Creato da Karmelia il 19/02/2007
Il mito e l'antica cultura della Dea Madre

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GIMBUTAS “Il linguaggio della dea”

Post n°2 pubblicato il 19 Febbraio 2007 da Karmelia

Il culto della Dea copre un periodo dal tardo Paleolitico al Neolitico, nel periodo degli albori dell’agricoltura (8000 – 9000 anni fa). Con l’invasione delle popolazioni indoeuropee, provenienti dalla Russia meridionale, e l’affermarsi della caccia come sistema di procacciamento del cibo e della competizione per il territorio attraverso la guerra, il culto della Dea fu oscurato dalle divinità androcentiche.

Il tema centrale del simbolismo della Dea si dispiega nel mistero della Nascita e della Morte, e nel rinnovamento della vita, non solo umana, ma della Terra e del cosmo. Simboli si accumulano attorno alla Dea partogenetica (autogenerantesi) e alle sue funzioni di dispensatrice di Vita e di Morte e Rigeneratrice, nel processo circolare della Natura di Nascita –Morte – Rinnovamento.

Gli aspetti precipui della Dea sono: la dispensatrice di Vita, la dispensatrice di fertilità o riproduttrice, la dispensatrice di Morte, la Rigeneratrice. E’ riduttivo parlare della dea come Madre: essa è anche questo, ma non solo, identificandosi con l’intero ciclo naturale. Anche le divinità maschili hanno posto nel culto della Dea (il re dell’anno, il centauro come stimolatore di energia vitale, il dai mon seguace della dea in primavera), ma o in quanto rientrano nel ciclo naturale, o in quanto rappresentano l’effimero. Le dee non solo dispensatrici di fertilità, ma di Vita e di Morte, dunque del Rinnovamento.

  • La dea dispensatrice di Vita: ricorre il simbolo della Dea – uccello, associata all’elemento acquatico e umido, strettamente collegato alla Vita, come risulta dalla credenza per cui la Vita viene dall’Acqua. Ricorrono simboli che di collegano all’acqua (zig – zag, bande ondulate o serpentine, rete, scacchiera). A volte la dea presenta seni e natiche esagerate. La rappresentazione delle  parti anatomiche  (seni, vulva, ventre) risale al Paleolitico, in cui non era ancora capito il processo dell’accoppiamento e in cui la divinità era un’estensione del corpo femminile. Essa non ha dunque connotazioni sessuali, che si acquisiscono solo con l’avvento della successiva cultura androcentrica. La Dea è collegata anche alle immagini primitive, simboleggiate da animali come l’orso, la cerva, il daino. Infine, in epoca neolitica si afferma il simbolismo dell’ariete (stilizzazione dell’utero, le corna evocano le spirali di energia, tosatura del vello associata alla tessitura). L’immagine archetipica fondamentale è l’utero, simboleggiato dalla caverna. La Dea diviene tessitrice della stessa esistenza umana, come Fato. Alcune stilizzazioni del simbolismo acquatico sono la M, la V, il triangolo (stilizzazione dell’utero). Gli attributi della Dea sono simboleggiati anche da attributi: occhi, zampe, seni..

  • La Terra eterna che si rinnova: si diffonde il perdurante culto del serpente come simbolo di energia vitale, di rinnovamento ciclico e di immortalità. Il serpente che va in letargo e si ridesta è simbolo della Natura ciclica e che si rinnova, ovvero dell’immortalità dell’energia vitale.  I simboli di fertilità e gestazione appartengono al Paleolitico Superiore. Nella nuova economia agricola, la dea gravida divenne simbolo di fertilità. La scrofa, animale in rapida crescita (la cui testa rappresenta l’utero), è simbolo di abbondanza e fertilità. Altra epifania della funzione rigeneratrice è la Dea Porcospino, associata sempre al simbolismo uterino, così anche la Dea Rana. La moltiplicazione (epifania dell’accrescimento portato dal processo vitale simboleggiato dal rigonfiamento del ventre) venne rappresentata nel simbolismo del doppio, in cui si colloca la clessidra (doppio triangolo. La dea gravida viene associata alla luna piena. Altro simbolo è la losanga. Il ciclo lunare, attraverso le sue fasi, rappresenta il ciclo vitale della Natura. Esso è rappresentato anche attraverso il cambiamento delle stagioni, con i rituali ad esso associati.

  • Morte e rigenerazione: la dispensatrice di Vita può trasformarsi in una terribile immagine di morte. Simbolo di ciò è il nudo rigido dell’osso rappresentato nel Paleolitico Superiore. Il colore chiaro è associato alla morte, mentre il nero è il colore della Terra e della Vita, come venne tralaticiamente riproposto nel culto delle Madonne nere. Si diffondono le maschere della Morte, tra cui in Grecia la gorgone che trasformava gli uomini in pietre. L’animale associato alla Morte è la civetta, cui si ricollega il simbolismo dell’occhio. Sono anche raffigurate con ali d’ape e antenne a serpente, simboli di rigenerazione. La rigenerazione è rappresentata anche attraverso gli elementi fallici e verticali (menhir, associati anche alla guarigione e fertilità), che comunque s’inseriscono sempre nel culto della Dea. Simboli di Morte e rigenerazione sono teste di avvoltoio poste tra i seni, fauci e zanne di feroci cinghiali, l’utero in quanto tale o attraverso le forme del pesce e dell’imbarcazione (traghetta verso l’al di là). Tra gli animali, simbolo della fonte di vita e rigenerazione è il toro. Vi è dunque il simbolismo della tomba, della cripta e dell’omphalos e quello dell’uovo cosmico, come vita primordiale. Nelle leggende successive, simbolo di morte è la figura della strega, la signora bianca, la Baba Jaga. Tra le divinità greche, un simbolo di rigenerazione è dato dalla nascita di Atena dal cervello di Zeus (utero, indifferenziato). Altra dea vergine antica è Artemide.

  • Energia e sviluppo: spirali, corni, falci, semicerchi, ganci, asce, semicerchi, falci di luna rappresentano l’energia cosmica. Ulteriori simboli di energia sono il serpente, le cui sinuosità rappresentano i cicli, e l’albero della vita. La Dea Serpente è guardiana dell’energia vitale e della sua continuità. La colonna della vita, rappresentata dall’albero o dal serpente, è simbolo della vita che nasce dall’acqua.  Ulteriori stilizzazioni sono i vortici e le croci e segni quadrangolari. Tra gli animali abbiamo api e farfalle, che sono epifanie della Dea della Rigenerazione.

Gimbutas fa riferimento alla teoria di tipo junghiano Neuman, che interpreta la Grande Madre come una realtà psichica associata all’inconscio indifferenziato, simboleggiato dall’uroboro e dalla sfera. Gimbutas preferisce parlare della Dea, piuttosto che della Madre, come simbolo di unità di tutte le forme di vita esistenti in Natura. La Dea era nell’acqua, nella pietra, nella Terra, nella caverna, negli animali e negli uccelli. Di qui la percezione olistica e mitopoietica della sacralità e del mistero di quanto è sulla Terra. La fase seguente, dei guerrieri che soppiantarono e a assimilarono nel proprio pantheon, con ripulsa del culto della Dea. Esso è comunque sopravvissuto attraverso le fiabe e anche nel Cristianesimo. Attraverso il culto mariano e di alcune sante (Brigida deriva dall’antica dea celtica Brigit).

 

 

 

 

 

 

 
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