soggettivo
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