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Messaggi del 17/02/2011

 

Omaggio a Belzoni ...

Post n°701 pubblicato il 17 Febbraio 2011 da diegobaratono

Da:"Antikitera.net"
16 Febbraio 2011 STORIA
Emanuele Procacci Il Sussidiario.net
SCOPERTE. Giovanni Belzoni, l'idraulico che cambiò la storia dell'Egitto
 

Era alto quasi due metri, Giovanni Battista Belzoni, e molto prima di diventare la figura mitica dell'archeologo avventuriero, fu un viaggiatore trasportato dal sacro fuoco della scoperta e del desiderio di gloria. Una gloria imperitura che, alla fine, arrivò, nonostante sia tuttora, per lo più, sconosciuto alle masse.

Nato a Padova nel 1778 nella povertà di una famiglia modesta, era passato dalla bottega da barbiere del padre ai fasti di Roma, e agli studi di idraulica. Quei sistemi complessi di movimenti impartiti dalla pressione dell'acqua lo affascinarono al pari delle antiche rovine della città eterna. Era giovanissimo quando cominciò i suoi viaggi: a Londra, e poi in Spagna, a Malta, in Sicilia, in Portogallo, e visse di spettacoli circensi in cui faceva il forzuto, spettacoli in cui le conoscenze di idraulica lo aiutavano ad eseguire mastodontici numeri di fontane e giochi d'acqua.

Il suo sogno, però, era l'Egitto. E alla fine ci arrivò, dopo aver girovagato per l'Europa. Nel 1815 fu ricevuto da Mohammed Ali, il viceré dell'Egitto, che cercava nuove soluzioni di ingegneria idraulica. I progetti di Belzoni non ebbero il successo sperato ma fu l'inizio del matrimonio indissolubile tra il gigante italiano e il paese del Nilo. Il console britannico, Henry Salt, infatti, gli commissionò il trasporto in Inghilterra del monumentale busto di Ramesse II dal tempio funerario di Deir el-Bahari. Fu la prima di una lunga serie di grandi imprese.

In quel periodo, l'archeologia era agli albori e le innumerevoli vestigia e le meraviglie che oggi conosciamo della civiltà egizia erano ancora sommerse dalla sabbia, la lingua celata dai geroglifici non era ancora stata tradotta. La traduzione del geroglifico, e la conseguente nascita convenzionale dell'egittologia moderna, venne solo successivamente, con la spedizione di Napoleone e gli studi di Champollion sulla Stele di Rosetta. Ma tutto questo avvenne dopo la morte di Belzoni, nel 1823.

In quel tempo l'Egitto era una miniera d'oro. E Giovanni Belzoni ci si buttò a capofitto con tutto il cuore. Scavò e scoprì reperti e monumenti importantissimi, cambiò la storia dell'archeologia. Ebbe un grande coraggio, perché le spedizioni costavano molti soldi, infatti si indebitò pesantemente, e fu forte nel carattere, oltre che nel fisico: fu uno dei primi archeologi a rendersi conto di dove si trovasse, di chi era la gente che lo circondava, in quei luoghi. Intuì che poteva ricavare il massimo dai suoi collaboratori, se si fosse "integrato" nell'ambiente in cui si trovava: si fece crescere la barba, si vestì con abiti locali, imparò l'arabo e si fece rispettare dalle maestranze alle sue dipendenze, perché aveva capito, come nessun altro europeo aveva capito, che per entrare in contatto con il passato degli egiziani, doveva prima entrare in contatto con il loro presente.

Fu rispettoso dei reperti: laddove gli altri portavano via pezzi interi di monumenti da esporre nelle capitali europee, lui eseguiva calchi e descriveva nei suoi scritti con precisione ciò che aveva scoperto e catalogato. Non cedette mai all'illusione mistica di un Egitto soprannaturale, ma fu serio e meticoloso nel raccontare ciò che vedeva e nello studio di questa scienza pionieristica. E gli studi gli dettero ragione: della piramide di Chefren, una delle tre grandi piramidi della Piana di Giza, tutti dicevano che era impossibile da penetrare, poiché massiccia, priva di camere.

