Creato da Amo_chiunque il 29/06/2010

Delizia

Delizia

 

 

Eros è il desiderio che spinge a ricercare l'altra metà o desiderio dell'intero

Post n°7 pubblicato il 08 Luglio 2010 da Amo_chiunque
Foto di Amo_chiunque

Premessa (il linguaggio comune).  Il termine “amore” sembra indicare realtà estremamente lontane fra loro: può indicare una energia umana o cosmica, una proprietà dell’animo umano o uno stato più o meno duraturo dello stesso, un impulso o un’inclinazione. Nel linguaggio comune può indicare in senso proprio a) un rapporto intersessuale selettivo ed elettivo, b) un tipo di rapporti interpersonali, c) l’amor del prossimo, d) l’amor di Dio. Inoltre può indicare in senso improprio l’attaccamento o l’interesse per oggetti inanimati o ideali, per attività o forme di vita, per comunità o enti collettivi. L’idea che di conseguenza si delinea è quella di un tipo particolare di rapporti umani caratterizzati da solidarietà e concordia, e non necessariamente, al contrario, dal possesso.

l’Amore è la forza che muove le cose e le porta e le mantiene insieme. Empedocle riconobbe poi nell’Amore la forza che tiene uniti i quattro elementi e nella discordia la forza che li separa: il regno dell’A. è lo sfero, la fase culminante del ciclo cosmico, nella quale tutti gli elementi sono legati nella più completa armonia, in questa fase non c’è altro che un tutto uniforme, una divinità che gode della sua solitudine (Fr. 27, Diels)

Socrate definisce amore come il desiderio di ciò che manca. Eros allora non è un Dio, ma un demone, qualcosa di intermedio (200a e segg.): in senso verticale tra dei e uomini, in senso orizzontale tra i contrari. In quanto tale, Eros è tendenza al Bene (205e). Inoltre Eros è desiderio di vincere la morte attraverso la generazione (208 a, b). Socrate inizialmente descrive Eros come prevalere del desiderio irrazionale sulla rettitudine; ma poi con il mito del carro alato mette in mostra come sia grazie al delirio divino di Eros che l’uomo può risalire attraverso reminiscenza dalla bellezza terrena a quella vera e raggiunge l’ekstasis. Sullo sfondo c’è quindi ancora un dualismo tra due tipi di eros, ma Eros comunque si rivela desiderio di immortalità. 

La teoria platonica dell’amore: la natura dell’eros platonico è sintetica e intermedia. Ovvero la sua funzione mediatrice è la stessa attribuita all’anima (medium e copula dell’universo); dunque l’anima è il demone che alberga in ogni uomo e la sua tensione, il suo desiderio è essenzialmente erotico. Inoltre, per Platone, Eros è filosofo e il filosofo è il perfetto amante, perché eros è il principio motore del fare e del conoscere. Più precisamente: vista l’umana debolezza, la mediazione di Eros si pone come necessaria ed essenziale per orientare l’anima verso il mondo delle Idee. Il metodo erotico è come un metodo filosofico, una “dialettica ascendente empirica” che è dono divino e che porta l’uomo fuori di sé (ekstasis) permettendogli di ascendere al bello assoluto (anche se non può raggiungere il vero in sé che solo la dialettica razionale può cogliere). Inoltre (come si evince dal Fedro e dal Fedone), Eros è preparazione all’unico vero affrancamento, cioè è esercizio di morte come morte dell’io nell’entusiasmo-delirio-mania (non a caso nel Cratilo Platone paragona Ade a Eros). 

Leibniz tentò di risolvere la contraddizione tra due verità, ovvero tra il fatto che non possiamo desiderare se non il nostro bene e il fatto che nell’amore cerchiamo il bene dell’oggetto amato di per se stesso: «Quando si ama sinceramente una persona non si cerca il proprio profitto né un piacere staccato da quello della persona amata, ma si cerca il proprio piacere nell’appagamento e nella felicità di questa persona» (Op Phil ed. Erdmann p. 789-90). Questa nozione ha inoltre il pregio di poter essere riferita all’amore divino come a quello umano.

