Creato da decimacomandante il 28/04/2008

Decima Flottiglia...

per l' Onore d' Italia

 

 

NUOVO ORDINAMENTO DELLA DIVISIONE “DECIMA”

Post n°162 pubblicato il 23 Gennaio 2009 da decimacomandante



L’ impiego in Piemonte e in Venezia Giulia aveva evidenziato l’ efficienza del gruppo tattico a livello di battaglione con aliquote di artiglieria e genio dipendenti dal comando di fanteria. In evoluzione a questo assetto nel febbraio 1945 la Divisione Xa assunse una nuova configurazione operativa dividendosi in due gruppo di combattimento.


Il I° gruppo comprendeva i battaglioni di Fanteria di Marina “Barbarigo”. “Lupo” e “NP”, il gruppo artiglieria “Colleoni”, una parte del “Freccia” , al suo comando fu nominato il CC De Giacomo ed era destinato al fronte della Romagna.


Il II° gruppo era formato dai battaglioni  “Fulmine”, “Sagittario” e “Valanga”, dai gruppi di artiglieria del “San Giorgio” e del “Da Giussano” e dalla restante parte dell’ organico del “Freccia”, al suo comando era il CC De Nartino 3 se ne prevedeva il ritorno in Venezia Giulia, dopo una prima destinazione tra Bassano e Thiene.


Al comando di Divisione facevano capo il Quartier Generale, i depositi e i complementi del “Castagnacci”. Il Ministero delle FFAA nomino’ comandante di divisione il gen. Brig. Corrado.

 
 
 

Post N° 161

Post n°161 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

Ma i migliori di noi non son tornati:

li abbiam sepolti in una fredda sera

sotto Tarnova, e dormono placati

nel sogno, avvolti dalla lor Bandiera.

 
 
 

Post N° 160

Post n°160 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

15.- La Xa lascia la Venezia Giulia (*)

A Gorizia i rapporti con i tedeschi ricominciarono ad essere tesi… In un settore tanto movimentato militarmente si sovrapponevano contrasti etnici e piani a lunga scadenza. La presenza della “Decima” aveva un peso decisamente politico! Cio’ non piaceva assolutamente a chi pretendeva di avere una posizione preminente.

Ci fu un enensimo incidente, ancora per la bandiera italiana: il TV Montanari, Capo Ufficio Operazioni, fece intervenire da Salcano una compagnia del “Barbarigo” per bloccare il solito tentativo dei tedeschi di far ammainare la bandiera italiana che sventolava sulle caserme e sui comandi della “Decima”.

Peggiori ancora erano i rapporti con gli slavi alleati dei tedeschi che, forti della protezione di questi ultimi, ostentavano apertamente disprezzo per i militari italiani. La reazione della “Decima” in questi casi fu sempre decisa e immediata, si arrivo’ a violente zuffe e si sfiorarono scontri a fuoco.

All’ ospedale militare i feriti delle due etnie dovevano essere rigorosamente tenuti separati.

L’ atteggiamento dei domobranci non differiva sostanzialmente da quello dei comunisti del IX Korpus: le loro mire espansionistiche coincidevano, la - Slavia Veneta secondo loro - aveva per confine il Tagliamento e questo doveva essere l’ assetto politico a fine guerra.

 

Il C.te Borgese nel 1947 in un suo manoscritto ricorda la situazione in questi termini:

 

“Le autorita’ politiche austriacanti, non riuscendo a spuntarla per altra via e decise a sbarazzarsi di questi “pericolosi italiani”, ricorsero allora ad un altro sistema, gia’ in uso da parte della polizia del vecchio impero absburgico, di servirsi di agenti provocatori per far affluire decine di denunce contro gli uomini della Decima, accusandoli di ogni specie di crimini, dal saccheggio allo stupro, dall’ omicidio all’ incendio doloso; si arrivo’ all’ assurdo di denunciare un marinaio della Decima di essersi pubblicamente fatto vanto di aver gia’ ucciso sei ufficiali tedeschi e di essere in agguato per raggiungere al piu’ presto il record di dieci!

Questa campagna porto’ a maturazione i piani della cricca politica austriacante. Verso la fine del gennaio ’45 il Gauleiter Rainer chiedeva ufficialmente, mediante telegramma al plenipotenziario militare germanico, generale Wolff, il ritiro della Divisione Decima dalla Venezia Giulia e il suo trasporto a ponente del Tagliamento.”

 

Lo stesso andamento della guerra, nettamente sfavorevole ai tedeschi, favoriva la richiesta di ainer. L’ avanzata russa nei Balcani faceva arretrare consistenti reparti tra cui l’ intero II corpo dei cetnici (forte di circa 8.000 uomini) che furono concentrati a Postumia e anche i superstiti dei volontari spagnoli della Divisione Azzurra delle Waffen SS. Tutte queste truppe potevano sostituire la “Decima” nelle azioni di contrasto al IX Korpus sloveno.

 

Prima di lasciare Gorizia il comandante Scarelli fece defilare in parata per la citta’ i suoi reparti. Furono portate corone al monumento ai caduti della Grande Guerra che gli slavi filotedeschi avevano fatto saltare nell’ agosto del ’44. La popolazione di Gorizia espresse apertamente solidarieta’ e dispiacere per la loro partenza.


 

(*)  Nota dovuta – polemica, ma senza rancore!

