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Decima Flottiglia...

per l' Onore d' Italia

 

 

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Porzus – 5^ parte

Post n°177 pubblicato il 11 Febbraio 2009 da decimacomandante

 


 


Chi volle l'eccidio del 7 febbraio?



La risposta a tutt'oggi non è sicura. Di certo c'è l'esistenza di una lettera firmata da Kardelj, indirizzata a Vincenzo Bianchi, nome di battaglia Vittorio, rappresentante del Partito comunista italiano presso il IX Corpus, che era tornato da Mosca insieme con Togliatti, in cui lo si invita a liquidare le formazioni partigiane che, in Friuli, non accettano di porsi agli ordini del IX Corpus. Ed altrettanto certo è che, dopo il rifiuto degli osovani a integrarsi nel comando del IX Corpus sloveno, incominciano a circolare, sempre più insistenti, le voci di tradimento.



Queste voci d'altra parte trovavano facile esca in alcuni contatti, peraltro mai negati dai partigiani osovani, sia con la Decima Mas, sia con il federale fascista di Udine, Cabai, che si fa latore di un'ambigua proposta dell' SS Sturmbannfuhrer (tenente colonnello) Von Hallesleben, comandante della piazza di Pordenone. In entrambi i casi si propone agli osovani di formare un fronte comune contro i comunisti e, nel caso della Decima Mas, contro comunisti e nazisti, in nome della difesa dell'italianità del Friuli.



Erano gli ultimi mesi di una guerra le cui sorti erano ormai chiare a tutti e nell'atmosfera un po' surreale da si salvi chi può le proposte stravaganti non mancavano.



Bisogna sottolineare che in entrambi i casi fu la Osoppo ad essere sollecitata alle trattative, che non furono una sua iniziativa; e in entrambi i casi le proposte furono respinte. Ma mentre le proposte tedesche furono dirette ed immediatamente rifiutate con due lettere (28 dicembre 1944 e 10 gennaio 1945) di don Aldo Moretti consegnate all'arcivescovo Nogara, che a sua volta le consegnò al federale Cabai, nelle proposte di Borghese, comandante la Decima Mas, non mancò chi vide lo zampino del maggiore Nicholson, che guidava la missione inglese in zona, e che avrebbe voluto così acuire, in chiave anticomunista, la divisione tra osovani e garibaldini. In questo groviglio ambiguo due cose sono certe: il comando della Osoppo non strinse alcun accordo con fascisti e nazisti, ma il fatto stesso degli avvenuti contatti servì ad alimentare il clima ormai avvelenato tra osovani e garibaldini.



Più interessante, dal punto di vista sostanziale, ci sembra la vicenda di Elda Turchetti. Questa ragazza di Pagnacco, paese dove i tedeschi avevano depositi di carburante, viene segnalata da Radio Londra (probabilmente su analoga segnalazione del maggiore Nicholson) come spia al soldo dei nazisti. Spaventata, si rivolge a un amico partigiano garibaldino per protestare la propria innocenza. Questi l'accompagna da Mario Toffanin, Giacca, comandante dei GAP di Udine, che si comporta in modo decisamente strano. Se fosse stato sicuro che la Turchetti era una spia Giacca l'avrebbe senza dubbio uccisa; nel dubbio, l'avrebbe dovuta consegnare al proprio comando per gli accertamenti. Invece Elda Turchetti viene consegnata da Giacca a Tullio Bonitti, capo della polizia interna della Osoppo, che a sua volta conduce la ragazza a Porzus. Perché una sospetta spia veniva consegnata proprio alla formazione più volte accusata di mantenere ambigui rapporti col nemico? Ci fu chi disse che la Turchetti venne consegnata alla Osoppo per fare realmente la spia, per conto di Giacca contro la Osoppo. Difficile sapere la verità, perché la Turchetti fu uccisa a Porzus.


E siamo arrivati a parlare nuovamente di Mario Toffanin, Giacca. Padovano, nato il 9 novembre 1912, a tredici anni era già operaio ai Cantieri San Marco di Trieste. Iscritto dal 1933 al partito comunista clandestino; sei anni dopo, ricercato, riparava a Zagabria. Aderì al movimento partigiano di Tito fin dall'invasione delle forze dell'Asse nell'aprile del 1941. I compagni jugoslavi dovevano avere in lui molta fiducia perché lo inviarono in missione prima alla federazione comunista di Trieste, poi a quella di Udine per "dare la sveglia" ai compagni italiani. Giacca non fu mai un partigiano combattente vero e proprio: trovò la sua collocazione migliore nei GAP. Del resto, era poco propenso alla disciplina di tipo militare, ma in compenso era fedelissimo al partito.



