Creato da Karmelia il 19/02/2007
Il mito e l'antica cultura della Dea Madre

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GIMBUTAS “Il linguaggio ... »

Il mistero della Cattedrale di Acerenza

Post n°1 pubblicato il 19 Febbraio 2007 da Karmelia

Il fascino esercitato da miti e leggende di sapore esoterico ha trasferito il mito del Graal dalle mete più note di Rosslyn Chapel in Scozia e di Rennes Le Chateau in Francia, alla "magica terra lucana", come è stata definita dall’antropologo Ernesto De Martino. Sull’onda del passaparola spontaneo innescato dalla voce "Il Santo Graal si trova in Basilicata!" l’interesse non solo degli appassionati di esoterismo e dei curiosi, ma anche del circuito turistico si è appuntato su una cattedrale in stile romanico - pugliese in un paese semisconosciuto arroccato nella zona delle Dolomiti Lucane. Sulla scia del discusso successo editoriale del best seller "Il Codice da Vinci" di Dan Brown, il mito del Graal si è trasformato da leggenda orale gotica derivata forse da alcuni racconti folcloristici precristiani, a emblema del femminino sacro, espressione del culto antichissimo della Dea Madre. All’esperto di miti e di simbologia sacra risulta evidente la connessione della cattedrale di Acerenza con queste antiche tradizioni, il cui interesse è stato risvegliato nel secolo scorso dagli studi sul matriarcato di Bachofen e successivamente sviluppato dalle ricerche dell’antropologa Gimbutas sui reperti archeologici europei del tardo Paleolitico e del Neolitico, e dagli studi della moderna psicologia analitica junjiana di Newmann sulle configurazioni femminili dell’inconscio. La cattedrale sorge infatti su un luogo di culto molto antico dedicato a Ercole Terapeuta, dove si trovava un pozzo di acqua sulfurea connesso con l’adorazione della Dea Madre e il cui nome viene da Acheron (Acheronte), il fiume che collega il regno dei vivi con quello dei morti. I misteri della cattedrale sono connessi alla storia dell’ordine religioso cavalleresco dei Templari e all’identità del suo fondatore, Ugo De Paynes. Secondo la tradizione storiografica più accreditata, l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, poi denominato Ordine dei Cavalieri del Tempio, fu fondato in Francia, attorno al 1118, con lo scopo di andare in Terra Santa per difendere dai mussulmani i pellegrini cristiani che si recavano a Gerusalemme, da poco conquistata con la prima Crociata. I templari erano nello stesso tempo monaci e guerrieri, sottoposti a rigide regole di vita e di disciplina militare, che limitavano l’uso legittimo della forza. Erano, in altri termini, scaltri soldati che mostravano sensibilità e apertura ad onta di ogni deprecabile razzismo imperante. Non sorprende dunque il loro interesse, oltre che per l’esoterismo islamico dei Sufi, anche per le antiche tradizioni e divinità pagane, come dimostra il culto per il Bafometto, idolo barbuto presente in alcune effigi di cui è riccamente istoriata la cripta presso la cattedrale di Acerenza. Ma non finisce qui. All’inizio a guidare i Templari fu Hugues De Payns, primo Maestro dell’Ordine. Vi è una grande incertezza sulla biografia di Hugues De Payns. Secondo la storiografia ufficiale sarebbe stato francese, nato nel 1070 nei pressi di Payns, vicino a Troyes nella Champagne. Autorevole personaggio della corte del conte Hugnes De Champagne, il nostro cavaliere andò pellegrino in Terra Santa nel 1104, ritornò a Gerusalemme nel 1114 e poi vi rimase, dopo l’istituzione dell’Ordine, come Gran Maestro fino al 1136, quando morì in combattimento vicino a Sur (l’odierna Tiro). Ma recenti ricerche hanno presentato una versione completamente diversa. Hugues De Payns sarebbe il nome francesizzato di Ugo de’ Pagani, nobile cavaliere dell’Italia meridionale, probabilmente nato in Campania, a Nocera o nel vicino paese di Pagani (ma, secondo altre fonti potrebbe essere originario di Forenza in Basilicata). In ogni caso vi è una lettera scritta da Hugo de Paganis nel 1103, dalla quale si evincerebbe che i Templari non furono fondati in Francia ma nell’Italia meridionale. Tanto avvalora la convinzione che la Basilicata fu sede strategica e luogo di passaggio per le truppe templari partecipanti alla Prima Crociata nel 1095 e alla sesta crociata del 1227, quando l’Arcivescovo della Cattedrale di Acerenza collaborò con Federico II per l’organizzazione della spedizione. Questa storia sembra rimandare ad un segreto che secondo la leggenda è nascosto nella cripta restaurata nel 1524 dal Conte Giacomo Alfonso Ferrillo, membro dell’Ordine. Sulla parete di fronte all’ingresso si nota infatti una finestra murata, dietro la quale, secondo la leggenda sarebbe stato custodito il Graal. La cripta colpisce anche per la dovizia di fregi ispirati a simboli che richiamano temi come l’eterna lotta tra il bene e il male. Ad esso rimanda la raffigurazione dell’antica divinità osca Mefitis, divinità pacifica, metà donna e metà pesce, cui si attribuiva il potere di fare da tramite nel dualismo tra la vita e la morte, il giorno e la notte, il caldo ed il freddo, il