Decima Flottiglia...

Post N° 159


 14.- La tragica sorte dei feriti del “Fulmine”Solo allora si seppe qual’ era stata la sorte dei feriti del “Fulmine”. La raccontarono due superstiti che, sentendo arrivare i titini, si erano rannicchiati sotto un acquaio tirandosi addosso una tavola di legno. I partigiani entrarono armi in pugno e urlando che dovevano uscire tutti. Tra loro c’era uno che parlava con chiaro accento toscano e a lui uno dei feriti chiese “Chi sei? Sembri fiorentino! Perche’ stati con gli slavi?” Urlando i titini ordinarono ancora una volta di alzarsi e di uscire in strada. Il GM Marzo cercando di sollevarsi disse loro che erano tutti militari feriti e che era loro dovere aiutarli. La risposta fu una raffica di mitra che fece tacere l’ ufficiale e uno ad uno tutti gli altri maro’ feriti. La stessa sorte tocco’ agli altri militari italiani che giacevano feriti nella case semidistrutte di Tarnova.Massacrati senza pieta’ dagli sloveni e dai partigiani comunisti italiani che li fiancheggiavano. I corpi martoriati buttati nella neve, nudi. Di tanti di loro non si seppe mai piu’ nulla ne’ mai furono ritrovati i corpi o – ammesso che ce ne fossero stati - i luoghi di sepoltura. Si seppe anche della fine del GM Valbusa, lo racconto’ qualche giorno dopo una ragazza di nome Slaviska, che era diventata amica di Zarini, uno dei maro’ del “Fulmine”.Valbusa era stato con il Regio Esercito in Montenegro e in Croazia dove ne aveva viste di attrocita’ commesse sui prigionieri! Piu’ volte aveva detto che lui, piuttosto di cadere prigioniero nelle mani degli slavi, preferiva spararsi. Quando gli attaccanti irruppero nella casa dove erano asserragliati, visti cadere tutti i suoi uomini, egli appoggio’ la canna della sua Beretta sotto la gola e si sparo’ l’ultimo colpo rimasto.