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Messaggi del 14/03/2011

 

Ancora sulle "piastre astronomiche" ...

Post n°750 pubblicato il 14 Marzo 2011 da diegobaratono

Da:"LiriciGreci.org"

Tavole cosmetiche egizie: strumenti di bellezza o qualcosa di più?

Ultimo aggiornamento 12 marzo

Già nel terzo millennio prima di Cristo la bellezza estetica e la cura del corpo erano due aspetti tutt'altro che marginali nella vita quotidiana degli antichi Egizi. Unguenti, profumi e polveri colorate, per uomini e per donne. Ma anche specchi, pennelli, pinzette per la depilazione e tavolozze per miscelare le essenze. Alcuni di questi manufatti, per altro, costituiscono autentiche opere d'arte, con caratteristiche e decorazioni tali da lasciar intendere un utilizzo ben diverso da quello di semplici strumenti per il trucco. Svariati secoli prima dei Greci e dei Romani, gli Egizi furono il primo popolo a praticare la cosmesi in modo abituale e secondo dettami molto precisi. La cura del corpo mediante l'applicazione di cosmetici, oltre a un valore squisitamente ornamentale, presentava dei risvolti importanti anche da un punto di vista igienico-sanitario, oltre che religioso. In un paese da sempre caratterizzato da temperature elevate, proteggere la pelle da scottature e dermatiti, ovvero gli occhi da possibili infezioni batteriche, costituiva un fattore essenziale per la salute degli individui. Non solo. La pulizia del corpo era strettamente collegata anche al concetto di purezza spirituale, nel senso che quest'ultima era ottenibile proprio in virtù della prima. A riprova di ciò, si pensi ai complessi rituali di purificazione cui erano soliti sottoporsi con regolarità i faraoni (comprendenti bagni e lunghe sedute di profumazione e trucco), i sacerdoti (abluzioni e depilazioni complete attraverso l'uso di pinzette e rasoi), in taluni casi gli uomini comuni (lavaggi obbligatori prima di accedere ai luoghi sacri). In generale, tutte le tecniche del trucco prevedevano l'impiego di appositi strumenti per la preparazione delle essenze. Tra i più usati, le cosiddette tavolozze o palette cosmetiche, dei piatti in pietra delle dimensioni e forme più diversificate (piccole e perfettamente geometriche, oppure grandi e con sagome zoomorfe), sulle quali uomini e donne erano usi miscelare unguenti a base di natron, miele e cera d'api, grassi animali raffinati, sale marino, olio d'oliva e latte fresco per proteggere la pelle dai raggi solari, ovvero frantumare le polveri degli ombretti per le palpebre e il contorno occhi (solitamente la malachite verde serviva per colorare le prime, il kohl nero sciolto nell'olio di semi per tracciare le tipiche linee allungate attorno agli occhi). Durante il periodo convenzionalmente classificato come Naqada I (3800 - 3500 a.C.), le tavolozze erano abbastanza semplici e lineari, prive cioè di rilievi e decori particolarmente evidenti. Col tempo, però, esse divennero ben più lavorate, perdendo i connotati di semplici oggetti utilitari, per tramutarsi in autentiche opere scultoree, con tanto di ornamenti in pietre vitree e preziosi bassorilievi su entrambe le facciate. Una delle tavolozze più belle e rinomate è senza dubbio quella di Narmer. Rinvenuta nel 1894 dall'archeologo americano J. E. Quibell a pochi chilometri dal tempio di Edfu, nella città di Hyerakonpolis, la paletta risale all'epoca Naqada III (3100 a.C. circa). Ha forma di scudo, con altezza di poco superiore ai 70 centrimetri, e raffigura il re Narmer (con tutta probabilità il faraone della I dinastia Menes), unificatore dei due regni dell'Alto e del Basso Egitto. Sul lato anteriore, al centro, si vede il sovrano che indossa la corona bianca dell'Alto Egitto, con attaccata alla cintura una coda di toro, mentre afferra per i capelli un nemico con la mano sinistra e con la destra si accinge a sferragli un colpo mortale col suo scettro. A sinistra, dietro al re, è ritratto un portatore di sandali. A destra, invece, compare il dio Horus nelle sembianze di un falco. Questi reca tra gli artigli una fune, a cui è legata la testa di un prigioniero con accanto sei papiri, simbolo del Basso Egitto. Sul lato posteriore, sotto due teste umane con corna di toro, è ritratto ancora Narmer, con la corona rossa del Basso Egitto, seguito da un portatore di sandali e da uno scriba. Sotto di lui due leoni dai lunghi colli attorcigliati, simbolo dell'unione dei due regni d'Egitto. Strumenti per la cosmesi, opere per celebrare le gesta dei sovrani, manufatti dall'elevato valore esoterico. Invero, a detta di qualche studioso, le tavole cosmetiche delle dimensioni maggiori e dalle conformazioni più complesse, come quelle in possesso dei sacerdoti, potevano addirittura nascondere una seconda finalità d'uso. Nello specifico, quella di strumenti di carattere tecnico-scientifico. In tale ottica, di recente l'italiano Diego Baratono ha avanzato una nuova ipotesi, secondo la quale alcune di queste palette fungevano da vere e proprie mappe astronomiche semplificate, per agevolare l'individuazione nel firmamento notturno di determinate costellazioni. Probabilmente per finalità religiose, ovvero per stimare l'avvicinarsi delle fasi alluvionali del Nilo. "Alcune tavolozze - sostiene il ricercatore - presentano elementi distintivi tali da consentire la loro differente valutazione e, di conseguenza, la diversa collocazione funzionale. In particolare è possibile ritenere alcune di esse, che viste le peculiarità emerse sarebbe meglio rinominare 'piastre astronomiche', manufatti finalizzati alla precisa localizzazione di alcune costellazioni particolarmente significative per la cultura religiosa elaborata dai pensatori nilotici".

