Creato da Karmelia il 19/02/2007
Il mito e l'antica cultura della Dea Madre

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IL BALLO 

Post n°22 pubblicato il 03 Maggio 2007 da Karmelia

Ballavano abbracciati, guardandosi con rapimento estatico, come se fossero soli  in quel sontuoso salone liberty, ove l’orchestra strimpellava languidi pezzi  un po’ demodè e la cantante dal rossetto fiammante, con voce strascicata, deformava melense canzoni americane.

Cosimo indossava fieramente il suo tight scuro con il gilè semiaperto, la cravatta grigio - perla sapientemente annodata e danzava ondeggiando lievemente il corpo agile e ben disegnato. Carmen sfoggiava un tubino nero con scollatura vertiginosa e scuoteva con orgoglio la fluente chioma corvina, fresca di parrucchiere, a mo’ di sfida nei confronti di potenziali rivali.

“Sono la personificazione della vitalità, della gioia e della passione”, pensò tristemente Olga, rincantucciata in un angolo,  infagottata in un severo maglione nero e un’ampia gonna pieghettata. Unica nota di timida civetteria in quella pesante figura asessuata era un sottile filo di perle, retaggio della dinastia di donne virtuose di cui la sua famiglia menava vanto.

Olga si era ormai chiusa nel suo consueto e mesto silenzio e pareva un buffo soprammobile in quella sala pregna di musica, di corpi ebbri di danze e champagne, di baci furtivi e malcelato erotismo.

Attendeva il momento di tornare a casa, per potersi rinchiudere nella sua stanza e sciogliere un pianto liberatorio. “Doveva essere la mia serata” pensò tristemente, rievocando i sogni ad occhi aperti in cui per tanti giorni aveva indugiato, in trepidante attesa dell’evento che sperava avrebbe cambiato la sua vita. Si sentiva come una bambina il cui meraviglioso giocattolo fosse stato ridotto in frantumi da un’entità perversa.

Le sovvenne la telefonata di qualche giorno prima, quando Cosimo l’aveva invitata al ballo e lei si era sentita al colmo della felicità: quel giovane così bello e sensuale aveva scelto proprio lei...Per la prima volta si era sentita oggetto di attenzione da parte di un uomo ed aveva avuto la sensazione esaltante che quei reticoli di insicurezza e di complessi, incisi nel suo animo in anni di solitudine, si fossero finalmente sgretolati. Per la prima volta aveva avvertito dentro di sé un forte potere di seduzione.  Non era bella secondo i canoni classici, ma un animo sensibile e gentile era evidentemente riuscito ad apprezzare la sua bellezza interiore, la sua capacità di provare sentimenti di una profondità che non apparteneva all’età  della tecnologia post - moderna, ma sfiorava le più alte vette del romanticismo. C’era finalmente qualcuno in grado di capirla nel profondo e con cui vibrare all’unisono.

I giorni che la separavano dal grande evento erano trascorsi veloci e febbrili. Come in un sogno, Olga aveva assaporato il gusto di essere donna, di provare tutti gli abiti che aveva nel guardaroba e di guardarsi nello specchio, alla ricerca di quello che le stesse meglio. Aveva studiato anche il trucco più adatto al suo viso ampio, dal naso schiacciato e gli occhi distanti, eliminato la folta peluria scura che le cresceva sul labbro superiore ed acconciato i capelli biondo cenere, solitamente lunghi e pesanti, in una spiritosa zazzera ricciuta che ringiovaniva la sua figura un po’ massiccia.

Cosimo era passato a prenderla in perfetto orario, guidando fieramente il suo coupè nero sfavillante. Durante il tragitto, si erano scambiati frasi di circostanza e banali resoconti su ciò che avevano fatto nel fine settimana. Non era proprio ciò che Olga si era aspettata da quell’incontro. Aveva percepito una barriera tra di loro, un muro di ghiaccio che le impediva di essere sé stessa fino in fondo, contraccambiato dal tiepido  interesse che Cosimo le manifestava.