Venezia Giulia non e’ un appendice di Friuli – e’ una vecchia storia, ma - da quando l’ assetto regionale ha riunito in una sola entita’ il Friuli e quel che restava della Venezia Giulia - sembra che per cronisti, giornalisti, scrittori, annunciatori, commentatori sportivi… piu’ in generale per la maggior parte degli italiani… esista solo il Friuli e non ci si ricordi’ piu’ che esiste anche la Venezia Giulia di cui Trieste e’ la citta’ principale (pur essendo nel contempo la capitale della Regione Friuli Venezia Giulia) Trieste che non e’ una citta’ friulana, con tutto il dovuto e sentito amore per gli amici di Udine e di Pordenone e per quelli di Gorizia, anche’essa per decenni in oblio con tutto l’ Isontino!

 


 
 
 

Post N° 159

Post n°159 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

14.- La tragica sorte dei feriti del “Fulmine”

Solo allora si seppe qual’ era stata la sorte dei feriti del “Fulmine”.

La raccontarono due superstiti che, sentendo arrivare i titini, si erano rannicchiati sotto un acquaio tirandosi addosso una tavola di legno.

I partigiani entrarono armi in pugno e urlando che dovevano uscire tutti. Tra loro c’era uno che parlava con chiaro accento toscano e a lui uno dei feriti chiese “Chi sei? Sembri fiorentino! Perche’ stati con gli slavi?”

Urlando i titini ordinarono ancora una volta di alzarsi e di uscire in strada. Il GM Marzo cercando di sollevarsi disse loro che erano tutti militari feriti e che era loro dovere aiutarli. La risposta fu una raffica di mitra che fece tacere l’ ufficiale e uno ad uno tutti gli altri maro’ feriti.

La stessa sorte tocco’ agli altri militari italiani che giacevano feriti nella case semidistrutte di Tarnova.

Massacrati senza pieta’ dagli sloveni e dai partigiani comunisti italiani che li fiancheggiavano. I corpi martoriati buttati nella neve, nudi.

Di tanti di loro non si seppe mai piu’ nulla ne’ mai furono ritrovati i corpi o – ammesso che ce ne fossero stati - i luoghi di sepoltura.

Si seppe anche della fine del GM Valbusa, lo racconto’ qualche giorno dopo una ragazza di nome Slaviska, che era diventata amica di Zarini, uno dei maro’ del “Fulmine”.

Valbusa era stato con il Regio Esercito in Montenegro e in Croazia dove ne aveva viste di attrocita’ commesse sui prigionieri! Piu’ volte aveva detto che lui, piuttosto di cadere prigioniero nelle mani degli slavi, preferiva spararsi. Quando gli attaccanti irruppero nella casa dove erano asserragliati, visti cadere tutti i suoi uomini, egli appoggio’ la canna della sua Beretta sotto la gola e si sparo’ l’ultimo colpo rimasto.

 
 
 

Post N° 158

Post n°158 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

13.- La “Decima” ritorna a Tarnova

All’ alba dal San Gabriele il comando del “Barbarigo” pote’ rendersi conto della situazione.

Individuati gli appostamenti dei partigiani titini fu dato l’ ordine di aprire il fuoco con i mortai che li centrarono ripetutamente.

Dal San Daniele il “Sagittario” riusci’ a scendere su Raunizza dove dovette fermarsi.

Da Moncorona sali’ il III Battaglione del 15° Reggimento della polizia tedesca che costrinse la brigata partigiana “Gradnik” a ritirarsi per evitare l’ accerchiamento. I titini che si ritiravano verso Zagorje allo scoperto nella neve furono bersagliati dai tiri dei mortai del “Barbarigo” e subirono pesanti pedite.

Il “Sagittario” riprese la marcia e raggiunse la strada tra Raunizza e Sadove sulla quale affluivano i titini in ripiegamento. Con l’ appoggio di un carro tedesco i maro’ impegnarono efficacemente il nemico e poi proseguirono verso Tarnova dove entrarono mentre da opposta direzione vi affluiva anche una pattuglia di alpini del “Tagliamento”.

 
 
 

Post N° 157

Post n°157 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

12.- Un ultimo caposaldo del “Fulmine” combatte ancora!

La stessa notte il III battaglione della 10° reggimento della polizia tedesca passando per Sambasso e Vittuglia giunse a Carnizza e Rialzo.

Proseguendo giunse di prima mattina da Est a Tarnova.

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I partigiani sorpresi a far bottino fuggirono precipitosamente e cosi’ fu liberato anche un ultimo caposaldo del “Fulmine” che ancora resisteva mantenendo la posizione e dando filo da torcere ai titini.

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Dei 214 uomini schierati a Tarnova dal “Fulmine”: 86 caddero in combattimento e 56 rimasero feriti.

Le perdite slovene non furono mai rese note dal comando del IX Korpus.

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 (foto archivio C. Panzarasa)

 
 
 

Post N° 156

Post n°156 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

11.- In marcia verso Gorizia

I maro’ si avviarono verso Sud-Ovest, la luna illuminava la fila di uomini e tutti si aspettavano una grandinata di fuoco. Non successe nulla. Alcune pattuglie furono distaccate per fiancheggiare la colonna, nel timore di nuove sorprese. Non c’era ombra di partigiani! Chi si volto’ a guardare indietro vide Tarnova completamente in fiamme.

Le difficolta’ iniziarono entrando nella foresta. La neve alta rallentava la marcia e gli uomini sprofondavano sino alle ginocchia. In coda alla colonna gli sloveni si fecero vivi aprendo il fuoco al grido solito ossessionate di “Juriiis… juriiiis!”, ma la sparatoria cesso’ presto.

La marcia fu lunga e terribilmente faticosa tra buche, viluppi di piante, dirupi e marciarono tutta la notte. Alle prime ore del mattino giunsero su una strada che li porto’ ad un posto di guardia tedesco dove ebbero finalmente qualcosa da mangiare. Da li telefonarono al comando di Gorizia.

