Creato da decimacomandante il 28/04/2008

Decima Flottiglia...

per l' Onore d' Italia

 

 

La Decima difende il Confine Orientale...

Post n°121 pubblicato il 30 Ottobre 2008 da decimacomandante

 
 
 

 

Post n°120 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

Nota personale: 

Ancora una volta i ricordi ed i racconti di mio padre.

Il ribelle da processare

Erano i primi mesi del ’45 ed era destinato in uno dei depositi militari della Decima dalle parti di Carpenedo (VE).  Ricevette l’ ordine di prepararsi  per  tradurre a Pola un ribelle catturato che doveva essere processato dal tribunale Militare.  L’ indomani gli avrebbero messo a disposizione un autocarro ed un autista. La sera lo prese in disparte un ufficiale della “Decima” (non ricordava piu’ il cognome) che gli  disse piu’ o meno cosi’: “Se domani per strada succede qualcosa, non fate gli eroi!”

Al mattino, mentre l’ autista riscaldava il motore del camion, portarono il “ribelle”, un giovane studente veneziano, cosi’ almeno gli era stato detto, figlio di un fornaio. Il ragazzo, prima di salire sul camion si rivolse a mio padre chedendo: “…i te ga dito qualcossa  per mi?” Di botto la risposta di mio padre: “Si, de  portarte a Pola che i te devi  processàr”

Giunti in prossimita’ di un ponte da dietro un muretto – raccontava ancora mio padre – parti’ una raffica di mitra che sembrava solo un avvertimento… sparata per non far male a nessuno e per non colpire il camion, solo per costringerlo a fermarsi.

Memore dell’ avvertimento… non fece l’ eroe, ne’ lo fece l’ autista. Un balzo fuori dalla cabina e a rotoloni nel fosso. Non ci fu alcuna reazione, nessuna altra sparatoria… si rialzarono, salirono sul ciglio della strada: del “ribelle” nessuna traccia, degli assalitori nemmeno.

Con la comprensibile preoccupazione, proseguirono per Pola e fecero rapporto al comando. Mio padre si aspettava qualche dura punizione… in fin dei conti si era lasciato scappare un prigioniero, un partigiano da processare!  Gli furono concessi invece due giorni di permesso da trascorrere a Trieste, con i genitori e la fidanzata.  Al termine dell’ insperata licenza, rientro con l’ autista a Carpenedo, si presento’ all’ ufficiale che gli aveva affidato il prigioniero, riferi’ dell’ accaduto e ancora una volta non successe nulla.  Come se fosse gia’ stato tutto previsto, anzi – spiegava mio padre – organizzato.

Ma a che scopo? Chi era quel “ribelle” e soprattutto era davvero un “ribelle”.

Tentammo piu’ volte di trovare una risposta o almeno di sapere il cognome del giovane studente veneziano, per cercarlo, per vedere se era ancora vivo, se qualcuno sapeva della sua avventura… Non venimmo a capo di nulla. Passando gli anni nella mente di mio padre affioravano sempre piu’ lontani ricordi… Pisa, i bombardamenti di Livorno, le giornate a tirar da sotto le macerie donne, bambini e vecchi assassinati dalle bombe dei “liberatori” , l’ 8 settembre, il ritorno a piedi verso casa, la cattura da parte dei cosacchi, la tradotta verso la Germania, il bombardamento a Peri, ancora una volta a piedi verso Trieste, la decisione di arruolarsi nella Repubblica Sociale, i rastrellamenti sul Carso sloveno… gli occhi dei maro’ caduti, strappati dai titini e spediti ai commilitoni in piccoli pacchetti… le stelle rosse conficcate nelle orbite vuote, il trasferimento del suo reparto a Venezia, la fine della guerra, la “quarantena” titina di Trieste, l’ epurazione…

Ma di quel fatto, di quell’ episodio accaduto a poche settimane dalla fine di una guerra che sapevano oramai perduta… di quel comportamento cosi’ inusuale dei suoi superiori, non sapeva darsi ragione. 

Se ne e’ andato qualche anno fa con un dubbio: chi era davvero il figlio del fornaio? Un partigiano venuto a trattare con la Xa per concedere una via di uscita ai reparti? Uno della Xa che doveva infiltrarsi tra i partigiani, per trattare la resa o la comune azione contro gli slavi? O forse davvero un “ribelle” catturato e da processare a Pola…

L’ ipotesi che potesse essere qualcuno che, da una parte o dall’ altra, tentava di trovare un modo onorevole per uscire dalla tragedia e magari far fronte comune contro i titini era quella che lui avrebbe voluto fosse confermata

Mentre noi, io e voi, ancora potremmo avere dei dubbi, lui almeno la risposta – da Qualcuno e da qualche parte – l’ha sicuramente avuta!

 
 
 

Post N° 119

Post n°119 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

11.- I messaggi radio del maggiore “Nicholson” (*) 

 

…omissis…

 

b) la formazione non e’ filo-tedesca o fascista, ma crede in un forte Stato nazionale e combatte solo per arrivare a questo obiettivo.

c) ogni futura attivita’ contro i partigiani italiani patriottici verrebbe a cessare da parte dei capi della X Flottiglia Mas, verrebbe fatto uno sforzo per unirsi ai patrioti ed aiutarli contro le distruzioni da parte tedesca delle proprieta’ italiane e per salvaguardare il territorio italiano. Ogni sforzo verrebbe fatto per distruggere gli attentati totalitari al governo italiano da parte di forze comuniste, siano esse italiane o slovene.

d) le armi, gli ufficiali e la truppa verrebbero posti sotto il comando di qualunque forza patriottica che desideri giovarsi di essi. Nessun tentativo verrebbe fatto dalla Xa Flottiglia Mas per controllare in qualche modo il materiale e gli uomini cosi’ accettati.