Conclusione.  Abbagnano individua nella storia della filosofia due concezioni fondamentali.

1) l’amore è un rapporto che non annulla ma rinforza le realtà individuali tra cui avviene: per cui essenzialmente è reciproco, concreto, umano, finito; è unione ma mai unità e ha molte forme determinate irriducibili. Tra gli autori considerati, troviamo questa concezione in Platone, Aristotele, Tommaso, Cartesio, Leibniz, Scheler, Russell.

2) l’amore è unità assoluta o infinita, è fenomeno cosmico (più che umano) o natura fondamentale del Principio Primo o Realtà Suprema; le vicende umane vengono così ritenute importanti solo in quanto infinitizzate, poiché in quanto umane sono destinate allo scacco. Troviamo questa concezione in Spinoza e nel Romanticismo, in Hegel, Feuerbach, Bergson, Sartre.

http://www.swif.uniba.it/lei/scuola/insegnanti/amore%20e%20filosofia.htm

 
 
 

Amicizia ampia diversa da Amore DIVENIRE e senso della vita

Post n°6 pubblicato il 06 Luglio 2010 da Amo_chiunque
Foto di Amo_chiunque

 IL SENSO DELL’AMORE  

Considerazioni sulle differenze e sul valore dell’amore in contrapposizione all’amicizia.

In un importante libro, “Ricominciare dal Sé”, il filosofo e pensatore indiano Osho Rajneesh dà una netta preminenza all’amicizia poiché:

 - l’amore lega, mentre l’amicizia dà libertà;  - l’amante pretende che l’altro non ami nessuno al di fuori di lui;  - migliaia gli amici perché l’amicizia è esperienza non solo profonda, ma anche “vasta”;

 - l’amicizia scaturisce dal “centro più profondo della vita” e, per questo, l’amore può finire, l’amicizia non finisce mai perché un vero amico non può diventare “un nemico”, per nessun motivo.

Queste considerazioni sono ben lungi da dare una risposta chiara. 

Meritano una particolare considerazione le elaborazioni fondate su quanto derivato dal pensiero del grande filosofo greco Eraclito. Questi (tradotto nella sua essenza logica da Osho in “La armonia oculta ”), con la sua particolare capacità a dare risposte concise ed anche cariche di una “ricchezza-profondità poetica, ha sottolineato come:

 - l’amore possiede una “armonia occulta” che si libera dagli aspetti superficiali e sociali che, per altro, possono indurre ad errore; potremmo dedurre che l’amicizia si fonda su una “armonia visibile”, superficiale e poco contraddittoria; per Eraclito, propenso a vedere nella contraddizione e nel divenire delle cose (più che nelle cose stesse), l’amore è carico di una “armonia profonda e verace” che lo porta a differenziarsi da una … semplice amicizia; il “… valore dell’amore” starebbe proprio nel suo carattere di “ambiguità”, di contrasto tra amore e odio, di “armonia tra figura e sfondo” (… che sottolinea una visione gestaltico del problema); il bianco si vede più bianco se posto su uno sfondo scuro e questo rapporto ambiguo è quello che dona valore e ricchezza, senso ed “armonia”; l’amore è eterno solo se tiene conto che “… solamente il cambiamento è eterno” e, quindi, l’uomo trova un vero senso nell’amore se si pone “… sempre nuovo”, come se ogni giorno potesse rinnovare il significato della cosiddetta “… luna di miele”;

in questa “logica ambigua”, Eraclito vede, come “obiettivo della vita”, la possibilità di “… mescolare gli opposti” per creare “dinamiche di vitalità” che riflettono un cambiamento, un divenire, una … evoluzione; se non ci sono cambiamenti, la vita è statica e tende ad assomigliare ad una “morte”. Solo l’amore, nelle sue dinamiche ambigue, ma ricche di verità, riesce a dare “… senso alla vita”; tutte le esperienze acquistano vitalità se vengono approfondite attraverso la “…tensione con un contrasto”; l’amicizia non è dunque uno “status”, ma un “processo” in continua trasformazione, proprio perché “… la vita è movimento”;

