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Vicenza come Dakar. Le ragazze venete alla ricerca di un passaporto americano

Post n°74 pubblicato il 25 Ottobre 2009 da djchi
 

 

 

E' quasi mezza notte quando arrivo a casa di Ivana. Come da copione arrivo in tuta da ginnastica e infradito, anche se ormai il freddo è quasi invernale, specie la notte. Giro la chiave ma lascio ancora un momento lo stereo acceso, ho bisogno di essere carica per la serata, ormai comincio a non reggere ai sabati sera nottambuli che tanto avevano rallegrato i miei ultimi dieci anni. Questa è l'ora in cui il mio corpo tenderebbe ad un naturale sonno e sento gli occhi stanchi. Sospiro e mi specchio velocemente nello specchietto, imitando una delle tante smorfie tipiche dei cantanti rap. Ma sì, chi se ne frega, ho voglia di ballare, dico a me stessa, mi accendo una sigaretta e comincio a raccogliere le mie cose sparse disordinatamente nei sedili posteriori.
Senza farlo apposta nella panchina di fronte il parcheggio, sempre lo stesso gruppetto di ragazzi rumeni chiacchierano e ridono passandosi del vino in cartone di mano in mano. Sono sempre lì, ogni sera, sembra quasi vogliano osservare le stagioni e gli anni passare. Potere socializzante del Tavernello.
Non so cosa pensino vedendomi arrivare vestita 'da casa' e vedendomi ripartire con tacchi 18 e e tubini modello Dita Von Teese.
Ivana come al solito è ancora in fase preparazione, con i capelli bagnati e tutti i vestiti sopra al letto. La sfilata ha inizio nel giro di pochi minuti: 'Che pensi di questa maglietta? Non mi ingrassa?', 'e quali scarpe? Queste? O le altre?'. Sembriamo due adolescenti, lì ad alternarci spingendoci a vicenda a colpi di fianchi per la possessione dello specchio, in pose da dive anni '50. Sullo stile nessuno può dirci niente, abbiamo sempre anticipato le mode, sempre carine, mai volgari, così particolari assieme proprio perché due stili completamente diversi, la croata algida, alta e dai capelli lunghi e l'italiana piccoletta con i capelli corti. Sorelle. Mentre Ivana corre dal bagno alla cucina, con i trucchi in mano, io preparo due bicchieri di rum e pera, il nostro aperitivo pre-discoteca. Credo siamo due delle poche ormai che escono senza alternare alcol a droga. Siamo già due pazze di natura, se aggiungessimo della chimica a ciò che la natura ha alterato già di suo abbastanza, diventerebbe davvero pericoloso.
Dopo mezz'oretta siamo già sotto casa, pronte per la partenza. La trasformazione della fatina ha avuto effetto e i ragazzi rumeni della panchina si zittiscono di colpo. Lo sguardo dei quattro si fa tutt'uno e si muove seguendo i nostri movimenti, fino a quando saliamo in macchina e partiamo. Immagino i commenti.
Per strada, tante le chiacchiere, qualche parolaccia ai semafori, quando notiamo smorfie di ragazzotti col colletto alto dalle macchine vicine, la musica sempre alta, hip hop, hip hop e hip hop. Monotone.
Ivana mi chiede di aggiornarla sugli ultimi gossip, che vi devo dire, alla fine siamo femmine, e amiamo spettegolare. Ha in mano un'oscena bottiglia di plastica, una di quelle dell'acqua naturale, solamente riempita di un intruglio che in partenza avrebbe dovuto essere rum e pera, ma che Ivana ha trasformato in rum, dal sapore vagamente alterato alla pera.
In tempi di crisi ci si arrangia come si può. Ogni tanto usciremo dalla discoteca per 'ricaricarci' senza dover prendere un'altra consumazione.
E' l'una precisa quando arriviamo nel parcheggio del Crazy Bull. 'Devo fare la pipì' mi dice Ivana. Come da copione faccio il giro del parcheggio fino a trovare il punto più buio. La pipì pre-serata è di rito così, un'occhiata qui e un'occhiata lì ci troviamo a ridere come due ragazzine, accovacciate a fianco della macchina.
Di fretta ci dirigiamo verso l'entrata, correndo con i tacchi e battendo i denti per il freddo. 'Aspettami' urlo alla Ivana mentre lei, il passo veloce, è già quasi davanti l'ingresso. La gente arriva a gruppetti, macchine con musica hip hop a tutto volume sono in coda una dietro l'altra alla ricerca di parcheggio e i ragazzi con la visiera del berretto rigorosamente di lato e le Nike ultimo modello ai piedi, lanciano commenti a voce alta alle ragazze che incrociano, confondendo un parcheggio vicentino con un video di Lil Wayne.
