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Messaggi del 13/04/2011

 

Cemento armato per il "Cupolone" ...

Post n°825 pubblicato il 13 Aprile 2011 da diegobaratono

Da:"Antikitera.net"
7 Aprile 2011 STORIA
Sandro Barbagallo Liutprand.it
CEMENTO ARMATO PER LA CUPOLA DI SAN PIETRO

Uno studio inedito sui materiali e le tecniche di costruzione della cupola di San Pietro.

Grazie a un geo-radar è stata individuata l'esatta posizione di cerchi, barre e catene.

Nel secolo scorso fu grazie alla paziente ricerca dell'archeologa Margherita Guarducci che furono ritrovate le reliquie di san Pietro proprio al di sotto dell'altare papale. Oggi, a sessant'anni da quella sensazionale scoperta, sono ancora due studiose a proporci importanti novità. Le recenti indagini condotte da Marta Carusi e Barbara Baldrati nell'Archivio Storico Generale della Fabbrica di San Pietro, non solo ci fanno scoprire i materiali e le tecniche usate per la costruzione della grande cupola ma ci fanno apprendere anche il suo effettivo stato di salute. Queste nuove ricerche hanno messo a fuoco un argomento che sembrava esaurito: la conoscenza dei materiali che compongono la struttura della cupola di San Pietro, in un primo tempo disegnata da Michelangelo, ma risolta e conclusa da Giacomo Della Porta (1532-1602).

La paternità geniale di quest'ultimo non è mai stata valorizzata quanto avrebbe dovuto. Questi infatti, pur non essendo edotto nella scienza delle costruzioni, all'epoca sconosciuta, lavorando d'intuito mise a punto un sistema di rinforzamento delle strutture molto simile al moderno cemento armato.

È vero che Michelangelo alla sua morte, nel 1564, aveva lasciato un modello di cupola in legno di tiglio (cm 500 x 400 x 200) molto dettagliato. Doveva servire da guida per i futuri esecutori dell'opera. Proprio quel modello, invece, conservato nella Fabbrica di San Pietro, doveva subire le prime modifiche. Quando Della Porta assume l'incarico capisce che la curvatura a tutto sesto della calotta, così come l'aveva progettata Michelangelo, avrebbe prodotto una spinta verso l'esterno all'altezza del tamburo, mettendo a rischio tutta la struttura. L'architetto risolve il problema aumentando la verticalità della calotta di sette metri. Alzando di poco il sesto della curvatura fa sì che il peso di tutta la struttura venga scaricato verso il basso, assicurandone la staticità.

Alla morte di Michelangelo la costruzione della cupola era arrivata solo al piano del tamburo. Papa Pio IV aveva affidato la prosecuzione dei lavori al Vignola, il quale, però, prima di morire, fece solo in tempo a iniziare la parte interna delle due cupole minori. Queste cupole sono state utili per sperimentare le varie possibilità esecutive e poi approdare all'esecuzione della maggiore. Erano passati circa ventitré anni dalla morte di Michelangelo quando Giacomo Della Porta, assistito da Domenico Fontana, ricevette da Sisto V l'incarico di completare la cupola. Era il 19 gennaio del 1587. Della Porta firmò un contratto secondo il quale avrebbe avuto dieci anni di tempo per completare i lavori. Nonostante le difficoltà tecniche riuscì invece a portare a termine il cantiere in soli ventidue mesi. È vero che si servì di ottocento operai che lavorarono giorno e notte per portare a termine l'impresa, ma è anche vero che Della Porta in persona si dedicò, un giorno dopo l'altro, a un lavoro snervante. Nei primi diciotto mesi realizzò per le sue maestranze disegni in scala "uno a uno" tracciandoli sul pavimento della basilica di San Paolo fuori le Mura.

Tra luglio e agosto del 1588 iniziò a voltare la cupola usando materiali di altissima qualità, controllati uno a uno. Per esempio per i mattoni utilizzò due fornaci collocate dove attualmente è situata l'aiuola con lo stemma del Papa, dietro l'abside della basilica. Le cave di travertino erano quelle di Tivoli e Fiano Romano, mentre il legno proveniva dalle foreste di Camaldoli. Il legno di castagno, solido ma elastico, era molto usato sia per le impalcature che per la costruzione delle macchine con cui venivano sollevati notevoli pesi. Per non parlare poi delle travi, piegate a vapore, impiegate per realizzare le nervature della calotta esterna della cupola.

