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Fuggire dal cuore dello Stato.

Post n°436 pubblicato il 19 Agosto 2007 da sinemoiaquai
 

Il nostro motto dev’essere dunque: riforma della coscienza, non mediante dogmi, ma
mediante l’analisi della coscienza mistica oscura a se stessa, sia che si presenti in
modo religioso sia in modo politico. Apparirà chiaro allora come da tempo il mondo
possieda il sogno di una cosa della quale non ha che da possedere la coscienza, per
possederla realmente. Apparirà chiaro come non si tratti di tirare una linea retta tra
passato e futuro, bensì di realizzare i pensieri del passato. Si mostrerà infine come
l’umanità non incominci un lavoro nuovo, ma porti a compimento consapevolmente il
suo vecchio lavoro.

Karl Marx

da un intervista di Paolo Virno con Romano Giuffrida


Il nuovo rapporto con il lavoro e con il tempo e l'importanza maggiore attribuita alla propria esperienza singolare, unica e irripetibile, sono l'agire comunicativo e la comunicazione linguistica che vengono al centro della scena ; è il disamore per i grandi progetti e, viceversa, l'amore estremo per un presente da arricchire; è il protagonismo di una forza lavoro qualificata, cresciuta in flussi di comunicazione tutt'altro che marginali: sono queste le tendenze che alla fine degli anni 70 noi vediamo emergere in forme radicalmente conflittuali e ribelli come percorsi di lungo periodo, come l'aprirsi di un capitolo che noi comprendiamo ad essere destinato a no chiudersi subito. E infatti queste istanze no si chiuderanno, anzi avranno pieno corso negli anni 80 anche se con un "segno rovesciato": quelle stesse tendenze radicali e ribelli verranno cioé "disciplinate" e messe a frutto dai mecacnismi della ristrutturazione capitalistica e dal mutamento di una società avvenuti sotto il segno tutt'altro che emancipatorio dello scorso decennio.
Se mi sofermo su questo punto è perché all'interno di queste riflessioni si può trovare il sneso delle scelte fatte negli anni successivi. Infatti è mio giudizio che, alla base di tutto ciò che è merso nel sociale a partire dagli anni 80, vi siano sempre le stesse disposizioni etico-culturali, gli stessi comportamenti, le stesse inclinazioni, radicalmente nuove, determinatesi nella seconda metò degli anni 70.
L'antilavorismo e l'antistatalismo del '77, esplosi allora in maniera ribelle, sono così divenuti il terreno su cui si è radicato il dominio negli anni '80. Un esempio per tutti: basti guardare come l'amore alla mobilità, al non radicamento, al lavoro estemporaneo che caratterizzava i comportamenti antagonisti giovanili già dagli anni 70, si sia tradotto nello scorso decennio nella coazione alla flessibilità imposta dal sistema produttivo.


Metropoli

La teoria dell'attraversamento della situazione attuale, questo cercare di "compromettersi di meno" che compare come punto nodale della tua riflessione. è oggetto di più di una polemica: c'è chi sostiene che questa pèosizione sia un armistizio con l'ordine presente e, nello stesso tempo, un modo persentirsi a posto con la propria coscienza. Che tipo di risposta dai a queste considerazioni?

Innanzi tutto che non capisco: nei miei scritti non vengono tratatte strategie per "tirare a campare" come qualcuno ha frainteso ma tecniche di resistenza e di contrattacco all'ordine capitalistico a partire da quella che è oggi la condizione sociale ed emotiva dei gruppi sociali. Mi spiego. Io credo che l'opportunismo, la paura, il cinismo che, come modi di essere, non come implicazioni psicologiche, hanno dominato i comportamenti collettivi degli anni 80, non siano una parentesi sospensiva e che si chiuderà lasciandoci finalmente tornare ad attendere i domani che contano e a lavorare per il sol dell'avvenire. Penso anzi che siano la manifestazione pessima (da abbattere- se ci fossereo ancora dubbi su questo punto) di una trasformazione dei modi collettivi di stare al mondo. Qualsiasi designazione non solo diversa ma contraria radicale e conflittuale deve partire dall'analisi di quella "base comune"che negli anni 80 si è espressa come aderenza, adesione, adattamento all'ordine dato. Da dove iniziare? Forse dal senso molto acuto della contingenza, dall'aleatorietà che pervade ad oggi tutta intera la propria esperienza, dall'esperienza pubblica a quelal del lavoro. Quando mancano delle direzioni prefissate, affrontare la precarietà e l'instabilità di tutti gli assetti, anzitutto dei propri assetti vitali, può assumere una valenza di conflitto.

Per molti aspetti il 77 è un futuro alle palle: infatti in quell'anno- che ha rappresentato un'esperienza collettiva vitale di cui molte tracce le ritroviamo adesso, come nuovo fututro prossimo anziché come un passato remoto, nebuloso, buio. violento, seppellito una volta per sempre nel sangue e negli spari. In quell'anno si è visto un comportamento molto rilevante nel conflitto sociale, quello di non affrontare nelle condizioni date il conflitto. Di non affrontare dunque lo scontro di classe in uno scenario già predefinito ma, per quanto possibile, di mutare, con un comportametno imprevisto, trasversale, obliquo, lo scenario stesso in cui il conflitto avveniva e tentare così di incidere sulle condizioni di sfondo del conflitto stesso.
Oggi l'invenzione dell'esodo e della defezione può riferirsi ancora al '77, a quando, cioé, mentre le condizioni del mercato del lavoro costringevano la gente a premere davanti alle porte delle fabbriche per andare a lavorare, molti giovani, anche di origini operaie, anziché cercare di andare in azienda facevano di tutto per restarne fuori. Era una sorta di migrazione di massa dal regime di fabbrica. Il mandato era: <<evitare la fabbrica ad ogni costo>>, anche a costo di restare a lungo sul mercato del lavoro precario e di frequentare i "buchi" del lavoro nero, con tutto quello che comportava in termini di reddito inferiore e di prospettive limitate o azzerate. Pur di evitare l'ergastolo del posto "fisso" venivano affrontati prezzi anche molto elevati.
Indiscutibilmente questo è stato un comportamento migratorio che ha cambiato il quadro del conflitto, ha cambiato le aspettative: il sistema si attendeva che si premesse per entrare in fabbrica ma non era preparato a quello che succedeva nel momento in cui cercava con ogni mezzo di tenersene alla larga

 
 
 
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