senza un poco di odio e di ira, l’amore diventa “passione” che è “incoerenza”, mancanza di armonia: di quella armonia occulta che è reale e profonda, ben diversa dall’armonia visibile che, nella sua superficialità, è del tutto “falsa”; c’è nell’amore una sorta di “religiosità” che lo distoglie dal “puro senso morale” che è solo superficialità, regola, prevedibilità, imposizione; Eraclito sottolinea come una “moralità” non possa comprendere l’amore, proprio perché obnubilata dalle regole dalle imposizioni, dalla “normalità”, da una armonia superficiale che è anche inutile e falsa; l’armonia occulta dell’amore lo porta ad essere come un … grande fiume che scorre verso il suo obiettivo che è quello di raggiungere l’oceano;l’amicizia è ricerca di codici, di regole di … uniformità che le impediscono di raggiungere un “obiettivo di verità”, come invece succede con l’amore;

l’amore è un connubio di corpo e di spirito, di energia e di lentezza, di tranquillità e di contrasti che, nell’insieme, costituiscono una “umanità”, un senso di vita che è la vita della vera virtù, dei valori, del rispetto reciproco che permette di ricercare quotidianamente un … nuovo e luminoso inizio; per amare non basta la coerenza, un senso morale, una prevedibilità legata …“legge del patto o del giuramento”; l’amore si arricchisce nell’opposizione e nell’incontro, nell’ira e nella compassione, nella discordia e nella ricerca di un nuovo e più efficace assetto; l’amore non si trova nella “tranquillità delle leggi dell’amicizia”, ma nell’incontro-scontro che è anche un segno della “… partecipazione di un corpo, di una passionalità che si esaurisce nell’estuario, nel raggiungimento del fine, dell’obiettivo, della … speranza di un “nuovo sorgere del sole”;

- l’amore è tensione, come l’arco che è pronto a scoccare la freccia verso un preciso e chiaro obiettivo.

 - Nell’amore non ci sono menzogne, lo spirito libero trova la sua “verità” nel corpo, in quella dimensione che è la logica essenziale della vita, per la quale l’essere si trasforma in “incontro” e così si tracciano le linee trascendenti del divenire e della crescita. È questo il senso di un incontro-intreccio che racchiude in sé la dimensione umana di una “evoluzione” che basa la sua forza nell’assemblare il corpo e lo spirito, le emozioni-affetti alle logiche razionali, trapassando i limiti dell’arte per trovare la verità ineluttabile dell’uomo spinto alla ricerca di una logica che è una trasformazione totale.

L’eredità di Osho Rajneesh

http://www.cesnur.org/religioni_italia/g/giainismo_02.htm

Rinascimento-idea:

http://www.rinascimento-idea.net

Renacimiento-idea:

http://www.renacimento-idea.com

http://www.renacimiento-idea.com/amicizia.pdf

 

 
 
 

Innamoramento e amore che costruisce sempre

Post n°5 pubblicato il 02 Luglio 2010 da Amo_chiunque
Foto di Amo_chiunque

“L’essenza dell’amore è ‘lavorare per qualcosa’, ‘far crescere qualcosa’, […] amore e lavoro sono inseparabili. Si ama ciò per cui si lavora, e si lavora per ciò che si ama”7. Con queste parole di E. Fromm ritroviamo la prospettiva costruttiva sull’amore. L’innamoramento è un’assegnazione, meglio un trovarsi assegnati a un ideale di felicità. L’amore invece non è un accadimento involontario, bensì è il frutto di un lavoro, con tutto ciò che questo termine significa. Un lavoro, infatti, implica consapevole investimento di risorse e trasformazione produttiva del dato di partenza. Il lavoro è impiego di risorse nella cui produttività si confida per raggiungere nuova e maggiore ricchezza attraverso elaborazione e collaborazione. Nel caso dell’amore esso significa che il dato spontaneo di partenza diventa oggetto di una trasformazione collaborativa, sulla base della premessa che anche l’altro sia portatore di una ricchezza che può essere messa in comune; per questo l’amore è come l’istituzione di una ’impresa cooperativa’ o di una ‘società per azioni’, fortemente interessate al fatto che la sinergia dia luogo ad un arricchimento comune.