 

“Nicholson” concludeva facendo presente la disponibilita’ della Xa ad inviare due suoi rappresentanti, assieme a “Verdi” e lui stesso, al quartier generale per discutere i modi per concretizzare una azione congiunta. La risposta fu ancora incerta, pur mantenendo aperta la porta della possibilita…  Allora “Nicholson” ribadi’ piu’ esplicitamente:

 

Relazioni tra italiani e sloveni molto tese sulla zona disputata qui, se ora il ministero degli Esteri non fa passi con i due governi qui vi sara’ guerra fra di loro appena i tedeschi se ne andranno, dal momento che entrambe le parti hanno deciso di occupare e tenere la zona disputata con la forza

 

Tra la fine di gennaio e la prima meta’ di febbraio 1945 i messaggi radio del maggiore “Nicholson” si fecero ancora piu’ pressanti, il 10 febbraio trasmetteva:

 

Ricevute oggi urgenti notizie da Mario (Mario Cenig), comandante 1° divisione “Osoppo” per immediata fornitura armi a seguito ordine Mac Pherson (capo della missione inglese) di  preparare azione combinata con Alleati contro imminente invasione slovena del Friuli ordinata da Tito

 

Seguivano note e riferimenti alla disponibilita’ operativa della Xa Mas e al Comandante Borghese battezzato in codice come “Willie”, tra l’ altro:

 

…i ragazzi di Willie hanno gia’ proposto una azione congiunta anti-slovena con la “Osoppo” e attualmente hanno preparato una linea di resistenza fortificata contro probabili attacchi sloveni. Tutti  ben disciplinati possono assorbire “Osoppo” in buona formazione militare…

 

Il documento testimonia come si dovesse vedere sul campo la situazione avendo gli occhi aperti e un cervello sveglio, ma le parole e gli appelli di “Nicholson” erano diretti a gente che viveva lontano e non intendeva impegnarsi per una Italia che considerava solo come nazione sconfitta.

Il capo missione fu chiamato a Caserta dove fu coinvolto in inutili ed interminabili discussioni. Passavano i giorni… parti’ per Londra quando la guerra volgeva al termine, nessuno di parte alleata e nemmeno nel governo italiano del Sud volle prendersi la responsabilita’ di una iniziativa coraggiosa!

 

La Xa Mas intanto aveva lasciato il Venento Orientale per entrare in azione ad est di Gorizia.

 

 

(*) Conservati al British War Museum di Londra, sono pubblicati anche nella gia’ citata opera di Ricciotti Lazzero e nelle altre opere che si indicano di seguito:

 

Marco Cesselli “Porzus, due volti della resistenza”

Aldo Moretti “Il problema delle zone di confine tra talia e Yugoslavia nella provincia di udine, nella ultima fase del conflitto” (in Storia contemporanea in Friuli anno V 1975 n. 6 pubblicato dall’ Istituto Friulano per la storia del movimento di liberazione in Friuli)

 
 
 

Post N° 118

Post n°118 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

 10.- Il maggiore Nicholson

E’ la figura che in questa vicenda assume rilievo particolare. I suoi messaggi dal Friuli al quartier generale della VIII armata sono improntati ad autentico realismo e illustrano la situazione con quell’ animo libero da preconcetti con cui era indispensabile affrontare le necessita’ del momento.

 

Dopo gli incontri tra “Verdi” e Morelli, che agiva su incarico del Comandante Borghese, “Nicholson” spedi’ un lungo rapporto in cui analizzava con chiarezza le intenzioni e le posizioni che la Xa aveva espresso nei contatti.

 

Bastera’ qualche stralcio del documento per mostrare come l’ ufficiale inglese si fosse fatto una idea esatta sulle possibilita’ offerte dal passo compiuto dalla “Decima”

 

 
 
 

Post N° 117

Post n°117 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

9.- I rapporti con la “Osoppo”

Nel 1948, al processo di Lucca per la strage delle Malghe Porzus, Candido Grassi (che con il nome di “Verdi” aveva tenuto il comando delle brigate “Osoppo”) disse di aver inviato al cap. Morelli, comandante del “Valanga” un memoriale:

 “Noi, in sostanza, chiedevamo che la Mas facesse arruolare i suoi uomini nelel nostre file, ove costoro avrebbero mantenuto il loro grado. Solo cosi’ facendo si sarebbe potuto difendere assieme i confini giuliani” (*)

I contatti quindi non rimasero circoscritti all’ intervento di Boccazzi presso la missione “Nicholson”, ma si estesero ai comandanti delle brigate “Osoppo” ed ebbero per argomento la difesa della Venezia Giulia.

Nel dopoguerra tali trattative furono sistematicamente negate o presentate come episodi marginali… E’ evidente che le trattative ci furono, se non ebbero seguito pratico andrebbe cercata la responsabilita’ di chi non fu capace di condurle fino in fondo con chiaro intendimento.

 

 

(*) Lazzaro Ricciotti “La Decima Mas” – Garzanti 1984

 
 
 

Post N° 116

Post n°116 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

8.- Assurde pretese dei comandi alleati

Le autorita’ della RSI non erano insensibili a questi problemi a sembravano incapaci di agire. L’ onere toccava alla Xa. Chi guardava agli anni della pace poteva capire che l’ azione del presente li avrebbe indirizzati in un modo o in un altro. Ma per non arrivare a questo occorrevano altre ali, che gli interlocutori di Borghese non avevano, imprigionati nel concetto della “lotta al tedesco invasore e al fascista suo servo”

In questo scenario e con queste prospettive partono i contatti e le trattative tra la “Decima” e le brigate “Osoppo”, Boccazzi ne fu tramite occasionale… lasciato libero sulla parola per dieci giorni ritorno’ dai suoi in divisa di ufficiale della Xa Mas… prese contatto a Udine con il suo superiore “Nicholson” che trasmise via radio agli inglesi le notizie dei contatti e le proposte. Dal Sud arrivarono disposizioni per le trattative

 

“Quale immediata prova di buona volonta’ da parte nemica si esige il passaggio delle formazioni fasciste in montagna per unirsi ai partigiani, cessazione quindi di ogni attivita’ di rastrellamento e di sevizie sui prigionieri. Alternativa: spostamento delle truppe al fronte con totale abbandono delle attivita’ repressive sulla popolazione e sulla resistenza” 

(Cino Boccazzi “Col di Luna – Cronaca partigiana dal Friuli 1944 – 45”)

 

In questi termini la proposta inglese appare assolutamente assurda.

