Ma'pe iabbu

La variante della discordia e le ecoballe.La politica a botta di manifesti


Non ho firmato per il no alla discarica, ma l'argomento è troppo importante.Credo di fare però ancora in tempo, se non per firmare , per informarmi, l'emergenza rifiuti non è fatto da delegare solo agli amministratori.I dubbi ci sono.Le soluzioni?Faticose, di certo.Il Salento minacciato dalle centrali di Brindisi e Taranto: le più inquinanti d’Europa di Gianni Nobile “Puglia: Il pozzo dei veleni”. Con questo titolo l’Espresso ha dedicato la sua copertina di qualche settimana fa alla nostra regione. Un titolo molto forte per un reportage che merita di essere conosciuto da tutti i pugliesi ma, più avanti capiremo il perchè, soprattutto da noi salentini. Addentrandosi tra le cifre e le rivelazioni dell’inchiesta la prima sensazione è inquietante: siamo la regione italiana a più alta concentrazione tossica. Non si usano mezze misure per definire la situazione ambientale pugliese. Il Salento, il grande Salento, è il buco nero dell’inquinamento in Europa. Si, avete letto bene, Europa. Perchè tra le dodici centrali italiane che producono più anidride carbonica (responsabile dell’effetto serra, quindi del surriscaldamento del pianeta), le prime tre sono ubicate a Brindisi e Taranto (vedi tabella sotto). Nell’ordine troviamo: al primo posto la centrale Termoelettrica Enel di Brindisi Sud (Cerano) con 15.340.000 tonnellate di CO2, a seguire l’Ilva di Taranto con 11.070.000 tonnellate e le centrali Termoelettriche Edison di Taranto con 10.000.000 di tonnellate. Secondo questi dati relativi all’anno 2005, raccolti da Eper-Ines ed elaborati e diffusi da Legambiente, l’Ilva di Taranto produce il 30,6 per cento della diossina prodotta in Italia e l’8,8 del totale europeo. La stessa Ilva nel 2004 ha prodotto il 10,2 per cento del monossido di carbonio italiano e la centrale Enipower di Brindisi il 13,7 per cento delle emissioni di zinco. La sitazione tarantina è drammatica: all’ultimo posto nella classifica del Sole 24 Ore in quanto all’ambiente, la percentuale più sbilanciata d’Italia per quanto riguarda l’inquinamento (il 93 per cento deriva dall’industria e la restante parte da emissioni civili), infine i milleduecento morti di tumore all’anno la collocano molto al di sopra della media nazionale. La messa in sicurezza delle centrali sopracitate ha costi elevatissimi che le aziende non vogliono accollarsi. Anzi, non ne vogliono proprio sentir parlare. Il più delle volte succede come a Taranto, dove il bresciano Emilio Riva, proprietario dell’Ilva e più volte condannato per inquinamento, alla richiesta da parte delle istituzioni del rispetto del Trattato di Kyoto, ha risposto minacciando il licenziamento di 4mila operai (su 12mila). Qualcuno stima in 20mila i morti direttamente riconducibili all’inquinamento prodotto dall’Ilva dalla sua costruzione ad oggi: una cifra che non può non lasciare sgomenti. Le provincie di Brindisi e Taranto, hanno subìto un vero e proprio stupro ambientale in nome del progresso e chissà quante altre generazioni ne pagheranno le conseguenze. In questo quadro ambientale compromesso irreparabilmente si inserisce anche la vicenda del rigassificatore di Brindisi, fortemente osteggiato dalle associazioni ambientaliste e bloccato dagli arresti per corruzione e dal sequestro del cantiere. Almeno per ora. Facendo un salto vicino casa (vicinissimo), è necessario che la questione della discarica di Cavallino, del suo completamento con la costruzione dei biotunnel e dell’impianto per la produzione di CDR, sia affrontata dalle istituzioni (regione, provincia, Ato, comuni) con senso di responsabilità che superi il gioco delle parti maggioranza-opposizione. Il prossimo consiglio comunale, per quanto di propria (poca) competenza dovrà vigilare affinchè, se proprio si deve fare, nella discarica di soccorso prevista in località “Mate” nel periodo di costruzione dell’impianto per il Cdr siano conferiti solo rifiuti già biostabilizzati, che siano certi i tempi per la sua chiusura e che, in generale, siano osservate tutte le prescrizioni previste dal piano al fine di limitare al minimo il disagio dei cittadini. Il peccato originale risiede nella scelta assurda di individuare il sito per la discarica in un fazzoletto di terra a ridosso di quattro comuni e, di fatto, a poche centinaia di metri dai centri abitati. Lo scontro politico di queste settimane ha il retrogusto amaro del puro, strumentale, calcolo politico. Una frase nella sola sintesi di un programma elettorale (non una parola in più) non può essere considerata sufficiente: una vera battaglia ambientale a difesa della salute dei cittadini avrebbe meritato, prima di tutto, molto più spazio e un reale approfondimento.
La pubblicità di una carta di credito vuol farci credere che quasi tutto si può comprare. O quasi. “Ci sono cose che non hanno prezzo...” e una di queste è la nostra salute.