Ombre e luci

....inverno 95/96


Se il mio grido ti giungesse o mondo, niente potrebbe difenderti dal suono estenuante e terribile che esso produrrebbe.Non sarebbe quello della belva presa in trappola che, con la libertā, perde il gusto di stringere i suoi cuccioli e non sente pių succhiare da loro le mammelle nell'impeto della fame.Non sarebbe il dolore di una donna presa e posseduta da mille mani viscide che, nell'arco di una notte, le hanno strappato per sempre il sussulto del piacere tra le braccia dell'amore.Non sarebbe neppure quello di un uomo che, sul letto della morte rievoca, nostalgicamente, l'attimo di vita appena passato.Non sarebbe quello dell'intrepido velista solitario sovrastato dall'ira furibonda di un mare imprevido e tenace.Non sarebbe nč questo, nč quello, nč quell'altro ancora se non il mio, furioso, unico e devastante che sta lė da anni ad ingrossarsi, a diventare pieno, ad aspettare che la mente, solo lei, lo lasci libero e incontrollato per espandersi e placarsi.Vorrei dire quei "no" che, per brama di quietezza, si sono sempre trasformati in "si" sulla mia bocca. Quei "no" che avrebbero tormentato il mio silenzio con terribili scenate, da parte degli altri, se li avessi proferiti.Non ho mai avuto troppa voglia di parlare, di spiegare me stessa agli altri. Imiei "si-va bene" hanno permesso, č vero, alla mia bocca di zittire, alla mia privata inadeguatezza di restare mascherata, ma hanno alimentato, per eterno, il grido che giace soffocato e inespresso nella mia anima.Non voglio produrre rumore, nč ascoltarlo; non voglio vendette, nč fendere lance nell'aria; non voglio turbare le anime tranquille dei destinatari dei miei "si".Concedetemi di gridarlo in silenzio il mio dolore!Non affaticatevi a capirmi se giā non avete voglia di ascoltarmi; non attorcigliatevi nelle spire del vostro cervello per adeguarvi a me, non tentate di scavarmi se l'indifferenza vi č amica per la vita. Lasciate che io muoia da sola, dopo questa interminabile agonia.Dio, prepotente figuro della mia esistenza, mi č vicino in quest'ascesi spasmodica e irreale. E' lui che dirige, a suo piacere, le note delle mie grida implacabili. A lui devo la mia nascita e la mia fine; agli altri e a me stessa la beffardia della mia vita.Lo supplico questo Dio di concedemi una tregua, di darmi il riposo che anelo dopo tante esasperanti battaglie. Lo invoco nelle notti solitarie, quando il mio respiro, unico compagno accondiscendente, diventa ninna nanna e mi prepara al sonno."Dio" a cui acciambellata rivolgo le mie dita da stringere, "lasciami sola se non vuoi essermi vicina; non portarmi in braccio se poi non sono pių capace di camminare in solitudine; non proteggermi, se poi mi lasci a vedermela da sola quando sarō grande: abbandonami se non sai essere il mio difensore".Dubito della mia creazione quando, sempre pių spesso, mi riconosco parassita a scapito degli altri...Cosa hanno avuto da me gli altri e cosa trattengono di me nei ricordi? Resuscitano nella loro mente la mia immagine, nei momenti in cui la loro memoria gli ripropone il proprio passato?La mia vendetta forse sarā questa: la mia immagine, nella loro mente, gli ripeterā le gesta dei miei affanni quando, in tanti, come sanguisughe, mi hanno strappato a litri la linfa vitale.                                                                                                          *continua