Mandarono due autocarri a prenderli. Ne bastava uno solo!

  

 
 
 

Post N° 155

Post n°155 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

10.- Tarnova della Selva – la “Decima” ripiega

Nella notte sul 21 gennaio molte case di Tarnova erano in fiamme. I ragazzi del “Fulmine” avevano subito perdite paurose e continuavano a combattere. Parecchi nidi di fuoco e poizioni esterne di difesa erano caduti, i partigiani slavi si infiltravano pericolosamente tra le strade del paese… le munizioni erano pressoche finite. Non c’erano notizie di rinforzi in arrivo.

Il comandante Bini consulto’ gli ufficiali che aveva vicino e si decise di tentare di uscire dal cerchio di fuoco, riunendo tutte le forze superstiti e individuando un punto di minor resistenza degli assedianti. Era  forse la sola via per portare in salvo almeno una parte dei superstiti di quelle durissime giornate di battaglia.

Furono mandati portaordini per informare le postazioni piu’ isolate che ancora resistevano: ripiegare verso il centro di Tarnova!

Una manovra difficile e per qualcuno quasi impossibile…

Il GM Valbusa, che comandava un plotone di mitraglieri della 3° Compagnia dei “Volontari di Francia” chiese al collega Crea alcuni uomini per poter tenere piu’ a lungo la posizione e facilitare il ripiegamento degli altri. Crea a malincuore mando’ otto maro’. Nel momento critico dello sganciamento la squadra fu circondata e sopraffatta (cosi’ almeno nella ricostruzione storica)

I corpi dei maro’ non furono mai ritrovati!

 

“Uno di loro, Domenico Verrando, carissimo compagno fin dai primi giorni della nostra partenza da Parigi, mentre noi ripiegavamo in mezzo alle case che bruciavano e ai titini che urlavano in italiano “Arrendetevi!”, dall’altra parte della strada, saranno stati cinque o sei metri, forse sfuggi’ per un attimo alla loro sorveglianza e ci grido’ “Ne nous laissez pas, les gars! Venez nouz chercher! Ne nous laiss…” e la voce si fermo’ di colpo, come strangolata”

Relazione Amos Calcinelli, 22 maggio 1984  

 

Per tentare la sortita occorreva togliere di mezzo uno dei bunker che era stato occupato dagli sloveni. Il comandante Bini diede l’ incarico al GM Crea e al suo plotone.

Nel bunker era stata piazzata una MG42 tedesca con una cadenza di tiro impressionante. L’ attacco frontale era improponibile. Come soleva fare Crea si consulto’ con i suoi uomini. Il cielo era sereno e splendeva la luna, quanto sarebbe stato meglio se la tormenta di neve avesse continuato ad imperversare! Furono recuperate camicie da notte e lenzuola per mettere insieme una qualche mimetizzazione bianca.

Zarini e Cottini che erano stati gli ultimi a lasciare il bunker affidato al loro plotone si offrirono per andare ad attaccare quest’ altro bunker.

Il GM Fumagalli mise a disposizione una cassetta di bombe a mano tedesche (quelle col manico di legno che molti chiamavano “ballerina”).

Fu concertata l’ azione di appoggio: una Breda 37 piazzata su un terrazzo che dominava la zona. I due maro’ intanto si preparavano legando in un mazzo una bomba tedesca e sei bombe a mano italiane.

La Breda 37 prese a sparare verso una delle feritoie del bunker nemico mentre tutti gli altri maro’ si misero ad urlare per attirare su di se’ l’ attenzione dei nemici.

Cottini scivolo’ verso il lato del bunker dal quale non si sparava, giro’ fino a trovare una feritoia… strappo’ la sicura e infilo’ l’ ordigno: un forte scoppio e da li non sparo’ piu’ nessuno!

Dopo tanto rumore una pausa di silenzio. 

 
 
 

Post N° 154

Post n°154 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

9.- Altri reparti italiani operano in appoggio alla “Decima”

Dalle valli vicine altri reparti italiani la’ di presidio intervennero per cercare di alleggerire la pressione nemica sugli uomini che combattevano a Tarnova

Da Baccia il battaglione bersaglieri “Mussolini” distacco’ una numerosa pattuglia che raggiunse Chiapovano

Il reggimento alpini “Tagliamento” impegno’ una cinquantina di uomini della 4 a e 5° compagnia del battaglione “Vipacco” di presidio a Montespino, erano alpini specialisti in azioni antiguerriglia al comando del ten. Tonini. Assieme ad elementi del “Kampfgruppe Heine” provenienti da Idria ebbero il compito di fare sicurezza, cioe’ impedire ai partigiani slavi di infiltrarsi verso Tarnova per sorprendere reparti in fase di ripiegamento. Suddivisi in piccoli nuclei si appostarono da Locavizza a Aidiussina attraverso la zona di Monte Rotondo - Monte Signa – Cima Spiciasti e avanti fino a Godovici. In una serie di imboscate inflissero ai partigiani numerose perdite ed ebbero quattro caduti.

 

 
 
 

Post N° 153

Post n°153 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

8.- Tarnova della Selva, 20 gennaio 1945

Alle prime luci del 20 gennaio riprese il martellamento dell’ artiglieria e gli scontri si fecero subito aspri. La stanchezza e la fame pesavano fortemente.

I titini attaccavano continuamente urlando selvaggiamente come ossessi il loro grido “Na juris” (all’ attacco).