 

Come poteva essere concepita la simultanea , totale migrazione in montagna di tutti i reparti della Xa Mas sparpagliati per l’ Italia Settentrionale? Anche riferendosi alla sola situazione della Carnia: a quale formazione partigiana si sarebbero uniti se rimanevano solo qualche sparuto gruppo disperso? Infine, in quale modo la Xa avrebbe potuto spostarsi subito al fronte? Bastava forse una telefonata a Kesselring… “sposta una tua divisione che mando la mia…” ? Assolutamente assurdo.

E’ lecito chiedersi se a Caserta nel quartier  generale degli alleati ci fosse qualcuno capace di interpretare la situazione quale veramente era sul campo.

E’ altresi’ probabile che – riferendosi alla presunta “vaga” risposta di Borghese – Boccazzi abbia esposto la situazione in modo tendenzioso, mentre la realta’ delle cose e’ molto piu’ complessa.

 
 
 

Post N° 115

Post n°115 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

7.- Trattative con la “Osoppo”

In una sua relazione il Comandante Borghese scrisse (*):

 

“Dai rapporti che mi erano pervenuti trassi la certezza che c’era ancora una carta da giocare. Tentare cioe’ di portare dalla nostra parte tutte quelle forze partigiane che ancora manifestavano sentimenti di italianita’ e si dimostravano refrattarie a false suggestioni di ordine ideologico. Decisi quindi di sondare quelle forze nazionali che combattevano e dicevano di voler combattere per arginare l’ invadenza slava e la prepotenza tedesca.”

(*)  Junio Valerio Borghese “La X Flottiglia Mas” dattiloscritto inedito.

 

Durante le operazioni erano finite nelle mani della Xa molte carte delle brigate “Osoppo” e “Garibaldi”, dalle quali traspariva la insanabile opposizione tra le idee delle due formazioni. Risultava chiaro come non si trattasse solo di un diverso modo di combattere, ma ci fosse invece una opposta visione dei fini del combattere.

Concluse le operazioni contro la “Zona libera della Carnia”, la Xa non aveva ragioni di lavorare per allargare la spaccatura tra le due tendenze, perche’ non esisteva piu’ l’ unita’ operativa e non esistevano piu’ nemmeno le brigate dei partigiani.

Si prospettava invece un compito ben piu’ importante, secondo Borghese: vedere se una parte delle forze impegnate nella guerra partigiana fosse sensibile ad una azione a favore dell’ Italia. Era oramai ben chiaro a tutti che l’ OF (Osvobodilna Fronta – Fronte di Liberazione sloveno) aveva come scopo primario lo spostamento della frontiera orientale  italiana al Tagliamento.

Occorreva chiarire la meta fondamentale di una lotta che non si esauriva nei fatti contingenti, ma si proiettava nel futuro come sistemazione per il dopoguerra.

Forse altri italiani in armi potevano capire che qui l’ Italia aveva come nemico principale quello che proclamava l’ aspirazione di mutilare largamente il suo territorio. L’ approssimarsi della fine doveva suggerire che gli intendimenti dei tedeschi erano destinati cadere, mentre le mire espansionistiche slave prendevano consistenza e realta’.

Prima che fosse possibile l’ accordo militare occorreva che venisse compresa la necessita’ di una convergenza politica che guardasse al futuro.

 
 
 

Post N° 114

Post n°114 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

6.- La cattura di Boccazzi

A conclusione del periodo… tra le operazioni poco impegnative del “Valanga”, ma non per questo meno importanti, merita rilievo per cio’ che ne segui’ la cattura di Boccazzi.  Questi era stato ufficiale medico della divisione paracadutisti “Nembo” ed ora faceva parte di una missione inglese in Carnia capeggiata dall’ ufficiale del genio Thomas John Roworth, nome in codice “maggiore Nicholson”.

A Chievolis era di stanza un plotone comandato dal serg. magg. Birotti, vecchio guastatore del XXXII battaglione, di quelli che nel giugno 1942 erano entrati per primi a Tobruk. Questo plotone aveva gia’ fatto delle puntate nella Val di Silisia intercettando partigiani isolati che tentavano di scendere in pianura. Il 14 dicembre, ritornato sugli stessi luoghi, noto’ con il binocolo due individui armati che scendevano per un prato. Mando’ due squadre di 4 uomini una a destra ed una a sinistra e fece aprire il fuoco con il mitragliatore. Uno dei due riusci’ a fuggire, l’ atro si rifugio’ dietro un masso ma alla fine fu catturato. L’ individuo era in divisa cachi inglese e si presento come “tenente Piave”.

Fu portato a Chievolis e da li a Redona. Un tribunale di guerra composto da cinque ufficiali lo giudico’ e sentenzio’ che non poteva essere condannato. A Vittorio Veneto lo prese in consegna il comandante Morelli che gli fece restituire il mitra, la pistola e le 50 mila lire che gli erano state trovate addosso. Gli diede la “liberta’ sulla parola” e lo condusse a pranzo al “Ristorante Toscano”. Un sottufficiale del “Barbarigo” protesto’ dicendo che non voleva badogliani nel locale, Morelli rispose che il prigioniero era in divisa, quindi a tutti gli effetti un legittimo belligerante e che per di piu’ era suo ospite… La sera Morelli lo fece dormire nel suo alloggio, poi fece arrivare a Vittorio Veneto i congiunti di Boccazzi e li sistemo’ con lui.

In quel periodo anche il cap. Satta tento’ di mettere le mani sulla missione inglese che si era rifugiata, assieme ad un bel gruppo di partigiani, nel paese di Poffabro.  La sorpresa notturna fu preparata con cura, ma non riusci’ sia per la scarsa precisione delle informazioni che per una accidentale raffica di mitra che mise tutti in allarme. Furono catturati solo undici partigiani, un soldato russo e tre tedeschi disertori.

