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ACADEMY AWARDS: VINCE UN FILM MUTO, IN BIANCO E NERO E PER DI PIU’ STRANIERO. ANCHE SE…


Ieri sera, durante la consueta diretta domenicale del programma "Di Voce In Voce", abbiamo aperto una finestra sulla notte degli Oscar, che di lì a poco avrebbe avuto inizio in America. A fine programma radiofonico ho seguito via internet gli sviluppi della serata ma non sono riuscita a resistere fino alla fine per cui ho chiuso e sono andata a letto. Da discreta cinefila quale sono, stamane tra le prime cose sono andata a leggere le varie notizie riportate dalla stampa internazionale, ammetto che per questo specifico argomento la mia attenzione è rivolta in modo particolare alla stampa statunitense. In questo articolo ho tradotto, riassunto e rivisto alcuni stralci, arricchendoli con considerazioni personali.E'  calato il sipario sull'84esima edizione degli Academy Awards, a condurla Billy Crystal, un veterano degli Oscar chiamato a fare dimenticare il flop dello scorso anno della giovane coppia Anne Hathaway-James Franco. Billy è riuscito a tenere alto il tono di una serata lunghissima e non sempre brillante. Alla fine, anche se l'annunciato duello tra "The Artist" (primo film muto a vincere dal 1929 e il primo in bianco e nero da Schindler's List nel 1994) e "Hugo Cabret" di Martin Scorsese è numericamente finito in parità (cinque statuette a testa), a trionfare è stato proprio "The Artist", che ha portato a casa l'Oscar nelle tre categorie più importanti (miglior film, miglior attore protagonista a Jean Dujardin e miglior regia a Michel Hazanavicius). A tenere alto l'onore degli italiani ci hanno pensato Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, che, al loro terzo Oscar, hanno vinto per la migliore scenografia con "Hugo Cabret", mentre è rimasto a mani vuote Enrico Casarosa, in corsa per il miglior cortometraggio d'animazione con "La Luna". "Grazie Martin", ha detto Ferretti in italiano, mentre la moglie ha aggiunto, in inglese, "Martin questo è per te ed è per l'Italia".A "The Artist" è andata benissimo (ha portato a casa anche la statuetta per i migliori costumi e la migliore colonna sonora) mentre a "Hugo Cabret" è andata bene (miglior fotografia, miglior montaggio sonoro, miglior sonoro, migliori effetti speciali e migliore scenografia).
E' il caso però di accendere un faro sul pluripremiato "The Artist" in quanto il suo trionfo alla notte degli Oscar è un evento che resterà negli annali per almeno due ragioni: non solo perché si tratta di un film muto, ma anche perché è un film francese. Per la primissima volta nella storia, il più prestigioso premio per miglior film è stato assegnato ad un film né americano né inglese o comunque anglosassone (in queste ore molti hanno scritto "non english-speaking", ma non si riesce a leggerlo senza sorridere trattandosi, in realtà, di un film semplicemente "non-speaking").Venerdì scorso sul sito di Foreign Policy - testata che di norma non ospita articoli dedicati al cinema o al mondo dello spettacolo in genere - è uscito un insolito pezzo dal titolo "Come Hollywood ha conquistato il mondo (ancora una volta)" dedicato proprio a questo risvolto "geopolitico" della faccenda. Vi si narra di una "curiosa battaglia" che avrebbe avuto luogo dietro le quinte negli ultimi giorni "per convincere Hollywood che 'The Artist' è un film americano, nonostante sia stato scritto e diretto da un francese, prodotto da un francese con soldi francesi, e recitato da due attori francesi nei due ruoli principali".Non è solo una questione di "nazionalismo": è anche una questione commerciale, perché solitamente i film non-americani incassano poco non solo sul mercato americano, ma anche nel resto del mondo: storicamente, tutti i 100 film campioni d'incassi a livello mondiale sono tutt'ora film a stelle e strisce. A questo link l'intera classifica: http://www.imdb.com/boxoffice/alltimegross?region=non-usEppure, fa notare l'autore del pezzo, questa novità va letta più come un ennesimo caso di "importazione di cervelli" che non come una sconfitta in favore di concorrenti esteri.Siamo quindi alle prese con la solita vecchia verità: la forza dell'America è anche quella di saper essere una "immigration nation". Il che è tanto più vero ove si consideri che "The Artist" è stato prodotto dalla americanissima Weinstein Company, la società del già co-fondatore della Miramax Harvey Weinstein; e che il regista Michel Hazanavicius è sì francese, ma pur sempre un francese con il suo bravo status di "permanent U.S. resident", e pronto a dichiarare di non sentirsi "né un regista francese né un regista americano: un regista e basta"; e, soprattutto, che si tratta di un film su Hollywood, che racconta Hollywood ed oltre ad essere ambientato ad Hollywood è stato interamente girato proprio lì. Infine, non dimentichiamo che si tratta di un film che - anche grazie al suo lieto fine tipicamente hollywoodiano - non manca dell'ingrediente ideologico essenziale della cultura americana: l'ottimismo. Scusate se è poco.
Tra gli attori protagonisti di The Artist troviamo anche un simpatico jack russell di nome Uggie, che proprio alla notte degli Oscar ha fatto il suo ultimo inchino in quanto Uggie andrà in pensione. Lo aveva annunciato il suo addestratore, Omar Von Muller, il giorno dopo che l' Academy for Motion Pictures Arts and Sciences aveva premiato la pellicola francese in bianco e nero con ben dieci nomination all'Oscar."Uggie ha 10 anni e ha lavorato tanto; vuole rilassarsi", ha detto Von Muller, "se qualcuno vuole girare un film con Uggie, si dovranno accontentare di Dash". Eggià: l'addestratore ha intenzione di sostituire il cagnolino con il fratello.Il 2011 è stato un anno particolarmente fortunato per Uggie, che oltre al ruolo in "The Artist" ha recitato anche in "Come l'acqua per gli elefanti". Per le sue interpretazioni, l'animale ha ricevuto ben due nomination nella categoria per Miglior Cane in un Film Drammatico ai primi Golden Collar Awards. La cerimonia di premiazione è avvenuta il 13 febbraio, appena due settimane prima della consegna degli Oscar.Pubblicato da Staff Radio DgVoice, Rossella.