La superiorita’ del numero e dell’ armamento si faceva sentire sempre di piu’. Un altro vantaggio per i partigiani del IX Korpus  era la possibilita’ di darsi il cambio inviando in prima linea forze fresche e riposate, ben armate ed equipaggiate… 

Agli uomini della “Decima” arrivava solo la notizia che i rinforzi erano bloccati ed incontravano enormi difficolta’

La situazione diventava sempre piu’ critica per i ripetuti assalti in massa che soverchiavano le possibilita’ di difesa dei nidi di fuoco dei maro’

Alcune posizioni vennero perdute e non c’erano forze per contrattaccare.

La sensazione che non ci fosse via d’uscita era in tutti gli uomini della Decima che pero’ non riducevano gli sforzi e combattevano senza sosta.

Con alcune puntate verso le strade del paese i titini assalirono i maro’ da retro.

Gli sloveni spogliavano gli italiani caduti e ne buttavano i cadaveri nudi - spesso martoriati e selvaggiamente seviziati - nella neve. I nostri portavano i nemici morti davanti alla chiesa del paese per permettere ai loro compagni di recuperarli.

La brigata “Gradnik” aveva occupato il San Gabriele per poter prendere alle spalle eventuali reparti italiani che avessero percorso la strada per Sadove e Tarnova.

Il “Barbarigo” che – in assenza del comandante Cencetti – era agli ordini del STV Tajana, si avvicino’ per prendere il San Gabriele. Mandando avanti alcune pattuglie e poi le compagnie si raggiunse denza difficolta’ l’ anticima di Col Grande. Ma sulla vetta i titini erano ben appostati.

Fu chiesto l’ appoggio dell’ artiglieria, la batteria del “San Giorgio” sparava con i pezzi piazzati completamente allo scoperto, tanto che le sventagliate di mitra battevano sullo scudo frontale. Puntamento diretto e fuoco a volonta’!

Quando l’ azione dell’ artiglieria’ rese piu’ modesto il fuoco di sbarramento sloveno il “Barbarigo” mosse all’ assalto e riconquisto’ la vetta. L’ azione costo’ la perdita del GM Piccoli e del sc Chiesa e numerosi furono i feriti.

I partigiani comunisti rimasero abbarbicati su pochi metri di terreno sotto la cresta.

Una parte della 1° compagnia del “Valanga” prese posizione sulle pendici del monte.

Contemporaneamente il “Sagittario” aveva occupato il San Daniele ma lo sbarramento sloveno e l’ afflusso di riserve fresche della “Gradnik” impedi’ di avanzare oltre. Tra i feriti in questa azione vi fu il TV Franchi, comandante del “Barbarigo”

L’ artiglieria della “Decima” e quella tedesca svilupparono un intenso fuoco di interdizione attorno a Tarnova.

Una colonna del 4° Reggimento MDT con appoggio di qualche piccolo reparto tedesco inizio’ l’ azione di aggiramento a Nord scontrandosi con i partigiani comunisti della “Buozzi” infliggendo loro pesantissime perdite.

All’ imbrunire del 20 gennaio i maro’ sul San Gabriele e sul San Daniele tenevano le posizioni conquistate.

La bora soffiava gelida e tagliava il viso come una lama

Turbini di neve sollevati dal vento toglievano la visibilita’

Quelli che potevano concedersi qualche momento di riposo cercavano riparo tra i resti delle trincee della Grande Guerra

Da Valdobiadene arrivarono in rinforzo due compagnie di “NP” , la 2° ando’ col “Barbarigo” la 3° ando’ con il “Sagittario”.

A notte inoltrata sul San Gabriele inizio’ a sparare una mitragliera accompagnata da raffiche di armi automatiche. Fu lanciato un razzo verde, un altro segnale verde rispose.

Nel buio si udivano ordini gridati in tedesco… i maro’ rimasero interdetti non capendo chi stesse avvicinandosi alle loro postazioni. Poi un grido “Na prej!” (avanti! - in sloveno) e le mitragliatrici di Farotti entrarono in funzione stroncando l’ attacco sul nascere e infliggendo perdite ai titini.

 
 
 

Post N° 152

Post n°152 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

7.- La fine della prima giornata

A Tarnova lo scontro a fuoco si andava affievolendo, continuava a martellare l’ artiglieria e la Decima aveva messo fuori combattimento tutti i “partop” sloveni, poi – esaurite le munizioni – aveva smesso di sparare.

I titini comunicavano tra loro con razzi a paracadute di diverso colore che rendevano surreale il paesaggio in quella notte di di bagliori continui.

All’ alba i maro’ del “Fulmine” erano ancora sulle loro posizioni e in qualche caso riuscivano persino a contrattaccare.

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6.- I rinforzi restano bloccati.

Su autocarri erano partiti da Gorizia gli uomini del “Valanga” e tre carri armati tedeschi  (Xavier francesi, preda di guerra)

Nevicava forte e cio’ riduceva l’ andatura. Superata Sella Dol – tra Monte Santo e Monte San Gabriele – arrivarono ai margini di un campo minato posato dai titini. Il primo autocarro salto’ su una mina, non vi furono perdite. Ma un altro autocarro che seguiva salto’ anch’esso e vi furono morti e feriti.

I carristi tedeschi si rifiutarono di proseguire e i camion imbarcarono i feriti, invertirono la marcia e diressero verso Gorizia.

Reparti della Ia Compagnia e della “Serenissima” proseguirono a piedi nella tormenta di neve. Prima di Sadove furono investiti da un violentissimo fuoco nemico. Mitragliatrici nascoste in una casa e tiri di mortaio. Non era possibile proseguire. Un plotone rimase sul posto per fronteggiare i titini, il resto dei reparti arretro’ su Sella Dol dove giunsero anche gli uomini del “Barbarigo” e la batteria del “San Giorgio”. Tutti trovarono riparo nel casello della Milizia Confinaria nei cui paraggi furono piazzati gli obici.