L'8 agosto del 1589, pochi giorni prima della morte di Papa Sisto V, erano state approntate anche trentasei colonne decorative. Invece la conclusione della lanterna e la copertura esterna con lastre di piombo si realizzò nel 1593 sotto Clemente VIII. Sotto questo pontificato venne collocata in cima alla cuspide del lanternino la grande sfera in bronzo dorato, sormontata dalla croce eseguita da Sebastiano Torrigiani. Anche se i lavori terminarono sotto il pontificato di Clemente VIII egli volle dedicare l'impresa ormai conclusa non solo alla gloria di san Pietro ma anche di Sisto V, facendo scrivere nell'anello interno di chiusura della lanterna: S. Petri gloriae sixtus Pp. V. A mdxc pontif. V.

Per anni e anni illustri storici dell'arte hanno scritto centinaia di testi, tramandando pedissequamente informazioni uguali tra loro, perché mai verificate. Gli autori che si sono interessati alla cupola e che sono stati maggiormente citati e copiati sono Angelo Rocca (1591), Carlo Fontana (1694), Giovanni Poleni (1748), Ennio Francia (1977), Michele Basso (1987). Questi testi presentano numerose imprecisioni dovute principalmente alla trascrizione di notizie riportate senza alcuna possibilità di verifica, oppure "tramandate" oralmente, se non "ipotizzate".

Come si è arrivati alle odierne conclusioni? Le due studiose hanno pazientemente confrontato fra loro tutti i testi disponibili, rintracciando errori, incongruenze e marchiane scopiazzature. Hanno scoperto che di oltre cinquecento titoli sulla costruzione della cupola, solo una decina presentano notizie attendibili, anche se parziali. Infatti nessuno aveva mai indagato sui materiali usati e come erano stati usati. Solo con questa nuova ricerca apprendiamo ad esempio che le lastre di travertino sono state incernierate tra di loro con piombo fuso, così come tutta la struttura è tenuta insieme da sette grandi anelli di ferro, due dei quali posizionati sulla lanterna.

Dal punto di vista strutturale la cupola è "armata" da un gran numero di elementi metallici, predisposti a integrare la resistenza della muratura e ad assicurare l'aderenza dei blocchi. Le catene di ferro, collocate alle varie quote e disposte in concomitanza con le catene o le legature di travertino, assicurano il contenimento della parte più bassa della cupola, soggetta a una maggiore spinta, e di quella più alta, interessata dal peso della poderosa lanterna.

Le esatte informazioni sulla struttura metallica che determina la resistenza statica della cupola sono individuabili nei Libri del Fattore. Una raccolta di manoscritti, dal 1588 al 1593, catalogati per la prima volta negli anni Trenta e che riguardano la fornitura dei materiali al cantiere, riportandone anche i pesi delle singole parti. Poiché nell'Archivio della Fabbrica di San Pietro sono catalogati come Libri di Ricordi, forse è questo il motivo per cui nessuno ha avuto prima l'opportunità di studiare e confrontare tutte le notizie relative al cantiere. Si era infatti a conoscenza di due cerchiature di ferro e si ipotizzava l'esistenza di una terza, ma le indagini di Marta Carusi hanno individuato una struttura metallica complessa: 7 cerchi, 64 barre trasversali di collegamento tra le due calotte, 32 catene nella calotta interna, 16 catene nei costoloni, 16 paletti nella zona inferiore dell'occhio della cupola. Nascosti nella muratura, questi materiali non furono più individuabili e se ne perse la memoria.

Per appurare l'esattezza delle proprie intuizioni, la Carusi è arrivata al punto di farsi imbracare come un'alpinista per poter scansionare le pareti con un geo-radar appositamente fornitole dal Laboratorio SGM di Perugia. Questa eccentrica indagine le ha permesso di individuare la posizione esatta di cerchi, barre e catene.