regno dei vivi e l’oltretomba. Appare inoltre significativo, proprio per la connessione etimologica tra Acerenza e le sorgenti sulfuree, che Mefitis era una divinità ctonia, adorata dalle antiche popolazioni italiche come ninfa protettrice delle sorgenti, simbolo della forza generatrice e vitale dell’acqua che sgorga dalla terra e dai suoi anfratti, le quali sono sempre state oggetto di culto nelle tradizioni legate alla Dea. L’evolversi del culto l’ha protesa verso i benefici derivanti dall’utilizzo delle acque termali (come dimostra l’etimologia del termine mefitico) e quindi solforose connesse alla valenza di "sanatio", dal momento che le acque ed i fanghi solforosi, per il loro alto contenuto di zolfo, potevano essere adoperati per la cura di malattie umane ed animali. La cripta è peraltro ricca di simbolismo relativo all’elemento acqueo, come dimostra la presenza all’ingresso di due acquasantiere, di cui quella di destra presenta sul bordo la scritta "SI CREDIS UNDA LAVAT" e nell’interno pesci ed anguille, che se nella tradizione cristiana rimanda alla forza purificatrice del Cristo, nelle antiche tradizioni esoteriche è associato al mondo intermedio (le acque inferiori della Genesi). L’attenzione, insita nel simbolismo della Dea, all’elemento vitalistico e generativo caratterizzante l’archetipo femminile, e che si esprime nella forza totalizzante della Grande Madre uroborica (secondo la definizione di Newmann), dà origine al simbolismo sessuale che è presente sulla facciata della cattedrale. L’occhio del visitatore è infatti immediatamente attratto da due sculture, che raffigurano due scimmie in fase di accoppiamento con due donne. Esse rimandano agli antichi culti pagani della dea Madre, che furono certamente noti ai Templari. Appare pertanto semplicistica l’interpretazione per cui esse vorrebbero rappresentare il peccato lasciato fuori dalla chiesa. L’elemento animale presente in questa scena evidenzia il richiamo ad una forza naturalistica primordiale che, essendo collocata all’ingresso di un luogo sacro ricco di valenze simboliche, sembra invece alludere al motore della Vita. Sull’arco del portale d’ingresso sono poi istoriati motivi floreali, animali e creature fantastiche, quasi a rappresentare una sorta di Eden primigenio. Un ulteriore collegamento tra la Cattedrale e l’ordine dei Templari è costituito dall’assenza della croce e dalla presenza, al suo posto del busto dell’imperatore Giuliano l’Apostata, noto come il persecutore dei cristiani. In realtà, Giuliano affrontò i problemi del male e del peccato originale, rifacendosi al monoteismo solare di origine neoplatonica e alla tradizione persiana. Si ispirò in particolare alla spiritualità del persiano Manes (o Mani), 216-277 d.C., convertitosi ad una rigorosa disciplina di vita, che vedeva come scopo dell’uomo il separare in se stesso l’io divino dall’io demoniaco. Il sincretismo di Mani si fondava sull’antinomia di bene e male nel mondo, rappresentato dall’opposizione Luce-Tenebra, Dio- Materia, quest’ultima - "ile" [in greco] - definita come un movimento confuso, causa del male. Così, Giuliano aderiva ad una morale rigorosa, che attraverso il superamento delle pastoie materiali, mirava al raggiungimento della perfezione spirituale. Tale rigore morale e di pensiero accomuna la figura di Giuliano l’Apostata alla concezione etica dei templari. Ciò spiega la presenza della sua effigie in una chiesa di chiara impronta templare, quale è la cattedrale di Aderenza. L’imperatore Giuliano e l’ordine dei Templari sono accomunati anche dalla fine. Giuliano l’Apostata cadde assassinato, probabilmente per mano di un seguace dei cristiani costantiniani, quindi della religione cristiana "di Stato". L’ordine templare, a seguito del raggiungimento del suo massimo splendore e l’accumulo di un grande patrimonio, fu distrutto dal potere temporale della Chiesa, che utilizzò il braccio armato di Filippo il Bello per operare arresti ed eccidi di massa, in cui cadde anche il loro maestro e capo spirituale Jacques de Molay. Colpisce il fatto che il messaggio spirituale templare, intriso di riferimenti simbolici alle antiche tradizioni pre-cristiane, sopravviva magistralmente nello splendido patrimonio artistico custodito in un’antica Cattedrale, che si erge come monito in favore della tolleranza e del sincretismo religioso e culturale, contro le divisioni e i conflitti di matrice religiosa, che purtroppo sono anche storia del nostro tempo. Il richiamo alle antiche tradizioni della Dea può dunque essere letto come monito verso una visione armoniosa e unificante, che conduca al superamento delle divisioni e dei conflitti di cui è tristemente costellata la nostra storia.

 
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Commenti al Post:
Whilky
Whilky il 19/02/07 alle 10:30 via WEB
Ben arrivata, e in bocca al lupo per il blog! Dal primo post si vede che promette bene! ;-) Ciao
(Rispondi)
 
Karmelia
Karmelia il 19/02/07 alle 10:36 via WEB
Grazie, sei uno che se ne intende!
(Rispondi)
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