 
 
 

Post N° 151

Post n°151 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

5.- Tarnova della Selva, 19 gennaio 1945

 

“Comincio’ alle 5.40 con un gran botto in mezzo al paese…”

Cosi Guido Bonvicini inizia il racconto della Battaglia di Tarnova della Selva e continua “…la neve ammorbidiva i rumori e non lascio’ capire se fosse un colpo di mortaio o una granata d’ artiglieria”

 

Poi venne attaccato il settore tenuto dalla Ia Compagnia e da quel momento non ci fu tregua: per ore ed ore le armi martellarono il paese, mentre gli attacchi si estendevano a tutto il cerchio delle case assediate.

Le armi italiane rispondevano colpo su colpo, la massima pressione era esercitata nel settore Nord-Est e qui gli assalitori dimostravano una forte determinazione nei contatti a distanza ravvicinata

La neve ed il vento facilitavano gli assalitori che erano visibili solo quando troppo vicini.

L’ impressionante volume di fuoco delle armi individuali e dei pezzi d’artiglieria faceva pensare che i titini intendessero liquidare la questione in breve tempo e spazzare via i reparti della “Decima” da Tarnova e dai suoi dintorni.

La reazione del “Fulmine” fu adeguata ed efficace, ma si intui’ subito che bisognava risparmiare le munizioni.

Verso le 16 – dopo dieci ore di combattimento – la bufera di neve sembro’ calare di intensita’ e dopo un pesante attacco gli sloveni arretrarono ritirandosi di poche decine di metri.

Gli sbarramenti di filo spinato erano stati spazzati via dal fuoco dell’ artiglieria. Il ghiaccio aveva bloccato i detonatori dei campi minati, le bombe a mano italiane si infilavano nella coltre di neve fresca senza scoppiare!

Si sentiva la carenza dei mezzi di comunicazione, radio e telegrafi erano inutilizzabili, si ricorreva a staffette e porta ordini che rischiavano la pelle ad ogni metro…

Tuttavia non vi furono gravi perdite da parte italiana in quella prima giornata, quasi solo feriti

I radiotelegrafisti riuscirono a mettersi in contatto con Gorizia: i rinforzi erano gia’ partiti con munizioni, infatti scarseggiavano granate per i mortai, il fucile anticarro Oerlikon era scoppiato, ma la speranza di veder arrivare truppe amiche sosteneva il morale dei maro’ alla fine di quella tremenda giornata.

 
 
 

Post N° 150

Post n°150 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

4.- Si avvicina la battaglia di Tarnova

La prima ricognizione del dispositivo di difesa diede al comando di battaglione elementi sufficienti per concludere che Tarnova era un brutta gatta da pelare!

La linea esterna era basata su fortini (alla tedesca chiamati impropriamente bunker) realizzati con pietrame a secco! Avevano circa 2 m di diametro e 1,80 m di altezza. Tre feritoie orizzontali e un tetto in lamiera posata su travetti di legno e tenuta in sede da grossi sassi.

In tutto c’erano 5 di questi “bunker” intervallati da nidi di fuoco a terra per uno o due uomini.

Gli accordi del comando di Gorizia disponevano che i rifornimenti di viveri e munizioni avvenissero ogni mercoledi’ e c’era da assicurare cibo anche a donne, vecchi e bambini rimasti nei paesi della zona!

I buoni rapporti tra maro’ le donne del luogo facilitarono inevitabilmente le informazioni che il nemico riceveva anche da alcuni ragazzini. Purtroppo cio’ lo si capi’ solo troppo tardi!

Le prime pattuglie vennero spinte lungo la strada per Gorizia allo scopo di assicurare la sua percorribilita’. Le esplorazioni si estesero poi sulle direttrici di Casali Nemci – Passo dei Turchi e Rialzo – Carnizza lungo strade e anche fuori delle strade. Molta fatica, poco riposo e nessun utile risultato ne’ alcuno scontro…

 

Qualcosa comincio’ a muoversi il 12 gennaio…

Le pattuglie piu’ esterne, verso Casali Nemci, furono attaccate, ma si trattava di sparatorie da lontano con rapido sganciamento dei reparti comunisti titini.

Il raggio delle esplorazioni fu allargato e spinto a 360 gradi. Nella notte caddero sull’ abitato alcuni colpi di mortaio e le sentinelle aprirono il fuoco nel buio.

Il giorno 13 gennaio, sotto una fitta nevicata” reparti dei “Volontari di Francia” si spinsero verso Casali Nemci e subirono un pesante attacco. Il loro rientro fu appoggiato dai mortai della 2° compagnia mentre gli sloveni si dileguavano nella boscaglia.

Rimasero feriti l’ ufficiale medico Silli e il maro’ Ubizzo colpito al braccio da un proiettile a testa seghettata (artigianalmente simile ai “dum-dum” usati dalle truppe del Negus e dagli inglesi in Africa) che fratturandosi in molte schegge dilaniavano le carni e frantumavano le ossa (per altro al bando secondo le convenzioni internazionali… per quel che potevano valere per le bande di partigiani titini!)

Il raggio delle ricognizioni si riduceva sempre di piu’ per la massiccia presenza e attivita’ in campo dei reparti del IX Korpus. La situazione era sotto controllo, ma le prospettive erano sempre piu’ dure.

Mercoledi’ 17 gennaio non arrivarono i rifornimenti.

