Creato da Don_Juan_DeMarcus il 07/11/2013

TORMENTO ED ESTASI

Dove il piacere scioglie i nodi dell'amore comeuna carezza le pieghe della carne

 

 

« Origami...

DORIAN

Post n°2 pubblicato il 19 Febbraio 2018 da Don_Juan_DeMarcus
 
Tag: DORIAN

 

 

Se ne stava seduto su una poltrona di cuoio verde scarabeo una gamba accavallata sul

bracciolo e l'altra lasciata scivolare a terra,

la camicia inamidata  con un papillon
di un blu acceso e la giacca sbottonata.

Era l'immagine
di un rapace che finito di banchettare
sulle sue prede
assaporava con gusto e una pace ritrovata
il momento del vuoto

dopo aver buttato a terra la sua maschera.

 

 

Tra le dita un
sigaro acceso e nelle volute del fumo
denso e bianco pensieri evanescenti.
Nell'altra mano un bicchiere di vetro
martellato con dentro i resti di
quello che poco tempo prima era il
succo velenoso che gli stava
bruciando il ventre. Lo sguardo assorto
sul nulla , occhi puntati tra le ombre
di una camera barocca, in cui la sua
figura troneggiava come un quadro
allegorico di cinica e furiosa bellezza, 
 accecando gli angoli di quel cubicolo
magnifico e sontuoso.
Prese un'altra tirata dal sigaro
mentre poggiava con calma misurata
il bicchiere ormai vuoto sul piccolo
tavolino di mogano posto li accanto,
come un altare di vizi dove riporre
gli oli speziali della sua arrogante
cecità.

Un impettito e superbo suono si
espandeva nell'aria quando pronunciava
il suo nome ... Dorian.
Aveva trascorso gli anni della sua prima
giovinezza ad affinare l'arte del
comando, la rigida e spietata
eliminazione di ogni concorrente nei
suoi affari, nei suoi amori, nella
scalata di ogni sua avventura.
Il falco , la tigre , il cannibale
erano i nomignoli che lo
accompagnavano precedendolo in ogni
luogo lui andasse, ma erano appena
sussurrati dai suoi nemici , gli
unici esseri del suo stesso sesso
che poteva vantare di avere e di
conoscere. Era un uomo solo dopotutto,
ma di questa solitudine si compiaceva
e non sentiva il bisogno di modificare
nulla di questa unicità, come si
beava della vicinanza delle sue donne
che ne ammiravano il carattere indomito,
la risolutezza dei modi, la passione
e la lussuria tra le lenzuola, odiando
l'impenetrabile muro eretto a difesa
della sua anima e della sua intimità.
Consumava avidamente ed egoisticamente
i suoi amori come i sigari e l'alcool
che mai sarebbero mancati nelle sue
alcove, tra lenzuola di seta nera e
le tende di tulle e organza.
Divorava la carne nella libido dei
sensi ubriacandosi di voglie e di
piaceri fino a sciogliersi in essi
come gocce di fiume nell'immensità
del mare.
Lo cercavano come un angelo maledetto ,
ne amavano i difetti prima ancora dei
pregi e ognuna nel farlo aveva dentro
di sé la speranza che ne avrebbe mutato
il destino, divelto le porte corazzate
del cuore, penetrato la sensibilità per
farne il suo re.

 

 

Invano avrebbero percorso quelle sale
per trarne una signoria, invano
avrebbero solcato le sue terre per
divenirne regine, invano avrebbero
nuotato in quegli abissi per trovare
la luce che le avrebbe portate sulle
acque in superficie.
La sua luce era quella di una stella
solitaria , avrebbe brillato
all'infinito nel cosmo siderale
di una galassia opaca.
Si alzò ricomponendosi con modi
affettati ma non artefatti, la sua
raffinatezza  era l'alone che
lo permeava di fascino anche nella
solitudine di una stanza disadorna e
lo magnificava ancor più in quella
  piena di broccati e legni
pregiati, tra essenze orientali e
quadri di una rarità assoluta.
Si cambiò di abito quasi volesse mutar pelle, 

sistemò la cravatta e la nuova camicia ,
indossò la giacca assaporando quell'incedere 

dentro la sua nuova armatura di gambardine

e , per una attimo,
assunse la posa naturale di un guerriero
sul carro del sole .

Poi ,con passi
misurati e silenziosi, si avvicinò al
letto dove Pasife e Salmace si erano
abbandonate al sonno ristoratore dopo
una notte di tormentate battaglie.

 

 

I capelli sciolti, i visi tirati
affondanti nei cuscini di piume, i
corpi tumidi nella nudità di forme
discinte, l'incarnato latteo
pennellato appena da lievi rossori
la dove più cruenta era stata la
presa, più selvaggia la battaglia
e la resa .

Restò a guardarle con
impassibile voluttà, ne ricamò le
anse e i rilievi, avvertendo
distintamente tutti gli odori che
la notte aveva generato.

 


Si morse
un labbro per tornare alla realtà dai
suoi viaggi in un vuoto denso di
meraviglie, sentì il sangue
pervadergli le tempie mentre
osservava le bocche delle due ninfe
come fichi spezzati nel rosso turgore
delle labbra. Gli accarezzò la pelle
seguendo percorsi che solo lui
conosceva, raggiunse luoghi appena
di svelati alle meraviglie del cosmo.
Così sul baratro di un ponte sospeso
ai confini del mondo si fermò, si
inginocchiò sulle sponde di terre
sconosciute ai più, e si attardò sui
greppi celanti bordure profumate
di sogni.

Lampi di ricordi
tintinnarono tra le vene aumentando
il corso delle linfe di un torrente
tornato vorticoso, mentre l'incedere
dei palpiti del suo cuore risuonava
nel folto della foresta antica.
Quando l'alba si risvegliò
nell'intreccio di carni pulsanti ,
i tendini si intrecciarono come
ofidi in preda di una ritrovata
frenesia di piaceri ,in quel preciso
momento egli si alzò dal talamo
per gustare la perfezione di un ritmo
che scuciva gli orli del tempo.
Quel rimestio di acque e linfa lo
rapiva non per trascinarlo nel fondo
ed annegarlo nella voluttà dei
sensi, ma per traghettarlo tra le
acque furiose come Nettuno trainato
su un barroccio da bianche schiere
di lucci , tra le caverne di un
desiderio infranto .

JUAN

 

 
 
 
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