 
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Atlantide ... rivelata ...

Post n°749 pubblicato il 14 Marzo 2011 da diegobaratono

Da:"Reuters.com"

Lost city of Atlantis, swamped by tsunami, may be found

NORTHAMPTON, Mass | Sat Mar 12, 2011 11:36am EST

NORTHAMPTON, Mass (Reuters) - A U.S.-led research team may have finally located the lost city of Atlantis, the legendary metropolis believed swamped by a tsunami thousands of years ago in mud flats in southern Spain.

"This is the power of tsunamis," head researcher Richard Freund told Reuters.

"It is just so hard to understand that it can wipe out 60 miles inland, and that's pretty much what we're talking about," said Freund, a University of Hartford, Connecticut, professor who lead an international team searching for the true site of Atlantis.

To solve the age-old mystery, the team used a satellite photo of a suspected submerged city to find the site just north of Cadiz, Spain. There, buried in the vast marshlands of the Dona Ana Park, they believe that they pinpointed the ancient, multi-ringed dominion known as Atlantis.

The team of archeologists and geologists in 2009 and 2010 used a combination of deep-ground radar, digital mapping, and underwater technology to survey the site.

Freund's discovery in central Spain of a strange series of "memorial cities," built in Atlantis' image by its refugees after the city's likely destruction by a tsunami, gave researchers added proof and confidence, he said.

Atlantis residents who did not perish in the tsunami fled inland and built new cities there, he added.

The team's findings will be unveiled on Sunday in "Finding Atlantis," a new National Geographic Channel special.

While it is hard to know with certainty that the site in Spain in Atlantis, Freund said the "twist" of finding the memorial cities makes him confident Atlantis was buried in the mud flats on Spain's southern coast.

"We found something that no one else has ever seen before, which gives it a layer of credibility, especially for archeology, that makes a lot more sense," Freund said.

Greek philosopher Plato wrote about Atlantis some 2,600 years ago, describing it as "an island situated in front of the straits which are by you called the Pillars of Hercules," as the Straits of Gibraltar were known in antiquity. Using Plato's detailed account of Atlantis as a map, searches have focused on the Mediterranean and Atlantic as the best possible sites for the city.

Tsunamis in the region have been documented for centuries, Freund says. One of the largest was a reported 10-story tidal wave that slammed Lisbon in November, 1755.

Debate about whether Atlantis truly existed has lasted for thousands of years. Plato's "dialogues" from around 360 B.C. are the only known historical sources of information about the iconic city. Plato said the island he called Atlantis "in a single day and night... disappeared into the depths of the sea."

Experts plan further excavations are planned at the site where they believe Atlantis is located and at the mysterious "cities" in central Spain 150 miles away to more closely study geological formations and to date artifacts.

(Editing by Barbara Goldberg and Greg McCune)

 
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