 
 
 

Post N° 113

Post n°113 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

4.- Ottobre 1944

L’ inclemenza del tempo impediva gia’ durante l’ autunno del 1944 ampie azioni di rastrellamento e cosi’ si poteva prevedere che la “zona libera della Carnia” potesse rimanere tale per tutto l’ inverno. Per tale ragione si alleggerirono gli effettivi per non gravare sulle pur sempre limitate risorse e nello stesso tempo si approntarono i ricoveri per lo svernamento.

Nonostante le difficolta’ durante il mese di ottobre i tedeschi diedero inizio ad una serie di rastrellamenti sia lungo la Valle del Tagliamento, partendo da Tolmezzo ed Osoppo che da Nord attraverso Forcella di Rest e Sella Chianzutan. Con rapide incursioni le truppe germaniche penetrarono in Val Tramontina e in Val d’Arzino mettendo in crisi i sistemi difensivi dei partigiani e scatenando lo scambio pesante di reciproche accuse tra osovani e garibaldini.

 

 

5.- Novembre – Dicembre 1944

La “Decima” trasferi’ un suo comando operativo a Maniago e acquartiero’ i battaglioni “Valanga” e “Fulmine” a Meduno.

 

In Val Tramontina

Al “Valanga “ toccava il compito di entrare in Val Tramontina, al “Fulmine” quello di avanzare su Toppo e Travesio per attaccare verso Clauzetto e verso il massiccio del Ciaurlec. Contemporaneamente reparti tedeschi avrebbero appoggiato l’ azione nella bassa Val d’ Arzino.

Il comandante Morelli avvio’ la 2° compagnia del cap. Barbesino sulla destra della localita’ Del Bianco verso Forca Meduna. Fece poi avanzare al centro i due plotoni della 3° compagnia del ten. Palazzuolo. Un terzo plotone rimase di riserva a Meduno. Con mortai e pezzi da 47/32. La 1° compagnia del cap. Satta si portava a sinistra verso Racli. Alla periferia nord di Meduno erano piazzati quattro obici del “San Giorgio”

La zona era difesa da un battaglione della “Osoppo” al centro e due battaglioni della “Garibaldi” sui fianchi. La 2° compagnia el “Valanga” ebbe un primo, breve contatto a fuoco. La 1° - con l’ aiuto di un ragazzetto cui i partigiani avevano assassinato il padre – Sali per un ripido canalone alla Forcella di Monte Rossa senza trovare opposizione.

Il s.ten. De Simoni che avanzava con un plotone della 3° compagni lungo la rotabile fu impegnato in uno scontro a fuoco con gli osovani restando bloccato sino all’ arrivo di un altro plotone che batteva le alture circostanti. Il comandante di questo plotone (il s.ten Rodriguez) rimasto gravemente ferito nell’ azione fu sostituito dal s.ten. Dellani.  Anche i pezzi di artiglieria del “San Giorgio” appoggiarono l’ avanzata.

Il III plotone della 3° compagnia al comando del s.ten. Rossi, occupo’ Ponte Racli dal quale si erano ritirati i partigiani.

Il giorno seguente la 1° compagnia scese a fondovalle per le alture di Monte Pinada e fece una decina di prigionieri fermandosi poi ad aspettare il resto del battaglione.

 

Nel settore Ovest

Una azione a largo raggio viene affidata alla 1° compagnia del “Barbarigo” rinforzata con un plotone di mitraglieri.

Da Vittorio Veneto in camion per Longarone, Valle del Vajont, Cimolais e Claut e poi a piedi per la Val di Gere alla  Forcella Caserata dove si era gia’ posizionato un reparto tedesco con mitragliera da 20mm. Da qui i maro’ scesero per il Canal Piccolo nell’ alta Val Meduna.  In zona operava anche una compagnia appiedata della Polizia al comando di un giovanissimo capitano che, impegnata frontalmente da gruppi partigiani, subi’ gravi perdite e venne tirata fuori dalla brutta situazione per intervento delle mitragliatrici del “Barbarigo”.  Occupati Selis e Frasseneit la colonna si avvio’ in direzione di Tramonti di Sopra.

Intanto il “Fulmine” era entrato senza contrasto a Travesio e Toppo da dove prosegui’ verso Praforte assieme ad un reparto tedesco. Furono attaccati, risposero al fuoco senza subire perdite. Altri scontri ci furono verso Col di Presens e Col Spelàt. Proseguendo la marcia il battaglione entro’ a Clauzetto nel pomeriggio inoltrato del 29 novembre per poi riprendere la marcia verso Campone dove ci fu uno scontro vivace con i partigiani, risolto da un attacco frontale della 3° compagnia dei “Volontari di Francia” che costo’ ai partigiani alcune perdite.

 

A Tramonti di Mezzo

Riunito il “Valanga” nella zona di Tridis, l’ azione su Tramonti di Mezzo fu combinata con reparti tedeschi che inquadravano anche soldati cosacchi. Il 30 novembre entrarono in paese, dopo una breve sparatoria, i primi guastatori alpini che resero inutilizzabile anche un piccolo campo di aviazione in localita Pradileva.

Il giorno seguente la compagnia del “Barbarigo” e le altre truppe che scendevano per la Val Meduna si congiunsero con quelle che la risalivano.

 

La “Zona libera della Carnia”  tagliata in due.

Era il primo risultato dell’ avanzata dei battaglioni della “Decima” e dei reparti tedeschi.

Seguirono due giorni di “tregua” per consentire ai partigiani fuggitivi di raggrupparsi, giacche’ dalle informazioni avute dalla popolazione e dai prigionieri era chiaro il quadro dei luoghi verso cui si stavano dirigendo i superstiti.

 

Un plotone del “Valanga” al comando del s.ten La Serra arrivo’ alla casera sopra Spinepès poco tempo dopo che i partigiani l’avevano abbandonata. Li inseguirono sino a Stalle Lastreit  catturando solo 18 prigionieri, tra cui uno russo, ma molte armi e rifornimenti.

