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Accogliere: stare “accanto”

Post n°480 pubblicato il 16 Febbraio 2008 da sinemoiaquai

Oggi il termine accoglienza viene impiegato con una pluralità di significati. Si accolgono gli extracomunitari, si accolgono i bambini, si accolgono in casa gli amici… Anche nella scuola il termine può essere usato per indicare il primo giorno di attività, l’arrivo dei bambini al mattino o anche nel senso di dare spazio alle esigenze degli alunni. Il termine accoglienza deriva dal latino accõlo che indicava lo stare vicino, l’abitare presso, il vivere accanto, e dal verbo colligere che ha il significato di legare assieme, unire. Per dare un senso attuale alla parola accogliere, ci potremmo riferire a questi significati. Accogliere un bambino a scuola va aldilà delle situazioni di primo incontro; è piuttosto un “vivere accanto”, uno stare vicino che diviene quotidiano, un porsi nei confronti dell’altro (bambino e non) come “persona”che sta di fianco (e non davanti) e che cerca di ricomporre (aiutando e aiutandosi a ricomporre) i frammenti delle
esperienze personali e delle conoscenze culturali.

Accogliere un bambino nella scuola significa perciò molto di più che farlo entrare nell'edificio scolastico, assegnargli una classe e trovargli un posto dove stare. L'accoglienza non riguarda solo i primi momenti del mattino o le prime giornate
dell'anno scolastico. L'accoglienza è – se vogliamo restare al significato originario – un metodo di lavoro complesso, è un modo di essere dell'adulto, è una idea chiave nel processo educativo. L’accoglienza tocca tutte e due le facce della medaglia educativa: da una parte quella che si riferisce all'adulto e agli adulti, dall'altra quella che riguarda il bambino ed i bambini. Entrambe le prospettive richiedono azioni rispettose nei confronti di sé e degli altri, valorizzando il lavoro ed il gioco, mettendo in movimento capacità individuali e competenze di gruppo, toccando le conoscenze “esterne” e quelle “interne”. L’accoglienza implica il riconoscimento di quanti – adulti o bambini, personale docente e non – interagiscono nella situazione educativa, comportando sempre previsione, attenzione, controllo, verifica. La fiducia “accogliente”
Alla base del metodo dell’accoglienza si trovano due principi educativi semplici e complessi al tempo stesso: il principio della fiducia e quello del rispetto.
La fiducia è nei confronti dell’alunno e della sua volontà e capacità di apprendere il senso ed i meccanismi che regolano la realtà delle cose e le relazioni fra le persone. Troppo spesso gli adulti pongono eccessiva attenzione a ciò che nel bambino non va, piuttosto che aiutarlo nelle cose che sa fare o che vuol imparare (v. voce Diversabilità). In fondo, dietro a questo loro atteggiamento "compensativo" (atteggiamento su cui si è fondata tutta una didattica differenziale), c'è la convinzione che i bambini non siano capaci di divenire artefici della loro crescita.
Paradossalmente, è vero che i bambini non ne sono capaci: infatti, i bambini abbandonati a se stessi, improvvidamente resi autonomi, non sono né liberi, né spontanei, né tantomeno diventano creativi e costruttori del proprio sapere.
La funzione degli adulti, nelle istituzioni scolastiche in particolare, è quella di sostenere la crescita e la capacità di comprensione dei bambini. Il sostegno può avvenire senza sostituirsi al bambino, senza prevaricazioni, senza entrare
forzosamente nei processi cognitivi, senza "anticipazioni", senza mettere i bambini in situazioni problematiche non rispondenti alle loro capacità (v. voce Anticipo). Il compito delle istituzioni scolastiche è quello di far crescere i bambini rispettando la qualità della vita e dell'esperienza, aiutandoli a dare significato al mondo a conferire senso agli avvenimenti che accadono e alle cose che imparano.
Una fiducia accogliente non è abbandono, malintesa "autonomia" del bambino o addirittura disinteresse o disimpegno,ma è rispetto per le specificità di ogni bambino. Rendere concreto e quotidiano il principio che il bambino "è soggetto di diritti" e che ha diritto al rispetto e al riconoscimento delle proprie esigenze (esplicite o implicite) è, ancora una volta,impresa facile e difficile al tempo stesso. Non è facile, non solo per le condizioni che contraddistinguono certi gruppi o certe situazioni scolastiche (a causa del numero degli alunni o per la presenza di bambini con problemi), ma anche
perché il rispetto è una scelta che deve estendersi al contesto (la famiglia, l'ambiente) nel quale vive il bambino (v. voce Contesto). Le competenze e l'attenzione dei docenti devono certo essere rivolte in primo luogo all’alunno e al suo apprendimento, ma perché la loro azione acquisti incisività essa deve estendersi, senza invasioni di campo, fino al contesto familiare. Dal punto di vista dell'accoglienza il rapporto fra educatori e genitori si scandisce nella diversità dei compiti e dei ruoli, ma poggia su un comune messaggio che rimanda ancora all'accoglienza, al rispetto, all'attenzione
degli uni verso gli altri. I bambini sono il tramite di questo rapporto e portano con loro i segni (che vanno riconosciuti e valorizzati) delle loro esperienze nelle due diverse situazioni. Il metodo dell’accoglienza riguarda perciò la scuola, ma riguarda anche il contesto, il tessuto nel quale il bambino vive ( Genitorialità)
(continua)

Formazione: seminari Erikson (per chi fosse interessato)

 
 
 
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