E dalla federazione comunista di Udine gli arrivò l'ordine di "liquidare" il problema della presenza osovana a Porzus, con la specifica che si trattava di un ordine del comando supremo. L'ordine è del 28 gennaio 1945. Il tempo di organizzare l'azione, radunando un centinaio di uomini dei GAP a Ronchi di Spessa e il 7 febbraio Giacca sale alle malghe di Porzus, coadiuvato dai suoi luogotenenti Aldo Plaino e Vittorio Iuri. Pare che gran parte degli uomini fossero all'oscuro degli scopi della missione; molti ignoravano anche dove si stesse andando.


Il comandante osovano Bolla non si allarma per le segnalazioni delle sentinelle, che vedono salire alle malghe la lunga fila di uomini: era atteso un battaglione di rinforzo, richiesto al comando divisione Osoppo proprio per l'acuirsi delle tensioni tra garibaldini e osovani. Gli uomini di Giacca ostentano un'aria dimessa, nascondono le armi sotto gli abiti, pochissimi portano il fazzoletto rosso. Spiegano alle sentinelle di essere partigiani sbandati dopo uno scontro con i nazifascisti; ma mentre in due parlamentano con le guardie della Osoppo, il grosso degli uomini inizia ad accerchiare la zona.



Poi, è la strage.


Il capitano Bricco si salva, come vedevamo in apertura, solo perché viene ritenuto morto. Tra i venti partigiani portati via, si salvano solo Leo Patussi e Gaetano Valente, il cuoco, che, per aver salva la pelle, chiedono di essere accettati tra i garibaldini. Per gli altri non c'è scampo. L'irruzione alle malghe non aveva portato alcuna prova del "tradimento" della Osoppo, salvo la presenza in luogo della Turchetti; ma vedevamo prima che era stato lo stesso Giacca a consegnare la presunta spia agli osovani.


Le uccisioni durano fino al 18 febbraio nel Bosco Romagno, dove poi verranno ritrovati i corpi, mal sotterrati.


Dopo l'azione a Porzus, Toffanin, Plaino e Iuri, i triumviri che avevano guidato i battaglioni di GAP, fecero una relazione scritta, indirizzata alla Federazione comunista di Udine e al Comando del IX Corpus Sloveno, nella quale si sottolineava che l'azione era stata effettuata "col pieno consenso della Federazione del partito".



La relazione (che, come si nota, non era indirizzata ad alcun organo della Resistenza) cercava di giustificare le uccisioni con affermazioni fantasiose (i comandanti Bolla ed Enea che al momento della fucilazione non trovano di meglio che gridare "viva il fascismo internazionale", i partigiani osovani "figli di papà" che "giacevano in comodi sacchi a pelo ed erano provvisti di tutti i conforti"), ma non allegava alcuna prova concreta.


Quanto è accaduto alle malghe inizia a delinearsi. Quando Mario Lizzero, commissario politico delle brigate Garibaldi in Friuli viene a sapere dell'accaduto va su tutte le furie e chiede che Giacca e i suoi luogotenenti siano fucilati. Non riesce ad ottenerlo, riuscirà solo a farli destituire dalle loro cariche di comando nei GAP. Ostelio Modesti e Alfio Tambosso, segretario e vice segretario della federazione del PCI di Udine, forse iniziano a rendersi conto che è stata una grave imprudenza affidare la missione a Mario Toffanin, ottimo elemento per le azioni spicce e violente dei GAP, ma rozzo e violento e con un certificato penale già ben nutrito di reati, furto, rapina, omicidio, sequestro di persona, che nulla avevano a che vedere con azioni militari o politiche.



Ma adesso è troppo tardi per i ripensamenti e viene scelta la linea di condotta peggiore, quella di gettare tutta la croce addosso a Giacca, (che avrebbe mal inteso gli ordini) favorendone peraltro l'espatrio in Jugoslavia, insieme ad altri implicati nella strage.

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Junio Valerio BORGHESE

Capitano di Corvetta

Nacque a Roma il 6 giugno 1906. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1923, nel luglio 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina ed imbarcò sull'incrociatore Trento.

Promosso Sottotenente di Vascello nel 1929, prese imbarco sul cacciatorpediniere Fabrizi e nel 1933, nel grado di Tenente di Vascello, imbarcò sui sommergibili Tricheco ed Iride; con quest'ultimo partecipò a missioni operative durante il conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando del sommergibile Vettor Pisani e nell'agosto 1940, promosso Capitano di Corvetta, ebbe il comando del sommergibile Sciré con il quale trasportò mezzi ed operatori nelle missioni di Gibilterra e di Alessandria.

