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VISIONI DELL'ALDILA'

Post n°3 pubblicato il 21 Marzo 2009 da irsdd

Pare che intrattenersi sulla visione dell’aldilà, così com’è stata maturata nel tempo dall’uomo di ogni luogo, segnata da un simbolismo, che si ritrova nell’Avesta  come nel Folk-Lore europeo, come nelle leggende islamiche, e, soprattutto sulla concezione presente di essa, non sia più di moda. Chi si appresta a farlo, rischia di esser tacciato di inadeguatezza culturale, orientando il suo sguardo verso l’inattualità. Ma intrattenersi su immagini, simboli e segni dell’aldilà, in tempi, i nostri, in cui il mondo ultraterreno suscita l’interesse talvolta ossessivo del pubblico alimentato da film demoniaci, episodi di satanismo, fenomeni di possessione, movimenti laici, che propongono la santificazione di Grace Kelly o di Lady Diana, è veramente inattuale?

Se diamo uno sguardo alla concezione dell’aldilà attualmente presente nel nostro immaginario, si fa sùbito evidente la coesistenza di concezioni tradizionali e nuove. Tra rifiuto dell’esistenza dell’aldilà, persistenza di credenze folkloriche, immagini presenti nella letteratura medievale, ecco situarsi una concezione dell’aldilà, che si fa spesso coincidere con l’Inferno, regolato da un regime di vita simile a quella quotidiana. L’Inferno è qui con i dolori, le angosce, gli strazî, con cui noi stessi, stando insieme, segniamo la nostra vita. Quest’ultima concezione rende tutto più facile: l’Inferno è il nostro mondo, ne facciamo parte, ci siamo così abituati che non lo vediamo più. L’aldilà, insomma coincide con l’aldiquà, e viceversa. Le altre visioni della vita ultraterrena prevedono un rischio, che bisogna affrontare con cautela. Nella cultura cosiddetta popolare, che non necessariamente coincide con quella contadina, e che, per quanto aggredita da nuovi e pressanti processi di deculturazione, ancora resiste e, in alcuni casi, rinverdisce, l’aldilà, o mondo della verità, è separato da quello dei vivi e, al contempo, ad esso contiguo, tanto che fra di essi si aprono varchi. Al mondo dei morti si giunge attraverso la Via Lattea, il ponte sottile (di credenza più vasta e antica di quanto si possa immaginare), che l’anima deve attraversare con leggerezza. Il peso dei peccati la farebbe barcollare e precipitare giù fra le fiamme dell’Inferno. Ma ogni anima è buonanima. E se ha bisogno di suffragi, ecco il canale giusto per comunicare ai vivi il suo stato nell’altro mondo: il sogno. O la veggente, come Natuzza Evolo di Paravati. La morte è il  viaggio definitivo, e come per ogni viaggio sulla terra l’anima ha bisogno di pane e acqua e danaro per affrontare il suo. Non a caso davanti alle fotografie, esposte insieme, dei morti e degli emigrati (anch’essi partiti per sempre) si accende un lumino. Non solo di pane e acqua è dotato il morto. Indumenti, attrezzi di lavoro, oggetti cari sono il suo corredo: il viaggio deve’essere affrontato senza disagio, scongiurando lo smarrimento, il senso di vuoto, l’angoscia dell’ignoto, domesticando, insomma, lo spazio ultraterreno. La morte è, dunque, un viaggio pieno di insidie, spesso spaventoso, che si può evitare, affrontandolo simbolicamente in vita. Con un complesso rituale, in cui il gesto è palese e la parola sussurrata, il vivo affronta il suo viaggio come se fosse morto, recandosi con tutto il corredo previsto verso la chiesa di San Giacomo, il santo, che guida l’anima del morto per la Via Lattea. Il rituale si attuava a Modica in Sicilia, la notte tra il 24 e il 25 luglio, festa di San Giacomo, appunto.

                                                                           Leonardo R. Alario

 

Visioni dell'aldilà 

 
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Commenti al Post:
lai.inter
lai.inter il 31/03/09 alle 12:37 via WEB
Caro prof. Bellissimo questo testo circa la visione dell'aldilà... Io ho scritto qualcosa in difesa del Santo Padre Papa Benedetto XVI...
(Rispondi)
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