Uscirono pattuglie col compito di riprendere il controllo della strada evidentemente tagliata dai titini. A poca distanza dal paese gli scontri furono violentissimi.

Il giorno 18 gli scontri si ripeterono, gli sloveni non si disimpegnarono ma proseguirono l’ azione per saggiare le difese esterne di Tarnova.

Riprese a nevicare pesantemente, soffiava sempre una bora gelida che rendeva difficilissime le attivita’ di pattuglia e penosi i turni di guardia.

Fino a quel momento i titini non avevano impegnato le armi pesanti, salvo qualche tiro di mortaio.

I reparti italiani della Decima sapevano di essere circondati e le comunicazioni radio con il comando erano rese ancor piu’ precarie dalle condizioni del tempo oltre che dalla scarsa affidabilita’ delle apparecchiature.

Le attivita’ di perlustrazione e gli scontri con i partigiani avevano fatto consumare molte munizioni.

I viveri erano finiti!

 

Alle 3 di notte – mentre imperversava una bufera di neve – si intravidero movimenti insoliti e si udirono raffiche di mitragliatrice nella zona della Ia compagnia. I maro’ risposero aprendo il fuoco, era impossibile mandare pattuglie per il rischio di perdersi nella tormenta. Dopo un po’ gli spari cessarono, salvo qualche tiro delle sentinelle…

 
 
 

Post N° 149

Post n°149 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

3.- Il “Fulmine” a Tarnova

I 211 maro’ del “Fulmine” e i tre radiotelegrafisti del “Freccia” si schierarono il 9 gennaio. In dotazione avevano una radio.

L’ armamento “pesante” era costituito da 4 mitragliatori Breda 37, 4 mortai CEMSA da 81 mm e 2 Brixia da 45 mm. In dotazione avevano inoltre: le armi individuali,  un fucile anticarro Oerlikon da 20mm e 17 mitragliatrici Breda da 30 mm.

In assenza del comandante Orni (ferito) il reparto era agli ordini del TV Bini. Mancava anche il comandante della 3° compagnia, GM Parello, in missione per ordine del comando e sostituito dal GM Verney

 
 
 

Post N° 148

Post n°148 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

2.- I piani del IX Korpus

Lo Stato Maggiore del IX Korpus capi’ che non poteva lasciare l’ iniziativa al nemico e si preparo’ alla controffensiva esercitando la massima pressione si Tarnova, piu’ esposta e sguarnita.

Il compito fu affidato ai partigiani della brigata “Kossovel” rinforzata con elementi di altri reparti tra cui guastatori e artiglieri.

In tutto piu’ di 1.000 uomini con una poderosa copertura di armi pesanti, cannoni, mortai, fucili anticarro,mitragliere e mitragliatrici.

Sin dal primo di gennaio gli aviolanci americani avevano rifornito i reparti titini.

Il “Fulmine” poteva contare su 214 uomini!

Nei giorni che precedettero l’ offensiva i titini disposero truppe in modo da impedire il passaggio a colonne che tentassero di andare in soccorso agli uomini del “Fulmine”

Per tali operazioni furono schierati reparti della “Preseren” e della “Garibaldi-Natisone” arrivata dal Friuli. Altri passaggi tra Montenero d’ Idria e la zona del San Michele furono bloccati da battaglioni della “Basovizza” e della “Gregorcic”

In questo modo i reparti della Decima schierati a Tarnova erano circondati e non vi era possibilita’ di portar loro aiuto da Gorizia o da altre localita’

 
 
 

Post N° 147

Post n°147 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

 

TARNOVA DELLA SELVA

 

1.- Il “Valanga” a Tarnova

Alla fine dell’ anno due compagnie del “Valanga” (la Ia del cap. Satta e la “Serenissima” del STV Busca) giunsero a Gorizia per dare il ambio ai “NP” che rientravano a Valdobiadene per prepararsi a schierarsi sul fronte Sud.

Le compagnie del “Valanga” erano agli ordini del cap. Rota.

Furono questi reparti, assieme alla batteria del “San Giorgio”, a prendere posizione in difesa di Tarnova. La “Serenissima” a presidio all’ ingresso del Vallone di Chiapovano, la Ia a Tarnova con alcuni telegrafisti del “Freccia”, per un totale di 120 uomini piu’ circa 60 artiglieri del “San Giorgio”

Tarnova della Selva era un paese all’ incrocio di quattro strade e contava circa 600 abitanti. In quei giorni la neve gelata ricopriva tutto, soffiava la bora e la temperatura era bassissima rendendo difficilmente sopportabili le condizioni meteorologiche.

Gli appostamenti difensivi erano a ridosso dell’ abitato, qualche varco era coperto da reticolati, ma il sistema di protezione era rimasto largamente incompleto e mancava materiale per completarlo, inoltre il terreno ghiacciato impediva di scavare trincee e camminamenti per collegare le postazioni esterne con le abitazioni a ridosso. Alcuni varchi difficilmente difendibili erano sistemati con piccoli campi minati sulla cui efficacia vi erano dei forti dubbi.

Il comando si colloco’ al centro dell’ abitato e fu costituito un nucleo di pronto intervento con una ventina di effettivi.

Vista la posizione infelice, dominata dalle alture occupate dal nemico e la scarsa diponibilita’ di uomini, assolutamente insufficienti per il compito loro assegnato, il cap. Satta ordino’ ai presidi esterni di inviare continuamente pattuglie in perlustrazione al fine di dare l’ impressione di essere molto piu’ numerosi.

Le pattuglie catturarono alcuni partigiani e non fu difficile capire che i “titini” stavano ammassando truppe.