Ultime resistenze

Una sessantina di partigiani della “Garibaldi” respinti dal “Fulmine” era rifugiato a Palcoda nell’ alta valle del torrente Chiarzo’, piccolo gruppo di casere, base di vettovagliamento della “Garibaldi – Tagliamento”. Verso Palcoda si diressero – al comando del s.ten. Garibaldo – un plotone della 3° compagnia del “Valanga” ed un gruppo di mitraglieri. Le case furono circondate di notte mentre nevicava. La sorpresa fu assoluta e completa. Non ci fu praticamente reazione, inutili i tentativi di fuga che furono all’ origine delle perdite. Tra i partigiani caduti anche Battisti (Giannino Bosi) comandante del gruppo “Sud” e la sua compagna Paola (Jole De Cillia)

Nell’ interrogatorio dei prigionieri – davanti alla corte marziale del “Valanga” - furono individuati e riconosciuti dieci partigiani responsabili di specifici fatti criminosi, vennero fucilati, gli altri furono consegnati al comando divisionale.

I reparti della Xa presenti in zona continuarono la individuazione e distruzione di basi partigiane con pattuglie affidate a singoli plotoni. Dopo pochi giorni non c’era piu’ traccia di azioni dei ribelli che, gia’ scompaginati dalla complessa azione portata a termine dalla “Decima”, scesero in massima parte in pianura uscendo da quella che non era piu’  una “zona libera”. Molti entrarono nella TODT, dove si lavorava per i tedeschi e non si rischiava nulla, altri rientrarono alle famiglie. Elementi dispersi si rifugiarono nelle casere di alta montagna sperando che nessuno salisse a cercarli e di lassu’ scesero soltanto in primavera. 

 
 
 

Post N° 112

Post n°112 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

3.- La questione slovena

 

Le due formazioni erano poi assolutamente contrapposte sulla cosiddetta “questione slovena”, cioe’ sulla pretesa degli slavi di preparare il fatto compiuto affinche’ alla fine del conflitto la Yugoslavia potesse annettersi oltre all’ intera Venezia Giulia anche larga parte del veneto (da loro indicata come “Slavia Veneta”)

Gli attriti erano stati in parte superati, per la necessita’ di far fronte al comune pericolo, ed era nato un Comando di Coordinamento Unificato. Il merito di questo avvicinamento va attribuito ad una missione inglese che da tempo operava in zona ed aveva procurato numerosi lanci di materiale. A Tramonti di Mezzo era stato allestito un piccolo campo di aviazione cui era stato dato il nome della missione stessa “Bergenfield”

 
 
 

Post N° 111

Post n°111 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

2.- Osoppo e Garibaldi

 

I partigiani della “Garibaldi” erano di origine prevalentemente operaia, nelle file della “Osoppo” prevaleva il ceto medio ed erano numerosi elementi provenienti dall’ ex Regio Esercito che aderivano a queste brigate in opposizione a quelle di matrice comunista.

 

Le “Osoppo” godevano dell’ appoggio del clero e delle popolazioni locali, in larga parte contadini, ed avevano imparato a distinguere il loro modo di affrontare il combattimento cercando di risparmiare alle popolazioni le rappresaglie, al contrario i “garibaldini” (!) applicavano in modo intransigente la loro ideologia e coinvolgevano i paesi e i villaggi dove si trovavano.

 
 
 

Post N° 110

Post n°110 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

IN  CARNIA

C’era ancora da combattere italiani contro italiani!

 

1.- La “zona libera della Carnia”

Nell’ estate del 1944 i partigiani della Carnia tenevano una zona delimitata a nord dal corso del Tagliamento a est dal torrente Arzino fino alla sua confluenza nel Tagliamento, a sud dalla pedemontana da Pinzano alle colline sopra Maniago e a ovest dalla separazione tra bacino del Cellina e del Meduna.

Era un territorio aspramente montuoso inciso da valli profonde e incassate, con poche vie di comunicazione, difficile da penetrare. Vi agivano formazioni comuniste della “Garibaldi” e le brigate “Osoppo”, formazioni di caratteristiche nettamente diverse.

 
 
 

Post N° 109

Post n°109 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

5.- Il “Lupo” va al fronte

 

Il “Lupo” rientro’ a Torino quello stesso pomeriggio, il giorno seguente, alla assemblea del battaglione che si tenne nella Caserma Monte Grappa, fu annunciato che i reparti sarebbero presto partiti per il fronte. Le manifestazioni di gioia furono altissime!

 

“Gli Appennini ci aspettano e una guerra disperata. Ci siamo meritati questo premio credendo e resistendo per dieci lunghi travagliati mesi”

(Attilio Bonvicini “La Scelta” – Roma, Ed. Messa 1964)

 
 
 

Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

4.- Tra disonesta’ storica e obiettivita’

 

Mauri

Enrico Martini, ovvero Mauri, comandante degli “autonomi” che pretese di esserne anche lo storico, corona la sua esposizione dei fatti con queste parole: “…il nemico non doveva passare con i carri armati e le blindo, ci hanno battuti gli eventi, non i fascisti”  (E. Mauri “Partigiani penne nere” – Mondadori)

 

E’ un autentico esempio, certo non l’ unico, di disonesta’ storica. I carri armati e le blindo erano rimasti fermi sulla sponda sinistra del torrente Talloria ed erano arrivati in paese quando la fanteria era gia’ entrata ad Alba da tempo. In quanto agli “eventi”” e’ chiaro che questi si chiamano “Battaglione Lupo”!

 

Fenoglio

Il partigiano Beppe Fenoglio, che partecipo’ al fatto e poi scrisse come narratore che non aspira a lasciare documenti per la storia, nel suo “I ventitre’ giorni della citta’ di Alba” finisce il racconto mostrando un gruppo di partigiani che lasciano la citta’ e dalle colline vedono arrivare i carri armati L 6. Uno dei partigiani esclama: “O guarda, cosi’ avevano i carri e non li hanno nemmeno adoperati” . Lo stesso autore nel successivo libro “Il partigiano Jonny” ripete la scena quasi con le stesse parole.

 
 
 

Post N° 107

Post n°107 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

3.- Attacco

Il “Lupo” di notte con i camion si porto’ ai piedi della collina di Roddi che sovrasta la provinciale.  Mentre i camion rientravano per caricare gli uomini del “Fulmine”, la 1° compagnia “Lupo” inizio a salire la collina attraversando i vigneti. A contrastare l’ avanzata fuoco di mitragliatrice dal campanile di Roddi che cesso’ solo all’ ingresso dei maro’ in paese, quando i partigiani ripiegarono evitando il contatto.

