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Decima Flottiglia...

per l' Onore d' Italia

 

 

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Post N° 150

Post n°150 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

4.- Si avvicina la battaglia di Tarnova

La prima ricognizione del dispositivo di difesa diede al comando di battaglione elementi sufficienti per concludere che Tarnova era un brutta gatta da pelare!

La linea esterna era basata su fortini (alla tedesca chiamati impropriamente bunker) realizzati con pietrame a secco! Avevano circa 2 m di diametro e 1,80 m di altezza. Tre feritoie orizzontali e un tetto in lamiera posata su travetti di legno e tenuta in sede da grossi sassi.

In tutto c’erano 5 di questi “bunker” intervallati da nidi di fuoco a terra per uno o due uomini.

Gli accordi del comando di Gorizia disponevano che i rifornimenti di viveri e munizioni avvenissero ogni mercoledi’ e c’era da assicurare cibo anche a donne, vecchi e bambini rimasti nei paesi della zona!

I buoni rapporti tra maro’ le donne del luogo facilitarono inevitabilmente le informazioni che il nemico riceveva anche da alcuni ragazzini. Purtroppo cio’ lo si capi’ solo troppo tardi!

Le prime pattuglie vennero spinte lungo la strada per Gorizia allo scopo di assicurare la sua percorribilita’. Le esplorazioni si estesero poi sulle direttrici di Casali Nemci – Passo dei Turchi e Rialzo – Carnizza lungo strade e anche fuori delle strade. Molta fatica, poco riposo e nessun utile risultato ne’ alcuno scontro…

 

Qualcosa comincio’ a muoversi il 12 gennaio…

Le pattuglie piu’ esterne, verso Casali Nemci, furono attaccate, ma si trattava di sparatorie da lontano con rapido sganciamento dei reparti comunisti titini.

Il raggio delle esplorazioni fu allargato e spinto a 360 gradi. Nella notte caddero sull’ abitato alcuni colpi di mortaio e le sentinelle aprirono il fuoco nel buio.

Il giorno 13 gennaio, sotto una fitta nevicata” reparti dei “Volontari di Francia” si spinsero verso Casali Nemci e subirono un pesante attacco. Il loro rientro fu appoggiato dai mortai della 2° compagnia mentre gli sloveni si dileguavano nella boscaglia.

Rimasero feriti l’ ufficiale medico Silli e il maro’ Ubizzo colpito al braccio da un proiettile a testa seghettata (artigianalmente simile ai “dum-dum” usati dalle truppe del Negus e dagli inglesi in Africa) che fratturandosi in molte schegge dilaniavano le carni e frantumavano le ossa (per altro al bando secondo le convenzioni internazionali… per quel che potevano valere per le bande di partigiani titini!)

Il raggio delle ricognizioni si riduceva sempre di piu’ per la massiccia presenza e attivita’ in campo dei reparti del IX Korpus. La situazione era sotto controllo, ma le prospettive erano sempre piu’ dure.

Mercoledi’ 17 gennaio non arrivarono i rifornimenti.

Uscirono pattuglie col compito di riprendere il controllo della strada evidentemente tagliata dai titini. A poca distanza dal paese gli scontri furono violentissimi.

Il giorno 18 gli scontri si ripeterono, gli sloveni non si disimpegnarono ma proseguirono l’ azione per saggiare le difese esterne di Tarnova.

Riprese a nevicare pesantemente, soffiava sempre una bora gelida che rendeva difficilissime le attivita’ di pattuglia e penosi i turni di guardia.

Fino a quel momento i titini non avevano impegnato le armi pesanti, salvo qualche tiro di mortaio.

I reparti italiani della Decima sapevano di essere circondati e le comunicazioni radio con il comando erano rese ancor piu’ precarie dalle condizioni del tempo oltre che dalla scarsa affidabilita’ delle apparecchiature.

Le attivita’ di perlustrazione e gli scontri con i partigiani avevano fatto consumare molte munizioni.

I viveri erano finiti!

 

Alle 3 di notte – mentre imperversava una bufera di neve – si intravidero movimenti insoliti e si udirono raffiche di mitragliatrice nella zona della Ia compagnia. I maro’ risposero aprendo il fuoco, era impossibile mandare pattuglie per il rischio di perdersi nella tormenta. Dopo un po’ gli spari cessarono, salvo qualche tiro delle sentinelle…

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Junio Valerio BORGHESE

Capitano di Corvetta

Nacque a Roma il 6 giugno 1906. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1923, nel luglio 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina ed imbarcò sull'incrociatore Trento.