Il comando di Gorizia venne informato della difficile situazione. Il 7 gennaio furono fatti affluire reparti del “Barbarigo” cui si uni’ lo stesso comandante Scarelli.

In una sortita verso Casali Nemci gli arditi del “Barbarigo” piombarono su una dozzina di partigiani comunisti slavi che stavano stendendo linee telefoniche. Fu evidente che l’ attacco era vicino.

Il “Barbarigo” fu fatto rientrare a Gorizia, il “Valanga” ebbe il cambio dal “Fulmine”. Poi fu fatta rientrare anche la batteria del “San Giorgio”

 
 
 

Post N° 146

Post n°146 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

Nuovo incidente per la bandiera

Visto che la Decima teneva esposta alla sede del suo comando la bandiera italiana, anche gli altri comandi militari italiani fecero altrettanto. I tedeschi ribadirono che ne’ la bandiera italiana ne’ quella slovena potevano essere esposte nel territorio del Litorale Adriatico e mandarono due ufficiali al comando divisionale della Decima per ordinare che la bandiera tricolore venisse ritirata.

Il CC Scarelli che aveva preso il posto di Carallo rifiuto’ di obbedire ad un ordine inaccettabile e i tedeschi se ne andarono minacciando ritorsioni.

Si ripresentarono infatti con una scorta armata. Scarelli inzio’ una lunga trattativa e alla fine invito’ gli ufficiali tedeschi ad affacciarsi alla finestra per mostrar loro che il reparto armato che li aveva scortati era completamente circondato da maro’ del “Fulmine” che avevano piazzato le armi tutto attorno alle truppe germaniche e bloccato ogni uscita dal comando di divisione della Decima.

Gli emissari tedeschi salutarono e sparirono rapidamente assieme ai loro uomini.

 
 
 

Nota

Post n°145 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da decimacomandante

Non e’ stato facile ricostruire e riassumere tutte le vicende collettive e individuali che si possono leggere nei tanti – forse troppi, anche per una animosa faziosita’ partigiana di tanti sedicenti storici – testi, articoli e saggi che si riferiscono alla Battaglia di Tarnova.

Uno degli episodi piu’ complessi e tragici della difesa dei confini orientali d’ Italia. La “Decima” sostenne con poche forze, male equipaggiate e poco armate un poderoso sforzo di sfondamento degli sloveni del IX Korpus appoggiati da tanti traditori italiani che si erano messi agli ordini del maresciallo Tito.

Di questo parleremo piu’ approfonditamente quando’ sara’ il momento di raccontare della strage di Porzus e non solo di quella.

La difesa di Tarnova fu forse solo un disperato gesto di eroismo di chi oramai era consapevole che tutto era perduto… ma quegli uomini avevano preso le armi “per l’ Onore d’ Italia”

Ricorrono a breve gli anniversari… tra qualche giorno saranno trascorsi ormai 64 anni da quegli eventi e ancora non e’ nota la sorte o il luogo di sepoltura di decine di italiani feriti e fatti prigionieri dai partigiani titini.

 C’e’ sempre chi si presta al negazionismo di comodo e allora le Foibe sono una invenzione della propaganda neofascista italiana, come continuano a scrivere squallidi personaggi che trovano sempre ampia ospitalita’ sulle pagine di certi quotidiani italiani.

 C’e’ sempre chi – nel nome della fratellanza tra i popoli – invita a dimenticare… No! Non si puo’ dimenticare e se mai potra’ essereci una riconciliazione questa dovra’ passare per il leale riconoscimento dei torti reciproci.

Da parte italiana i torti commessi ai danni delle popolazioni slave dell’ ex Jugoslavia sono stati ampiamente riconosciuti. Sull’ altro fronte continua una ostinato silenzio e solo casualmente si scoprono - ancora - resti umani nelle cavita’ di queste terre insanguinate…  e quel poco che a quei resti rimane attaccato, quasi sempre “parla italiano”!

 
 
 

Preghiera del Legionario

Post n°144 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da decimacomandante

Iddio, che accendi ogni fiamma e fermi ogni cuore,
rinnova ogni giorno la passione mia per l'Italia.
 
Rendimi sempre più degno dei nostri morti, affinché
loro stessi, i più forti, rispondano ai vivi:
“Presente”!
 
Nutrisci il mio spirito della tua saggezza
e il mio moschetto della tua volontà.
 
Fa più aguzzo il mio sguardo e più sicuro il mio piede
sui valichi sacri della Patria,
 
sulle strade, sulle coste, nelle foreste
e sulla quarta sponda, che già fu di Roma.
 
Quando il futuro soldato mi marcia accanto nei ranghi,
ch'io senta battere il suo cuore fedele.
 
Quando passano i gagliardetti e le bandiere,
che tutti i volti si riconoscano in quello della Patria,
 
la Patria che faremo più grande
portando ognuno la sua pietra al cantiere.
 
Oh Signore! Fa della tua Croce l'insegna che precede
il labaro della mia legione.
 
E salva l'Italia, l'Italia nel Duce
sempre e nell'ora di nostra bella morte.
 
E salva l'Italia, del Duce, nel Duce,
sempre e nell'ora di nostra bella morte.
 
Così sia. Così sia.

 
 
 

Post N° 142

Post n°142 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da decimacomandante

1945 – TARNOVA della Selva

1.- Penetrazione nella “zona libera”

L’ “Operazione Adler” aveva conseguito risultati complessivamente scarsi. La zona di Tarnova era stata percorsa in lungo e in largo, ma le perdite del nemico erano contenute. L’ ambizioso piano della distruzione del IX Korpus era stato rimandato in attesa di forze piu’ numerose. Tuttavia, approfittando dello scompiglio creato tra le forze partigiane, i comandi tedeschi intendevano attuare una metodica penetrazione allargando le basi di partenza di future azioni anti guerriglia.