Non appena entriamo ci arriva una ventata di aria calda e i bassi delle casse fanno vibrare il pavimento dandoci una scossa di risveglio. Eccoci, finalmente. Il Crazy Bull è tappa obbligata per chi ama l'hip hop. Locale storico di Vicenza. Non facciamo a tempo a fare due metri che abbiamo già salutato più di sei persone. Inevitabile, conosciamo quasi tutti. E come due acute osservatrici, ci nutriamo degli spettacoli che naturalmente si propongono davanti ai nostri occhi. I locali hip hop di Vicenza e dintorni hanno un che di tragi-comico e ogni serata diventa una vera e propria pièce pirandelliana. Chi come me vive di osservazione trova pane per i suoi denti. Dopo aver preso un cocktail al bar ci fiondiamo nell'angolo meno affollato ma il più adatto a chi vuole avere un'ampia panoramica. Ecco lì, di fronte a noi, quella che a me piace definire 'la socializzazione del sabato sera', quando arriva il momento tanto atteso dai partecipanti dell'allegro siparietto, i quali, dopo un'attesa durata una settimana, possono indossare la maschera e liberare il proprio (rap)ego.
Tanti piccoli grandi Lil Wayne, canotte e catenoni, bastoni e bicchieri modello 'P.I.M.P' si atteggiano a pali di lap dance, rigidi in mezzo alla pista e sguardo all'insù, stuzzicati dagli ancheggiamenti più o meno armoniosi di altrettanto giovani (e non) “Rhianna de noiatri”.
Tutte con lo stesso taglio corto e ciuffo lungo in fronte, micro gonne e sguardi ammiccanti, le mosse da donne vissute, il dialetto veneto fluente che fa da contorno a parolacce e inglese italianizzato.
E' sì, Vicenza come Dakar, il Crazy Bull come l'Africa Star. Un paragone azzardato? Proprio per nulla. Le ragazze che arrivano da tutte le città del Veneto, si danno appuntamento lì dov' è il luogo d'incontro di tutti i militari americani. La base militare è a due passi e tutti i giovani private iniziano il loro sabato sera 'italiano' passando di qui, dopo aver iniziato ad abbeverare le loro animate serate nelle camere dei loro caseggiati o nella discoteca della base. Non ci si può sbagliare nel riconoscerli anche senza il bisogno di sentirli parlare, ragazzotti grandi e grossi, con la faccia da bambini e lo stile a metà tra i lottatori wrestling più conosciuti e Jay Z e Kayne West. Arrivano sempre molto allegri, riempiendo tavoli e ordinando le bottiglie più costose. Ridono, scherzano e fumano grossi sigari. Se scambio le loro facce con quelle dei senegalesi in vacanza a Dakar non cambia tanto, il clima è lo stesso, l'esibizione fastosa dei soldi appena guadagnati anche. Il sottofondo rap, dancehall e raggae è lo stesso pure quello. Entrambi galletti coscienti del potere che si ritrovano.
Ai loro piedi, circondandoli come concubine di un harem, tre, quattro, sei ragazze adoranti, sculettanti, ammiccanti. Tutte lì pronte a scodinzolare come cagnolini al più piccolo gesto di uno dei tanti yankee qui a Vicenza; le ragazze senegalesi in attesa di quello di uno dei tanti modou modou vacanzieri.
Io e Ivana ridiamo, ridiamo davvero di gusto, per non piangere. Alla fine uscire ne vale la pena, sempre, come perdersi una delle tante stripper alla ricerca di un passaporto americano sfoggiando un completino rosa confetto, o quella fasciata in pantaloncini inesistenti e calze a rete, o tutte le altre con i loro 'Hi! How u doin baby....oh yes.....ah, ahhhh....really????? Oh my God'. Pirandello avrebbe da prendere appunti e il suo discorso sulle maschere dovrebbe essere riaggiornato alla versione padana.
Rido quando leggo tutti gli articoli di sociologia sul potere fascinoso che esercitano i migranti che tornano al paese sui giovani (specialmente di sesso opposto). Quanti commenti su quelle ragazze, penso alle senegalesi, pronte ad ogni servizievole gesto, vere e proprie geishe nella speranza di attirare l'attenzione di uno dei tanti 'nuovi ricchi'.
Ma bisogna davvero andare tanto lontano per studiare meccanismi sociali che possiamo trovare anche dietro l'angolo?
In fila in bagno ascolto i discorsi delle ragazze italiane vaneggianti da alcol che raccontano a voce alta delle loro performance erotiche con l'ultimo americano della lista o i bisticci di altre che, invece, hanno scoperto loro malgrado di dividere lo stesso uomo (americano).
Per i ragazzi americani un vero spasso, piovono donne da ogni parte, lì pronte e disponibili in ogni momento, non importa la bruttezza o la stupidità, quello che conta è essere americano.