Con l’amore si esce così dalla situazione della tensione estatica e si entra in quella dell’azione comune; in altri termini con l’amore si esce dal regime della dualità unificata e si entra in quello dell’unità duale. Preso in se stesso, infatti, l’innamoramento è rappresentabile come un cerchio che mantiene il suo centro, ma che, attratto da un altro punto del piano a lui esterno, si allarga (o si trova dilatato) fino ad includerlo come un ospite stranamente fascinoso. L’amore, invece, è come l’ellisse a due fuochi, in cui l’altro non è incluso nel cerchio altrui, ma è per così dire centro comprimario, anch’egli condizione di possibilità della figura stessa. Con altra immagine potremmo dire che se l’innamoramento è assimilabile alla concezione e alla gestazione dell’altro dentro di sé, l’amore rassomiglia invece alla nascita in cui l’altro è posto/si pone in relazione sulla base della sua irriducibile e manifesta identità. E, come fa intendere la figura dinamica del concepimento/nascimento, l’innamoramento è per sua natura a termine, superato il quale da situazione vitale diventa circostanza mortale, mentre l’amore ha la natura intima della perpetuità. L’innamoramento porta in sé il germe dell’amore, ma questo può crescere e maturare solo se l’innamoramento accetta la sua legge evolutiva e non le fa violenza … innamorandosi narcisisticamente di se stesso.

... “io gioisco perché tu sei”..., da parte dell’amante la soddisfazione d’amore prende la forma della gioia, perché il suo piacere si trasforma nel compiacimento per il beneficio che è l’altro, e quindi per il beneficio che l’altro riceve dal riconoscimento attivo del valore della sua esistenza e per quello che dall’altro si riceve nell’opera della sua manifestazione. Essenziale è comprendere la natura ontologica anche della gioia d’amore, perché esattamente di questo si tratta. L’amore è coltivazione libera e responsabile del rapporto, ma può compiere la sua opera solo sulla base di un giudizio d’esistenza e di apprezzamento del suo valore, da cui deriva quel compiacimento ontologico che è il sentimento peculiare della gioia.

Finché questo non accade, non si può propriamente parlare d’amore; ma d’altra parte giungere a questo livello non è cosa che vada da sé, ma deve essere perseguita volontariamente, seguendo e svolgendo la logica intrinseca dell’amore stesso: per attuare l’opera liberante dell’amore è necessario già l’esercizio – forse quello più radicale – della libertà.

Questo è ben visibile nel rapporto tra amore e sessualità. La relazione amorosa è, ovviamente, sempre sessuata, ma non sempre sessuale. Anzi, non è essenzialmente tale. Eppure l’esperienza sessuale ha una rilevanza eccezionale, addiritura paradigmatica, per il mondo degli affetti. Essa infatti è dotata di alcune caratteristiche che ne fanno la spontanea immagine della felicità. A motivo della peculiarità del suo piacere, dell’intensità della sua affettività, della forza della sua relazionalità intersoggettiva, della potenza della sua fecondità sembra realizzare l’esperienza d’amore al suo massimo grado. In realtà, rispetto all’amore e al suo impegno ontologico, la genitalità è solo una possibile forma espressiva dell’amore, che mantiene tutta la sua verità e la sua dignità nella misura in cui è docile manifestazione dell’amore e non pretende di esserne criterio e condizione. La sessualità ha il suo giusto rapporto con l’amore nella misura in cui è concepita e vissuta con valore simbolico, cioè come espressione parziale e intensiva della realtà totale ed estensiva dell’amore. Ma per giungere a un vissuto così libero e magnanimo della sessualità è necessario che l’esperienza d’amore sia cresciuta al punto d’essere in grado di ricomprendere in sé e di proprozionare a sé l’intero mondo degli affetti.

http://www.filosofico.org/labo/botturi/amore.php

 
 
 

La felicità è reale anche se non condivisa

Post n°4 pubblicato il 01 Luglio 2010 da Amo_chiunque
Foto di Amo_chiunque

se ne parla nel .. film "Into the wild - Nelle terre selvagge".