Il TV Stripoli sistemo’ il comando a casa Cavallotti. Il ponte sul torrente Talloria fatto saltare dai partigiani rallento’ la marcia dei fucilieri di marina e fermo’ i carri e le autoblindo. Le altre compagnie e i RAU si disposero sulle colline a destra e a sinistra della provinciale.

Al primo finto attacco di un plotone, i partigiani risposero con un intensissimo fuoco di mitragliere e mitragliatrici, rivelando le loro posizioni.  I mortai di Jelenkovich aprirono il fuoco e dopo un po’ alcuni militi delle Brigate nere di presidio in zona chiesero di aggregarsi all’ azione.  Sotto il fuoco della 1° compagnia i partigiani abbandonarono la zona di San Casciano permettendo alla 2° compagnia di avanzare nella piana. La 3° compagnia completo’ l’ azione con una manovra di aggiramento sulle colline piu’ alte.

Sotto una pioggia battente lungo il Canale del Mulino gli uomini della Decima avanzavano per prendere sul fianco le posizioni tenute dai partigiani della Garibaldi e nello stesso tempo portare a termine un attacco frontale in mezzo ai campi allagati, in direzione del cimitero.

Solo pochi gruppi sparsi di ribelli continuavano a contrastare l’ avanzata. La 2° compagnia entro nella piazza centrale di Alba prima delle 13.30 sorprendendo sia il comandante Ruta che dovette far cessare i tiri dell’ artiglieria per non colpire gli uomini della Decima che la popolazione incredula… tanto da non aver capito subito chi fossero quei soldati, scambiandoli per rinforzi partigiani. (*)

Gli attaccanti avevano avuto 4 caduti: Il “Lupo” perse il serg. Pinon. Il “Fulmine” il s.c. Franchi, finito su una mina, mentre il cap. Consiglio e il milite Aulitano delle “Brigate Nere” finirono sotto il fuoco amico dei mortai a causa di colpi corti dovuti alle cariche bagnate.

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(*)   Si racconta che un gruppo di maro’ giunto al ristorante dell’ Albergo Savona, dove tutto era pronto per il pranzo, e si sia seduto ed abbia mangiato un ottimo risotto mentre il cameriere, strizzando loro l’ occhio, diceva “Quei briganti neri la’ possono aspettare per entrare ad Alba, vero? L’ equivoco si concluse a fine pranzo… con una gran risate e senza conseguenze per il cameriere.

 

(*) Al comando degli autonomi i maro’ trovarono un biglietto con scritto “Dobbiamo andarcene, ma vi assicuro che ritorneremo” era firmato da Mauri.

 

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“Non fu una grande battaglia. Ma pure nella guerra civile, che non vide alcuna grande battaglia, ebbe un suo rilievo, perche’ fu uno dei pochi scontri in campo aperto condotto tra truppe avverse bene addestrate e ben determinate” (Guido Bonvicini)

 
 
 

Post N° 106

Post n°106 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

2.- Trattative e preparativi militari

Le autorita’ repubblicane cercarono di arrivare ad una trattativa. Mediatore ancora il vescovo.  Due incontri con Mauri non portarono a nulla, al terzo il capo partigiano nemmeno si presento’.  Si profilava uno scontro che non era gradito a nessuna delle due parti.

Zerbino, alto commissario per il Piemonte, non disponeva di forze adeguate e addestrate, cosi’ si appoggio’ agli ultimi reparti della Decima che ancora non si erano trasferiti nel Veneto Orientale.

Al comando dell’ azione doveva essere il col. Ruta dei RAP (Raggruppamenti Anti Partigiani) con il suo I° Reparto di Arditi Ufficiali (RAU) appoggiato dal gruppo carri “M”  “Leonessa” della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) che schiero’ tre carri leggeri e due autoblindo.

La “Decima” poteva disporre in campo i battaglioni “Lupo” e “Fulmine” con parte del gruppo artiglieria “San Giorgio”

I reparti partigiani erano agli ordini di Fede (Enzo Bramardi) con sezioni di mortai e mitragliatrici pesanti americane. Attendevano che l’ attacco partisse da ovest, predisposero due linee di difesa  integrate da campi minati e zone allagate. La riserva era costituita da un gruppo della “Garibaldi”.

Il piano di attacco era semplice: avanzare sulla provinciale a destra del Tanaro, garantendosi la sicurezza sulle colline soprastanti la strada. Dopo Cantina di Oddi dispiegamento dei reparti a destra e sinistra della provinciale per ampliare il fronte di attacco cercando il punto debole dello schieramento partigiano.

 
 
 

Post N° 105

Post n°105 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

 

ALBA

 

S’era detto che il “Lupo” pur senza i servizi dei reparti gia’ trasferiti in Veneto, era rimasto in Piemonte… la ragione di cio’ nasceva dal fatto che proprio in ottobre si era creata una situazione che menomava gravemente il prestigio del governo della RSI. Le formazioni partigiane della Langhe, meglio note come “gli autonomi di Mauri” avavano occupato Alba e ne avevano fatto la loro …capitale

 

1.- La repubblica di Alba

Ad Alba erano di stanza due compagnie del battaglione alpini “Cadore” al comando del ten. Col. Redaelli. Dopo qualche decina giorni dal loro arrivo ricevettero l’ ordine di trasferirsi, senza che fosse previsto un altro reparto a mantenere il presidio.

I partigiani erano pronti ad impegnare i reparti in partenza e si temeva che lo scontro potesse avvenire casa per casa nel centro della citta’.  Il vescovo di Alba fece da mediatore per impedire cio’. Le autorita’ della RSI non intervennero. Il “Cadore” lascio’ Alba e il 10 ottobre vi entrarono i partigiani. Fu evitata uba battaglia, ma si era creata una situazione senza via d’uscita.