Belzoni, tuttavia, era convinto che una o più camere esistessero. Aveva studiato a fondo e con passione la grande piramide di Cheope, e la sua caparbietà nel confrontare i monumenti dischiuse la porta sui segreti nascosti al loro interno: alla fine infatti, nel marzo del 1818, trovò l'ingresso della piramide di Chefren e fu celebrato in Inghilterra e in tutta Europa. anche se non era il primo ad entrare nella piramide, tanto che le camere erano spoglie e depredate da tempo, decise di apporre la sua eterna, grande firma a caratteri cubitali, scritta con il nerofumo, che ancora oggi i visitatori possono leggere nel corridoio della piramide: "Scoperta da G. Belzoni, 2. mar. 1818".

 
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Nuove scoperte ..

Post n°700 pubblicato il 17 Febbraio 2011 da diegobaratono

Da:"Antikitera.net"
17 Febbraio 2011
PALEONTOLOGIA
ABC News
INDIVIDUATO UN PETROGLIFO DI 10.000 ANNI A TIMOR EST
Un gruppo di scienziati australiani ha trovato un antico graffito su pietra in una grotta di Timor Orientale, databile ad almeno 10.000 anni fa.

Il ritrovamento, pubblicato in journal Antiquity, segue la scoperta avvenuta nel maggio 2009 nella grotta di Lene Hara.

Il gruppo di archeologhi e palaeontologhi stava cercando i resti fossili di una specie estinta di ratti giganti.

Accidentalmente, il dottor Ken Aplin del CSIRO ha notato la faccia stilizzata, incisa nel soffitto d'arenaria.

"Un collega di Timor Est era seduto su un grosso blocco d'arenaria e io lo guardai e la mia lampada mise in luce il volto inciso sulla superficie della pietra, un incredibile volto" ha detto.

"Chiamai Sue, l'archeologa, 'Sue - non mi hai detto che qui c'erano facce incise 'ma non ce ne sono' mi rispose lei e io continuai 'vieni a vedere questa, allora' e lei spalancò la bocca quando la vide".

I graffiti di Lene Hara, o petroglifi, sono facce stilizzate viste di fronte, con occhi, naso e bocca. Una ha un'acconciatura circolare con raggi che passano sul volto.

Benché vi siano graffiti di volti stilizzati in tutta la Melanesia, l'Australia ed il Pacifico, i petroglifi di Lene Hara sono i soli esempi databili al Pleistocene.

Non si conoscono altri petroglifi o volti incisi in nessun luogo, sull'isola di Timor.

 

 

 
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Post n°699 pubblicato il 17 Febbraio 2011 da diegobaratono

Da:"Reuters.com"Ariane rocket to supply International Space Station

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KOUROU, French Guiana | Wed Feb 16, 2011 9:12pm EST

KOUROU, French Guiana (Reuters) - An unmanned Ariane rocket successfully launched from French Guiana late on Wednesday to supply cargo to the International Space Station (ISS), space officials said.

The modified Ariane launcher blasted off at 6.51 pm (2151 GMT) from Europe's spaceport in Kourou, French Guiana on the northeast coast of South America carrying a 20 metric ton cargo vessel.

Over an hour after launch the vessel separated from the rocket, which was followed by a successful deployment of the vessel's solar panels.

It was the heaviest payload ever launched aboard an Ariane rocket. A first attempt to launch the rocket was scrubbed on Tuesday because of a technical problem

The vessel, dubbed "Johannes Kepler" in honor of the visionary 17th century German astronomer and mathematician, is the second Automatic Transfer Vehicle (ATV) that Europe has committed to its participation in the ISS program.

Constructed by an industrial consortium led by EADS Astrium, a division of European industrial giant EADS, the ATV was designed to deliver fuel, food, clothing and oxygen to the ISS crew as well as spare parts.

It is scheduled to dock with the space station on Feb 24.

The ATV will remain attached to the space station for more than three months as astronauts remove its cargo and fill it with rubbish from the station.

It will then be thrust back toward earth, burning up on re-entry. Any remaining debris will be targeted to a remote area of the Pacific Ocean.

The ATV has three times the cargo capacity of Russia's Progress vehicle and was developed by the ESA as part of a barter arrangement with the U.S. space agency NASA.

Instead of paying cash for its share of the station's common operating costs and also to secure additional astronaut access, ESA is providing the ATV and other components.

Its role will be of increasing importance as American space shuttles are scheduled to be taken out of service after three more missions.

This will leave a gap in American access to the station until the United States is able to operate a new generation of space vehicles.

The space station, which is about 85 percent complete, is a $100 billion project of 15 nations.

(Additional reporting by Alexander Miles; Editing by Matthew Jones)

 
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