Da sempre provava un bisogno disperato di comunicazione profonda, ma era incapace di uscire dal ruolo che si era imposta di recitare in società e di essere sé stessa. Ma poi cosa significava “essere sé stessa”? Aveva confuso il suo nucleo più profondo e più vero con la maschera che indossava e viveva una situazione di scollamento con la realtà, che a tratti sconfinava nell’indifferenza e a volte si tramutava in una vita parallela che si dipanava in un mondo immaginario; un perfetto iper-uranio, in cui le persone reali, spesso assorbite in contingenti quisquilie, non potevano trovare posto. Viveva fabbricando fiabe, miti e archetipi. Anche quando si innamorava, Olga tendeva a sovrapporre un’immagine idealizzata all’oggetto del suo amore. L’altro diveniva un pretesto per le sue proiezioni e i suoi voli fantastici.

Quella sera aveva confusamente avvertito che con Cosimo era accaduta la stessa cosa e che quel ragazzo belloccio e narcisista era assolutamente distante dalla sua tumultuosa vita interiore. Ma forse era stato soltanto l’inizio della serata, bisognava rompere il ghiaccio e poi tutto sarebbe venuto da sé. Tuttavia, arrivati nel sontuoso salone tutto stucchi, gremito di bambole avviluppate in abiti di lustrini e giovanotti dai capelli impomatati, la situazione era peggiorata. Cosimo era stato travolto da un turbine di amici e conoscenti ed a ciascuno aveva dispensato adorabili banalità, suscitando civettuole risate di qualche ragazza - lustrino gratificata dal repertorio di vuote galanterie che lui andava sfoderando.

E poi Cosimo aveva visto Carmen, una procace donna di celluloide catturò la sua attenzione. Avevano scambiato pochissime parole e poi incominciato a ballare, sempre più stretti, sempre più presi l’uno dall’altra. L’inebriante magia dell’eros aveva avuto il sopravvento e man mano si erano isolati dalla festa, rapiti dalla musica e dal calore dei loro corpi abbracciati.

Seguitavano, in silenzio o con qualche sussurro, a consumare il loro rituale amoroso, trasportati in un mondo di ebbrezza.  E così, per qualche ora, i loro esseri si fondevano e i loro cuori pulsavano all’unisono. Poi avrebbero fatto l’amore e, dopo aver toccato vette di estasi, si sarebbero svegliati nel consueto vuoto inconsapevole.

Olga guardava consumarsi quel sortilegio e sentiva tristemente la sua solitudine di piccola scheggia vagante nell'universo. Non era che una nota stonata nello spartito della vita. Desiderava con una fitta dolorosa di annegare questa consapevolezza nel calore di un abbraccio.

Rimase incollata alla sedia per un tempo incalcolabile. Poi si riscosse. Doveva cercare qualcuno che la riaccompagnasse a casa.  

 I due piani formano una struttura reticolare dalle congiunzioni imprecise, si confondono sino a rendere una strana unicità di tipo ondulatorio, comprensiva dei comportamenti umani tracciando  processi e componendo  storie.
Valeria Montaruli sospesa sulla direttrice di un surrealismo narrativo di maniera, si ascolta nel racconto , rendendo atipici i soggetti che agiscono in un sottofondo di surreale atmosfera, quasi "demodè", sostenuti da contenuti psicologici e caratteriali assolutamente umani.
  Presa fra il dentro e il fuori, l'assoluto realismo e l'inconoscibile, irreale divenire, materializzati nelle vicende accennate ed espresse in una scrittura meticolosamente psicologica, Valeria materializza i personaggi del suo "io", li muove come impercettibili marionette nell'eco-sistema mondo che nulla ha di trascendentemente etico, li sfronda da ogni umana "pietas" o assunto di tipo valoriale.
  In una realtà con i contorni sfumati, caduti i riferimenti di qualsiasi identità etica, resta la bio-psichicità di donne e uomini che danzano, anche fuori tempo la strana danza della vita, su ritmi di emozioni circiostanziate dal limite della corporea soddisfazione spazio-temporale, al termine della quale è la non-risposta del vuoto-nulla e del non-senso degli accadimenti.
Valeria Montaruli , nella narrativa , come nella poesia, sublima ogni sorta di esistenza interioriore , attraverso la sinusoide di un salire, un discendere, un voltare brusco degli angoli , alla ricerca del sè mentale nello stesso "onphalos" dove solo le emozioni scardinate dai bisogni sono l'unica certezza esistenziale .
                                           Carmela Amati

   Spesso la realtà è sogno, come il sogno è realtà.

 
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