Costituitasi il 15 maggio 1940 la X Flottiglia MAS per Mezzi d'Assalto, assunse il comando del Reparto Operatori Subacquei e con la promozione a Capitano di Fregata, anche quello della Flottiglia. Al comando dello Sciré trasportò ad Alessandria gli operatori subacquei che nella notte fra il 18 ed il 19 dicembre 1941 violarono la munitissima base navale inglese di Alessandria ed affondarono le due corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth.

Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e comandò, fino al termine del conflitto, la ricostituita X Flottiglia MAS. Posto in congedo mori a Cadice (Spagna) il 26-8-1974. E' sepolto nella Cappella Borghese di Santa Maria Maggiore in Roma.

 

C.C. J. V. Borghese

Motivazione della Medaglia d'oro al Valor Militare

Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoriuscita del personale. Durante la navigazione di ritorno, sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le difficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l'unità e il suo equipaggio.

Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d'ogni avverso evento.

Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre - 3 novembre 1940 

Altre decorazioni a riconoscimenti per merito di guerra:

  • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio 1938)
  • Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941)
  • Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).

 
 

L' idea dello "scudetto" con il teschio e la rosa rossa ci venne ricordando il comandante Todaro, Medaglia d' oro, una delle figure leggendarie della Decima ante 8 settembre.

Todaro, come Teseo Tesei, un altro dei nostri eroi, aveva lasciato a noi della Decima una traccia profonda ed indelebile. Todaro era il mistico di un determinato tipo di vita, che cercava piu' che la vittoria... una bella morte. "Non importa" ci diceva "affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa e' dimostrare al nemico che ci sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico di esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario". Tra l' altro, prima di cadere, ci aveva parlato del suo desiderio di coniare un distintivo dove apparisse l' emblema di una rosa rossa in bocca ad un teschio: "Perche' per noi" aveva detto " la morte in combattimento e' una cosa bella, profumata"

Nel suo ricordo, disegnammo cosi' lo "scudetto": E mai, forse, un distintivo fu "capito" e portato con tanta passione. Perche' sintetizzo' veramente lo spirito rivoluzionario, beffardo, coraggioso, leale che animo' in terra ed in mare, gli uomini della Decima repubblicana"

(J. V. Borghese)

 

Quando mi accorsi che attorno a noi si era creato il vuoto, che istituzioni, enti, comandi e cosi' via non esistevano piu'... capii che era necessario interpretare in senso rivoluzionario la nuova realta' e fornire agli uomini che stavano radunandosi attorno a me delle direttive atte a rompere decisamente con gli schemi di un passato e di una tradizione che non avevano retto alla prova dei fatti. Emanai cosi' alcune disposizioni fondamentali:                            

  1. Rancio unico per ufficiali, sottufficiali e marinai
  2. Panno della divisa uguale per tutti
  3. Sospensione di ogni promozione sino alla fine della guerra, fatta eccezione per le promozioni per merito di guerra sul campo
  4. Reclutamento esclusivamente volontario
  5. Pena di morte per i militari della Decima che vengano riconosciuti colpevoli di furto o saccheggio, diserzione, codardia di fronte al nemico

Il profondo significato morale e spirituale di queste disposizioni fu pienamente inteso dai volontari della Decima...!

J.V. Borghese

 
BIBLIOGRAFIA:
 
DECIMA MARINAI! DECIMA COMANDANTE!, di Guido Bonvicini, ed. Mursia
GLI ULTIMI IN GRIGIOVERDE - vol. II, di Giorgio Pisanò, ed. CEN,
BATTAGLIONE FULMINE - Xa FLOTTIGLIA MAS, a cura di Maurizio Gamberini e Riccardo Maculan, Editrice lo Scarabeo
BERSAGLIERI IN VENEZIA GIULIA 1943 - 1945, di Teodoro Francesconi, Ed. Del Baccia
GORIZIA 1940 - 1947, di Teodoro Francesconi, Ed. dell'Uomo Libero
NEL RICORDO DEL BATTAGLIONE FULMINE, a cura di Carlo A. Panzarasa ed Emilio Maluta
SOLI CONTRO TUTTI, di Nino Arena, ed. Ultima Crociata
Notiziario dell'Associazione ex Combattenti Decima Flottiglia MAS n°8
 
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