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Si può morire anche due, tre, dieci volte al giorno e rinascere nel sorriso di un bimbo o nel volo silenzioso del falco.
Il ritmo della Vita è proprio questo: un insensato rincorrersi di piacere e dolore da cui, a volte si ha voglia di scappare, come il bagnante in fuga dall'Onda che devasta.
Altre, invece, con l'incoscienza dell'Amante, ci si abbandona al mare e allora, per un attimo, uno solo, godiamo di quell'assurdo e luminoso silenzio che chiamiamo Gioia.
Chi non ne sa pensa che il fine dello Yoga sia distaccarsi dalle emozioni, quasi fosse il fratello nobile dell'apatia.
E sono tanti a non sapere.
Inutile dir loro che è Śiva, il selvaggio "Re della danza", a portare lo Yoga agli uomini.
Quando la sua Sposa si toglie la vita, Śiva folle di dolore, si getta contro l'assemblea degli dei, li massacra a calci e pugni e devasta lo spazio sacro del rito.
Poi prende il corpo dell'amata, lo stringe a sè e comincia a vagare per l'Universo.
Śiva non accetta la morte e non accetta la fine di un Amore che non può non essere eterno: è un Dio, il dio dell'Oltre, e non ha passato né futuro,
come i bambini, che sono immortali fin quando non patiscono l'orrore dell'assenza.
L'immagine di Śiva che vaga nel cielo stellato stringendo il cadavere di Satī è la più straziante dei Purana.
Lui, l'invincibile Signore del Tempo, Asura tra gli Dei e Dio tra i demoni, non sa far altro che piangere.
Distacco dalle emozioni?
Ma per favore!
Se il Mondo svanisse, qui ed ora, Śiva neppure se ne accorgerebbe
Ogni lacrima un ricordo.
Quando il corpo di Satī, fatto a brandelli dagli altri dei, cade sulla terra a renderla sacra, Śiva muore alla vita.
Per il dolore diventa pietra, una colonna di pietra alta fino al cielo.
I ricordi, anche quelli felici, si nascondono tra le ossa, i muscoli e le viscere, e si cibano l'uno dell'altro, ingrassano fino a impedire il gioco naturale delle emozioni, e dei gesti che dalle emozioni devono insorgere.
Da bambino pensavo che i ricordi se li portava via il libeccio, come i morti.
È comprensibile: il dolore della perdita e la malattia dell'abbandono ci fanno sentire nobili.
Interpretare il ruolo dell'eroe drammatico, infelice per contratto, giustifica la nostra, di infelicità, e ci permette di continuare a vivere nel passato.
Anche il futuro è passato, per chi si alimenta di ricordi, ché la prefigurazione di ciò che non è ancora può sgorgare solo da ciò che è stato.
Il ricordo è un emozione fossile.
Bello a vedersi, ma prova un po' a danzarci insieme!
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 18:33
Inviato da: esternoluce
il 15/01/2016 alle 17:35
Inviato da: Davide
il 15/05/2015 alle 09:17
Inviato da: Dario Bernardi
il 11/01/2015 alle 11:59
Inviato da: Lancelot2014
il 28/06/2014 alle 01:35