Furono rinforzate le posizioni nel settore Sud, quello dalla Valle del Vipacco, nei capisaldi di Aisovizza; Sambasso e Aidussina. A Est venne istituito un presidio a Monte Nero d’ Idria. La base piu’ importante era quella di Tarnova che venne affidata alla “Decima”

Si cercava di tagliar fuori il IX Korpus dalla zona del Carso isolando la Selva di Tarnova

 
 
 

 

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Junio Valerio BORGHESE

Capitano di Corvetta

Nacque a Roma il 6 giugno 1906. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1923, nel luglio 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina ed imbarcò sull'incrociatore Trento.

Promosso Sottotenente di Vascello nel 1929, prese imbarco sul cacciatorpediniere Fabrizi e nel 1933, nel grado di Tenente di Vascello, imbarcò sui sommergibili Tricheco ed Iride; con quest'ultimo partecipò a missioni operative durante il conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando del sommergibile Vettor Pisani e nell'agosto 1940, promosso Capitano di Corvetta, ebbe il comando del sommergibile Sciré con il quale trasportò mezzi ed operatori nelle missioni di Gibilterra e di Alessandria.

Costituitasi il 15 maggio 1940 la X Flottiglia MAS per Mezzi d'Assalto, assunse il comando del Reparto Operatori Subacquei e con la promozione a Capitano di Fregata, anche quello della Flottiglia. Al comando dello Sciré trasportò ad Alessandria gli operatori subacquei che nella notte fra il 18 ed il 19 dicembre 1941 violarono la munitissima base navale inglese di Alessandria ed affondarono le due corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth.

Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e comandò, fino al termine del conflitto, la ricostituita X Flottiglia MAS. Posto in congedo mori a Cadice (Spagna) il 26-8-1974. E' sepolto nella Cappella Borghese di Santa Maria Maggiore in Roma.

 

C.C. J. V. Borghese

Motivazione della Medaglia d'oro al Valor Militare

Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoriuscita del personale. Durante la navigazione di ritorno, sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le difficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l'unità e il suo equipaggio.

Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d'ogni avverso evento.

Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre - 3 novembre 1940 

Altre decorazioni a riconoscimenti per merito di guerra:

  • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio 1938)
  • Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941)
  • Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).

 
 

L' idea dello "scudetto" con il teschio e la rosa rossa ci venne ricordando il comandante Todaro, Medaglia d' oro, una delle figure leggendarie della Decima ante 8 settembre.

Todaro, come Teseo Tesei, un altro dei nostri eroi, aveva lasciato a noi della Decima una traccia profonda ed indelebile. Todaro era il mistico di un determinato tipo di vita, che cercava piu' che la vittoria... una bella morte. "Non importa" ci diceva "affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa e' dimostrare al nemico che ci sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico di esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario". Tra l' altro, prima di cadere, ci aveva parlato del suo desiderio di coniare un distintivo dove apparisse l' emblema di una rosa rossa in bocca ad un teschio: "Perche' per noi" aveva detto " la morte in combattimento e' una cosa bella, profumata"

Nel suo ricordo, disegnammo cosi' lo "scudetto": E mai, forse, un distintivo fu "capito" e portato con tanta passione. Perche' sintetizzo' veramente lo spirito rivoluzionario, beffardo, coraggioso, leale che animo' in terra ed in mare, gli uomini della Decima repubblicana"

(J. V. Borghese)

 

Quando mi accorsi che attorno a noi si era creato il vuoto, che istituzioni, enti, comandi e cosi' via non esistevano piu'... capii che era necessario interpretare in senso rivoluzionario la nuova realta' e fornire agli uomini che stavano radunandosi attorno a me delle direttive atte a rompere decisamente con gli schemi di un passato e di una tradizione che non avevano retto alla prova dei fatti. Emanai cosi' alcune disposizioni fondamentali:                            

  1. Rancio unico per ufficiali, sottufficiali e marinai
  2. Panno della divisa uguale per tutti
  3. Sospensione di ogni promozione sino alla fine della guerra, fatta eccezione per le promozioni per merito di guerra sul campo
  4. Reclutamento esclusivamente volontario
  5. Pena di morte per i militari della Decima che vengano riconosciuti colpevoli di furto o saccheggio, diserzione, codardia di fronte al nemico

Il profondo significato morale e spirituale di queste disposizioni fu pienamente inteso dai volontari della Decima...!

J.V. Borghese

 
BIBLIOGRAFIA:
 
DECIMA MARINAI! DECIMA COMANDANTE!, di Guido Bonvicini, ed. Mursia
GLI ULTIMI IN GRIGIOVERDE - vol. II, di Giorgio Pisanò, ed. CEN,
BATTAGLIONE FULMINE - Xa FLOTTIGLIA MAS, a cura di Maurizio Gamberini e Riccardo Maculan, Editrice lo Scarabeo
BERSAGLIERI IN VENEZIA GIULIA 1943 - 1945, di Teodoro Francesconi, Ed. Del Baccia
GORIZIA 1940 - 1947, di Teodoro Francesconi, Ed. dell'Uomo Libero
NEL RICORDO DEL BATTAGLIONE FULMINE, a cura di Carlo A. Panzarasa ed Emilio Maluta
SOLI CONTRO TUTTI, di Nino Arena, ed. Ultima Crociata
Notiziario dell'Associazione ex Combattenti Decima Flottiglia MAS n°8
 
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