Promosso Sottotenente di Vascello nel 1929, prese imbarco sul cacciatorpediniere Fabrizi e nel 1933, nel grado di Tenente di Vascello, imbarcò sui sommergibili Tricheco ed Iride; con quest'ultimo partecipò a missioni operative durante il conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando del sommergibile Vettor Pisani e nell'agosto 1940, promosso Capitano di Corvetta, ebbe il comando del sommergibile Sciré con il quale trasportò mezzi ed operatori nelle missioni di Gibilterra e di Alessandria.

Costituitasi il 15 maggio 1940 la X Flottiglia MAS per Mezzi d'Assalto, assunse il comando del Reparto Operatori Subacquei e con la promozione a Capitano di Fregata, anche quello della Flottiglia. Al comando dello Sciré trasportò ad Alessandria gli operatori subacquei che nella notte fra il 18 ed il 19 dicembre 1941 violarono la munitissima base navale inglese di Alessandria ed affondarono le due corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth.

Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e comandò, fino al termine del conflitto, la ricostituita X Flottiglia MAS. Posto in congedo mori a Cadice (Spagna) il 26-8-1974. E' sepolto nella Cappella Borghese di Santa Maria Maggiore in Roma.

 

C.C. J. V. Borghese

Motivazione della Medaglia d'oro al Valor Militare

Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoriuscita del personale. Durante la navigazione di ritorno, sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le difficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l'unità e il suo equipaggio.

Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d'ogni avverso evento.

Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre - 3 novembre 1940 

Altre decorazioni a riconoscimenti per merito di guerra:

  • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio 1938)
  • Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941)
  • Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).

 
 

L' idea dello "scudetto" con il teschio e la rosa rossa ci venne ricordando il comandante Todaro, Medaglia d' oro, una delle figure leggendarie della Decima ante 8 settembre.

Todaro, come Teseo Tesei, un altro dei nostri eroi, aveva lasciato a noi della Decima una traccia profonda ed indelebile. Todaro era il mistico di un determinato tipo di vita, che cercava piu' che la vittoria... una bella morte. "Non importa" ci diceva "affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa e' dimostrare al nemico che ci sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico di esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario". Tra l' altro, prima di cadere, ci aveva parlato del suo desiderio di coniare un distintivo dove apparisse l' emblema di una rosa rossa in bocca ad un teschio: "Perche' per noi" aveva detto " la morte in combattimento e' una cosa bella, profumata"

Nel suo ricordo, disegnammo cosi' lo "scudetto": E mai, forse, un distintivo fu "capito" e portato con tanta passione. Perche' sintetizzo' veramente lo spirito rivoluzionario, beffardo, coraggioso, leale che animo' in terra ed in mare, gli uomini della Decima repubblicana"

(J. V. Borghese)

 

Quando mi accorsi che attorno a noi si era creato il vuoto, che istituzioni, enti, comandi e cosi' via non esistevano piu'... capii che era necessario interpretare in senso rivoluzionario la nuova realta' e fornire agli uomini che stavano radunandosi attorno a me delle direttive atte a rompere decisamente con gli schemi di un passato e di una tradizione che non avevano retto alla prova dei fatti. Emanai cosi' alcune disposizioni fondamentali:                            

  1. Rancio unico per ufficiali, sottufficiali e marinai
  2. Panno della divisa uguale per tutti
  3. Sospensione di ogni promozione sino alla fine della guerra, fatta eccezione per le promozioni per merito di guerra sul campo
  4. Reclutamento esclusivamente volontario
  5. Pena di morte per i militari della Decima che vengano riconosciuti colpevoli di furto o saccheggio, diserzione, codardia di fronte al nemico

Il profondo significato morale e spirituale di queste disposizioni fu pienamente inteso dai volontari della Decima...!

J.V. Borghese

 
BIBLIOGRAFIA:
 
DECIMA MARINAI! DECIMA COMANDANTE!, di Guido Bonvicini, ed. Mursia
GLI ULTIMI IN GRIGIOVERDE - vol. II, di Giorgio Pisanò, ed. CEN,
BATTAGLIONE FULMINE - Xa FLOTTIGLIA MAS, a cura di Maurizio Gamberini e Riccardo Maculan, Editrice lo Scarabeo
BERSAGLIERI IN VENEZIA GIULIA 1943 - 1945, di Teodoro Francesconi, Ed. Del Baccia
GORIZIA 1940 - 1947, di Teodoro Francesconi, Ed. dell'Uomo Libero
NEL RICORDO DEL BATTAGLIONE FULMINE, a cura di Carlo A. Panzarasa ed Emilio Maluta
SOLI CONTRO TUTTI, di Nino Arena, ed. Ultima Crociata
Notiziario dell'Associazione ex Combattenti Decima Flottiglia MAS n°8
 
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