Segui’ un periodo in cui gli “azzurri” di Mauri (Enrico Martini) e i “rossi” di Nanni (Giovanni Latilla) costituirono due comandi separati, mentre la popolazione  costitui’ un “comitato” che doveva amministrare la citta’.  Nacque un giornale “La gazzetta Piemontese” e si diede il via alle prime epurazioni.

 
 
 

Post N° 104

Post n°104 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

5.- Strade, automezzi e carburanti…

 

Uno spostamento di 400 chilometri nell’ Italia Settentrionale di allora non sono immaginabili oggi. Le strade erano ridotte in condizioni spaventose e la manutenzione si limitava a riempire le buche provocate dai bombardamenti. Carcasse di veicoli sfondati e bruciati testimoniavano la sorte di chi si fosse trovato ad essere bersaglio dei frequentissimi mitragliamenti aerei. Si doveva viaggiare di notte e a fari spenti!

 

Superare i corsi d’ acqua era il problema maggiore. I ponti erano distrutti. Si usavano zatteroni a motore o ponti di barche gettati dopo il tramonto e smontati all’ alba per nascondere il materiale lungo le rive.

 

Non si puo’ dimenticare il problema dei mezzi e della loro eterogeneita’. Ogni reparto si era procurato autocarri e autovetture per conto suo… c’era bisogno di ogni sorta di carburante. C’era chi andava a benzina, chi a nafta chi con il gasogeno. 

 

Mancavano pezzi di ricambio. Lubrificanti e carburanti erano nelle mani dei tedeschi che li mollavano solo davanti ad argomenti poco ortodossi. Il rifornimento dei pneumatici… garantito comunque, rimane un mistero!

 
 
 

Post N° 103

Post n°103 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

3.- Ancora “Valanga”

 

Dopo che il “Tarigo” avava portato a termine l’ incursione in Val d’Ala fu ispezionato dal Comandante Borghese che elogio’ uomini ed ufficiali per la tenacia dimostrata. Finito l’ encomio Borghese chiese al C.te Morelli come poter premiare il battaglione. I marinai/alpini del “Tarigo” chiesero l’ onore di portare il cappello alpino con la penna, Borghese acconsenti’ e rimase stupito vedendo che quasi tutti gli uomini schierati davanti a lui stavano estraendo dalla giubba il vecchio cappello che avevano sempre portato con se’ per sostituirlo al basco di ordinanza. Allora il comandante, interpretando il desiderio dei suoi uomini, annuncio’ che il battaglione si sarebbe chiamato nuovamente “Valanga” e avrebbe adottato i gradi dell’ esercito.

 

Il “Valanga” si trasferi’ a Vittorio Veneto e gli fu assegnata una nuova compagnia del battaglione “Serenissima” di Venezia comandata dal STV Busca… dopo l’ addestramento i marinai chiesero di rimanere nel reparto alpino!

 


 

4.- Le penne nere…

I volontari piu’ giovani dei reparti del “Valanga” - cioe’ quelli che non erano ancora arruolati tra gli alpini all’ 8 di settembre – indossavano il cappello alpino, ma erano sprovvisti della inconfondibile penna! Provvide a cio’ il s. ten medico Maschi che con tre dei suoi uomini rapi’ due aquile al giardino zoologico di Corso Venezia a Milano…  e fece distribuire i trofei!

 
 
 

Post N° 102

Post n°102 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da decimacomandante

2.- Dal Piemonte al Veneto

 

Dal Piemonte partirono in un primo tempo i servizi della divisione e dei reparti prendendo stanza a Conegliano, Vittorio Veneto, Sacile e Valdobiadene. Il 23 ottobre si mosse anche il comando divisione che raggiunse Conegliano.

 

Il primo reparto operativo a partire fu il “Barbarigo” rinforzato da complementi e alcuni ufficiali e ora agli ordini del comandante Cencetti (ferito a Roma, operato a Gavardo dal col. med. Talarico) promosso Tenente di Vascello. Il 27 ottobre da Torino il “Barbarigo” raggiunse Milano su autocarri e sfilo’ per le vie cittadine. Ai primi di novembre arrivo’ alla Caserma Gotti di Vittorio Veneto.

 

L’ “NP” avava reso autonoma la compagnia “Ceccacci” che manteneva le sue caratteristiche di unita’ paracadutisti , ma aveva buona esperienza anche come fanteria di marina e si trasferi’ a Valdobiadene

 

La 2° compagnia del “Fulmine” fu dotata di motociclette, al comando fu nominato il TV Orru’ che nella vita civile era magistrato alla Procura di Portogruaro e San Dona’ (VE) e aveva lasciato la toga per arruolarsi!!!  Il reparto, ultimo a lasciare il Piemonte - perche’ impegnato nella riconquista incruenta di Locana gia’ rioccupata dai partigiani - giunse a Conegliano il 16 novembre.

 

Il cambio di comandante (se ne ando’ Fumai e assunse l’ incarico il TV Franchi, notaio fiorentino) creo’ malumore nel “Sagittario” alcune decine di uomini se ne andarono e il reparto con un organico di soli 400 elementi si schiero’ a Pieve di Soligo (TV)

 

A Conegliano inizio’ anche la riorganizzazione dei gruppi di artiglieria “Colleoni” e “San Giorgio”  integrati da uomini giunti da Bordeaux e posti al comando del STV Abelli (proveniente dalla “Folgore”) e dei GM Tafel e Rubini coadiuvati dal s. ten. Med. Bianchi. A Conegliano giunse anche il battaglione genio collegamenti “Freccia”

 

Il “Lupo” comandato dal TV Stripoli fu trattenuto a Torino, mentre i servizi del battaglione si erano gia’ spostati a Sacile. Per le sue compagnie c’era un compito particolare da assolvere… lo vedremo piu’ avanti!

 

A fine ottobre si sposto’ anche il battaglione dei guastatori alpini “Tarigo”

 
 
 

 

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Junio Valerio BORGHESE

Capitano di Corvetta

Nacque a Roma il 6 giugno 1906. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal 1923, nel luglio 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina ed imbarcò sull'incrociatore Trento.