Qui le facce sono sempre le stesse e per le giovani venete diventa un vero terno al lotto, altro che sposare un milionario, qui è sposare un militare.
C'è chi se li è passati tutti, chi preferisce il Big Gym bianco, chi il nero, chi il sud americano, che è più di moda. Alcune ci riescono e se ne sposano uno, riescono a sbarcare oltre oceano e vengono prese a modello. Lo stile da adottare gira attorno a ciò che può piacere all'americano, un incrocio tra una stripper e una rapper, volgarotta e navigata.
I gesti si adattano, così come il linguaggio. Lil Kim insegna. In pista l'ultima hit di Pitbull incita tutti nella danza, e così il popolo dell' hip hop si lancia, con moderne cenerentole a 90 gradi davanti ai loro principi azzurri col grillz, esibendo il meglio di sé.
Che teatrino pietoso, a volte. Giovani new entry si giocano la posta con le 'old school', le irriducibili, quelle per intenderci che non sono riuscite ad accaparrarsi nessun americano negli anni ma che non hanno ancora deciso di appendere le scarpette al chiodo. Loro un americano da sposare lo vogliono, assolutamente.
No, ripeto, non siamo in Senegal, dove un passaporto occidentale fa di te un re, siamo in Italia, anno 2009. Le italiane sognano di emigrare, di andare negli Stati Uniti e vedono nel giovane country boy piuttosto grezzo e poco colto che i militari incarnano il loro biglietto per una nuova vita.
E si umiliano, spesso e volentieri, si svendono, vestono una maschera fatta di alcol, hip hop spinto e festini erotici.
Per loro, i giovani militari, la festa è assicurata. Una volta qualche matrimonio ci scappava, adesso no, sì sono fatti furbi, prendono e se ne vanno, così come sono arrivati.
Loro, le ragazze venete sono lì, come giovani groupies in attesa dei loro idoli, pronte a inpepare le serate padane degli americani.
Le italiane come le senegalesi che riempiono le discoteche di Dakar, ognuna schiava della loro idea distorta di realizzazione, entrambe inconsce del potere che ognuna di noi donne ha in sé e che non necessita di un legame per una qualsivoglia realizzazione.
Intravedo sguardi e movenze e se chiudo gli occhi mi appaiono senegalesi filiformi in minigonna e meches lunghe, sedute nei divanetti a gambe incrociate, sorrisi finti e tante speranze. Li apro e vedo ragazze italiane in gruppo puntare i nuovi arrivati, lanciando mani al collo e strusciandosi di jeans in jeans.
Pitbull nel frattempo canta e anima le notti sia di Vicenza che di Dakar. C'è chi si sposa, c'è chi parte, c'è chi rimane a ballare in pista, c'è chi piange in un angolo del parcheggio, chi prega un uomo di non lasciarla, chi vomita ubriaca, chi fa sesso in una macchina, chi spera sarà amore....c'è chi ha il coraggio di fermarsi e di togliersi la maschera, mettendo fine a questo pietoso teatrino.
'Andiamo a prendere un altro cocktail' mi dice Ivana. La guardo per un momento, lei, antropologa inconsapevole, complice di tanti ragionamenti e riflessioni e la ammiro in quanto donna per la sua forte dignità e per il suo orgoglio che mai ha ceduto alle mode o ai calcoli ritrovandomi a sorridere ripensando ai suoi modi nei confronti di chi l'approcciava. 'Hey baby, what's your name?' chiedeva il malcapitato di turno. Non ha mai risposto. Mai, lo sguardo modello radar dal basso verso l'alto e la sua mano a mimare un 'vai, vai'.....'Sfighez'. La numero uno. L'algida sorella croata insegna, anche se sono sicura che il sud americano Pitbull un pochino farebbe sciogliere anche la sua durezza.

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Low il 25/09/17 alle 02:48 via WEB
Articolo perfetto. Valido anche ai tempi d'oggi è nell attuale Vicenza,io stesso ho frequentato americani e avuto una relazione se si puo chiamare così. E purtroppo tempo perso, per molte e in ossessione è si privano di ogni dignità. Purtroppo per il contesto e il loro lavoro difficilmente qualche militare avrà mai qualcosa di serio a Vicenza. Anche in parte colpa di come molte tipe si pongono con loro mettendoli su un piedistallo e strisciando ad ogni loro volere. Bellissima la parte tra le "vecchie" che hanno fatto la storia è le new entry . Triste ma molto reale. Non potevi descriverlo meglio!!
 
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