E' la storia di un ragazzo che, dopo la laurea, decide di mollare tutto e di mettersi in viaggio, attraversando quasi tutti gli Stati Uniti. Ma non si tratta di un semplice viaggetto; è più un rifiuto della società, che viene rinnegata in favore dell'avventura, della natura, quella selvaggia, l'unica nella quale è possibile trovare la libertà.
In una scena il protagonista citando Krakauer dice "Ti sbagli se credi che la gioia derivi soltanto o principalmente dalle relazioni umane. Il signore l'ha disposta intorno a noi e in tutto ciò che possiamo sperimentare. Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un'esistenza non convenzionale.
La mia opinione è che non hai bisogno né di me né di nessun altro per portare questa gioia nella tua vita. È semplicemente lì che ti aspetta, che aspetta di essere afferrata, e tutto quello che devi fare e tendere la mano per prenderla... "
Belle parole!Ma quando ,qualche giorno dopo, si trova in grande difficoltà nelle selvagge terre dell'Alaska, rinnega in qualche modo questo suo pensiero,scrivendo su di un libro che aveva portato con sè "la felicità è reale solo se condivisa".

http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20090403062253AALmSd6

 
 
 

Il fine supremo è la felicità

Post n°3 pubblicato il 01 Luglio 2010 da Amo_chiunque
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Alla scuola di Platone, Aristotele sicuramente impara che l'esperienza non basta, ma non crede nella via platonica alla trascendenza.
Per Aristotele la verità non è al di fuori dell'esperienza: il mondo dell'esperienza, che nella sua immediatezza appare confuso ed instabile, può diventare oggetto di sapere chiaro e stabile.
Si tratta di andare in profondità, con strumenti logici e linguistici di precisione.
La conoscenza comincia con la sensazione, comune agli uomini e agli animali, ma nell'uomo, portato per natura alla conoscenza e mosso dalla meraviglia, può raggiungere il livello della scienza.
Il salto platonico dalla caverna dell'esperienza al mondo delle Idee porta fuori strada.
Per Platone ci sono due mondi: uno confuso, incerto, apparente, quello dell'esperienza (la caverna) ed uno stabile e sicuro, quello delle Idee, fuori della caverna, trascendente. Tra le Idee, quella del Bene è la più alta.
Aristotele non “vede” la trascendenza: c'è un solo mondo, quello che si presenta ai sensi, ma che si presta ad essere perfettamente conosciuto con il rigore logico, senza salti nella trascendenza. Si può passare dalla particolarità ed incertezza della conoscenza sensibile all'universalità e stabilità del sapere scientifico senza uscire da questo mondo, il solo reale.
Anche il bene non va cercato al di là del mondo dell'esperienza. Non esiste l'idea del Bene di cui parla Platone nella Repubblica. Il fine supremo è la felicità, la cui ricerca è imposta dalla natura stessa, mentre i mezzi per raggiungerla sono offerti dalla saggezza, un sapere pratico che non ha nulla a che fare con la tensione verso la trascendenza, con l'uscita platonica dalla caverna.
Non si guarisce una città reale dei suoi mali mirando alla inesistente “città celeste” platonica, ma agendo con saggezza sulle sue condizioni particolari.
Platone ed Aristotele incarnano un'alternativa filosofica ricorrente nella cultura occidentale.
Platone ha trovato nel suo allievo più dotato un'intuizione della realtà ed un atteggiamento di fronte al mondo radicalmente opposti ai suoi.

http://isintellettualistoria2.myblog.it/archive/2009/04/05/giuseppe-bailone-due-allievi-di-platone-molto-particolari.html

 
 
 
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