Promosso Sottotenente di Vascello nel 1929, prese imbarco sul cacciatorpediniere Fabrizi e nel 1933, nel grado di Tenente di Vascello, imbarcò sui sommergibili Tricheco ed Iride; con quest'ultimo partecipò a missioni operative durante il conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando del sommergibile Vettor Pisani e nell'agosto 1940, promosso Capitano di Corvetta, ebbe il comando del sommergibile Sciré con il quale trasportò mezzi ed operatori nelle missioni di Gibilterra e di Alessandria.

Costituitasi il 15 maggio 1940 la X Flottiglia MAS per Mezzi d'Assalto, assunse il comando del Reparto Operatori Subacquei e con la promozione a Capitano di Fregata, anche quello della Flottiglia. Al comando dello Sciré trasportò ad Alessandria gli operatori subacquei che nella notte fra il 18 ed il 19 dicembre 1941 violarono la munitissima base navale inglese di Alessandria ed affondarono le due corazzate inglesi Valiant e Queen Elizabeth.

Dopo l'8 settembre 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana e comandò, fino al termine del conflitto, la ricostituita X Flottiglia MAS. Posto in congedo mori a Cadice (Spagna) il 26-8-1974. E' sepolto nella Cappella Borghese di Santa Maria Maggiore in Roma.

 

C.C. J. V. Borghese

Motivazione della Medaglia d'oro al Valor Militare

Comandante di sommergibile, aveva già dimostrato in precedenti circostanze di possedere delle doti di ardimento e di slancio. Incaricato di riportare nelle immediate vicinanze di una munitissima base navale nemica alcuni volontari, destinati a tentarne il forzamento con mezzi micidiali, incontrava nel corso dei reiterati tentativi di raggiungere lo scopo prefisso, le più aspre difficoltà create dalla violenta reazione nemica e dalle condizioni del mare e delle correnti. Dopo aver superato con il più assoluto sprezzo del pericolo e con vero sangue freddo gli ostacoli opposti dall'uomo e dalla natura, riusciva ad assolvere in maniera completa il compito affidatogli, emergendo a brevissima distanza dall'ingresso della base nemica ed effettuando con calma e con serenità le operazioni di fuoriuscita del personale. Durante la navigazione di ritorno, sventava la rinnovata caccia del nemico e, nonostante le difficilissime condizioni di assetto in cui era venuto a trovarsi il sommergibile, padroneggiava la situazione, per porre in salvo l'unità e il suo equipaggio.

Mirabile esempio di cosciente coraggio, spinto agli estremi limiti di perfetto dominio d'ogni avverso evento.

Mediterraneo Occidentale, 21 ottobre - 3 novembre 1940 

Altre decorazioni a riconoscimenti per merito di guerra:

  • Medaglia di Bronzo al Valore Militare (Mediterraneo occidentale, febbraio 1938)
  • Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia (Mediterraneo orientale, dicembre 1941)
  • Promozione al grado di Capitano di Fregata (1941).

 
 

L' idea dello "scudetto" con il teschio e la rosa rossa ci venne ricordando il comandante Todaro, Medaglia d' oro, una delle figure leggendarie della Decima ante 8 settembre.

Todaro, come Teseo Tesei, un altro dei nostri eroi, aveva lasciato a noi della Decima una traccia profonda ed indelebile. Todaro era il mistico di un determinato tipo di vita, che cercava piu' che la vittoria... una bella morte. "Non importa" ci diceva "affondare la nave nemica. Una nave viene ricostruita. Quello che importa e' dimostrare al nemico che ci sono degli italiani capaci di morire gettandosi con un carico di esplosivo contro le fiancate del naviglio avversario". Tra l' altro, prima di cadere, ci aveva parlato del suo desiderio di coniare un distintivo dove apparisse l' emblema di una rosa rossa in bocca ad un teschio: "Perche' per noi" aveva detto " la morte in combattimento e' una cosa bella, profumata"

Nel suo ricordo, disegnammo cosi' lo "scudetto": E mai, forse, un distintivo fu "capito" e portato con tanta passione. Perche' sintetizzo' veramente lo spirito rivoluzionario, beffardo, coraggioso, leale che animo' in terra ed in mare, gli uomini della Decima repubblicana"

(J. V. Borghese)

 

Quando mi accorsi che attorno a noi si era creato il vuoto, che istituzioni, enti, comandi e cosi' via non esistevano piu'... capii che era necessario interpretare in senso rivoluzionario la nuova realta' e fornire agli uomini che stavano radunandosi attorno a me delle direttive atte a rompere decisamente con gli schemi di un passato e di una tradizione che non avevano retto alla prova dei fatti. Emanai cosi' alcune disposizioni fondamentali:                            

  1. Rancio unico per ufficiali, sottufficiali e marinai
  2. Panno della divisa uguale per tutti
  3. Sospensione di ogni promozione sino alla fine della guerra, fatta eccezione per le promozioni per merito di guerra sul campo
  4. Reclutamento esclusivamente volontario
  5. Pena di morte per i militari della Decima che vengano riconosciuti colpevoli di furto o saccheggio, diserzione, codardia di fronte al nemico

Il profondo significato morale e spirituale di queste disposizioni fu pienamente inteso dai volontari della Decima...!

J.V. Borghese

 
BIBLIOGRAFIA:
 
DECIMA MARINAI! DECIMA COMANDANTE!, di Guido Bonvicini, ed. Mursia
GLI ULTIMI IN GRIGIOVERDE - vol. II, di Giorgio Pisanò, ed. CEN,
BATTAGLIONE FULMINE - Xa FLOTTIGLIA MAS, a cura di Maurizio Gamberini e Riccardo Maculan, Editrice lo Scarabeo
BERSAGLIERI IN VENEZIA GIULIA 1943 - 1945, di Teodoro Francesconi, Ed. Del Baccia
GORIZIA 1940 - 1947, di Teodoro Francesconi, Ed. dell'Uomo Libero
NEL RICORDO DEL BATTAGLIONE FULMINE, a cura di Carlo A. Panzarasa ed Emilio Maluta
SOLI CONTRO TUTTI, di Nino Arena, ed. Ultima Crociata
Notiziario dell'Associazione ex Combattenti Decima Flottiglia MAS n°8
 
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