Creato da Karmelia il 19/02/2007
Il mito e l'antica cultura della Dea Madre
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« bosich, pittore alchimista | MISTERI A TORRE DEL LAGO » |
A questo punto interviene il Viandante e la sua voce è ferma e tranquilla:
“Chi sei Regina della notte? Visto che mi hai fatto entrare nel tuo regno di ombre, rivelati a me”.
“Sarà fatto. Ma sappi questo. Io mi nascondo ri - velandomi. Se cerchi di penetrarmi rischi di essere inghiottito nel mio ventre cavernoso“ .
“Correrò il rischio. Sono iniziato alla Via della conoscenza” bluffa il Viandante.
“Stai giocando col fuoco. Comunque qualcosa mi spinge a ri- velarmi a te, intrepido o sarebbe meglio dire imprudente“.
La voce ha un’improvvisa trasformazione, diventa oracolare:
“Io sono tutto ciò che è stato, che è che sarà, nessun mortale mai sollevò il mio peplo. Sono Iside, la sacerdotessa del mistero. Mi chiamano Papessa[1].Vivo qui nella caverna con mia figlia Kore. Ora sono io a farti la domanda. Chi sei Viandante e cosa fai qui nella tempesta?”
“Chi sono non lo so più, Papessa, mi sono perso lungo il sentiero degli uomini di buona volontà..[1] La relazione tra i due arcani la Papessa e l’Imperatrici può essere ricondotta al mito di Demetra e Persefone, che costituisce uno dei principali schemi archetipici relativi al rapporto madre figlia. Rappresenta il cuore dei riti dei Misteri Eleusini, la relazione tra Demetra , dea dell’agricoltura e delle stagioni, con la fanciulla Kore, che poi - a seguito dell’incontro con il maschile, rappresentato da Ade - diviene Persefone, sua figlia nonché incarnazione della dea stessa da giovane. Nel pantheon classico greco, Persefone ricoprì il ruolo di moglie di Ade, il dio degli inferi. Diventò la dea del mondo sotterraneo quando, mentre stava giocando sulle sponde del Lago di Pergusa con alcune ninfe . Ade la rapì dalla terra e la portò con sé nel suo regno. La vita sulla terra si fermò e la disperata dea della terra Demetra cominciò ad andare in cerca della figlia perduta. Alla fine Zeus, non potendo più permettere che la terra stesse morendo, costrinse Ade a lasciar tornare Persefone e mandò Hermes a riprenderla. Prima di lasciarla andare, Ade la spinse con un trucco a mangiare quattro semi di melagrana magici, che l’avrebbero da allora costretta a tornare nel mondo sotterraneo per quattro mesi all’anno. Da quando Demetra e Persefone furono di nuovo insieme, la terra rifiorì e le piante crebbero rigogliose ma per quattro mesi all’anno, quando Persefone è costretta a tornare nel mondo delle ombre, la terra ridiventa spoglia e infeconda. Questi quattro mesi sono chiaramente quelli invernali, durante i quali la maggior parte della vegetazione ingiallisce e muore (cfr. voce Demetra, in Vikipedia).La figura di Demetra rappresenta uno dei molteplici archetipi femminili, che si incarnano nelle principali figure mitologiche (da Demetra a Medea, da Afrodite ad Atena, da Estia a Persefone). Secondo la psicoanalista junghiana Jean S. Bolen, autrice del libro “Le dee dentro la donna” (Astrolabio 1991): ‘in una stessa donna sono presenti più dee e la loro conoscenza fornisce la chiave per la comprensione di sé e dei rapporti che stabilisce con gli altri’. La dea Madre per antonomasia è Demetra, dea delle messi e icona di un istinto materno che non si da pace. Demetra è quindi la Terra-madre, il simbolo della madre che ama la prole sopra ogni cosa. . Rappresenta l’istinto materno che si realizza nella gravidanza e nel nutrimento fisico e psicologico. La donna Demetra si realizza pienamente in questo compito ma rischia la depressione se il suo bisogno di nutrire viene rifiutato. Tale senso della maternità non si limita all’aspetto biologico ma può esprimersi nell’adozione o in professioni che prevedano di dedicarsi agli altri. Demetra è nutrice, madre perseverante nel perseguimento del benessere dei figli, generosa. Spiega Jean Bolen: “Come dea delle messi, Demetra prosegue il lignaggio delle dee preposte alla fertilità …. In psicologia l’assunzione di un ruolo ‘demetrico’ da parte di tutte le donne di una famiglia dà luogo a legami profondi di stampo matriarcale”.
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