Tra i ritrovamenti di Marta Carusi nell'Archivio della Fabbrica c'è anche il Parere di Mattia de' Rossi relativo ai danni rilevati sulla cupola nel 1680. Considerato perduto, lo si stava cercando dal 1740, si è trovato nell'Archivio, anche se anonimo e non datato. Con questo documento sono state rinvenute anche 26 composizioni fotografiche risalenti al 1857, che ritraggono i lati dei contrafforti del tamburo prima che questi venissero parzialmente demoliti e ricostruiti. Queste foto, realizzate da Baldassarre Simeli, sono di importanza storica e archivistica straordinaria e costituiscono una documentazione fondamentale del reale degrado dei contrafforti. L'analisi della documentazione ritrovata e degli interventi di ordinaria manutenzione e controllo dei restauri effettuati ha permesso a Marta Carusi di capire come la cupola si è spostata nei secoli, individuandone gli eventuali punti deboli e la resistenza a un fenomeno tellurico consistente.

Ricordiamo che la cupola ha subito il terremoto del 1703, che ha costituito il violento inizio, per l'Italia centrale, di una delle più significative sequenze sismiche dell'ultimo millennio. Ci volevano il coraggio, la spericolatezza e l'indifferenza di due giovani donne verso le intimidazioni di certi storici dell'arte per riuscire a conoscere tante inedite e interessanti notizie intorno a uno dei monumenti più famosi del mondo.

***

Donne in cantiere

Anche se assenti nelle liste di presenza giornaliera, molte donne hanno lavorato nel cantiere della Reverenda Fabbrica. Impegnate in operazioni per cui non era richiesta una specifica competenza tecnica, sono per lo più vedove di operai. Sostituiscono i mariti per non incorrere nelle penalità previste dai contratti. La vedova di Giacomo Carone, tale Antonina de Pozzo, è presente nell'elenco dei trasportatori di travertino dal 1548 al 1550. Madonna Pacifica de Cosciaris, "tinozzara", trasporta travertino da Tivoli. Mentre Marta di sor Ponzino carrettiere, rimasta vedova nel 1565, inizia a trasportare con i carri del marito i blocchi di travertino che carica al porto di Castello o nei pressi del Colosseo per consegnarli a San Pietro a 2 carlini la carrettata. Un caso a parte è quello di madonna Perna, "lavandara di N.S.", che nel 1542 affitta i suoi sei somari a mastro Lorenzo per trasportare a 15 baiocchi alla giornata la terra occorrente alla realizzazione di una strada di servizio dietro la basilica.

Durante tutto il XVI secolo la presenza femminile, oltre che per il trasporto dei materiali, appare anche tra la manovalanza e senza differenze remunerative con gli uomini. E non solo popolane. Anche alcune nobildonne stringono rapporti economici con la Reverenda Fabbrica, come Francesca Farnese e la contessa di Anguillara. La prima fornisce legna dalla selva di sua proprietà dal 28 agosto all'8 settembre 1546. L'altra, essendosi impegnata a tagliare in breve tempo i suoi abeti di Cerveteri, il 17 maggio 1549 viene sollecitata dai deputati ad affrettare la consegna in cantiere.

 

 
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Adelante, Pedro, con juicio ...

Post n°824 pubblicato il 13 Aprile 2011 da diegobaratono

Da:"Antikitera.net"
12 Aprile 2011 MISTERO
LA MODA DELLE TEORIE CATASTROFICHE

Oggi ho pubblicato su La Stampa questo articolo.

C'è chi si prepara a passare almeno una notte in automobile, chi affitta un camper e chi prenota viaggi in paesi lontani. Tutto attorno a una medesima data, l'11 maggio 2011. Manca un mese esatto al catastrofico terremoto che distruggerà Roma e molti cittadini sono apparentati da un unico comune denominatore, mettersi presto alle spalle quella data, che viene agitata dalla voce popolare e dal web come esiziale in base alle teorie di Raffaele Bendandi, il quale avrebbe predetto quella e altre numerose sciagure (103 per la precisione). Ma chi era Raffaele Bendandi? Un illustre sconosciuto che elaborò una curiosa teoria sull'origine dei terremoti, generati da particolari allineamenti planetari, che non ha trovato alcun riscontro scientifico. E come poteva averlo, visto che veniva da un uomo a digiuno di qualsiasi nozione geofisica avanzata, un autodidatta che aveva appena la licenza elementare e che era soltanto rimasto impressionato dal cataclisma del 1908 a Messina? Intanto per cominciare, quella dell'11 maggio a Roma è certamente solo una sciocchezza autoreferenziale tipo leggenda metropolitana, tant'è che non risulta nemmeno nelle carte dello stesso Bendandi (conservate nell'osservatorio di Faenza). Ma non risulta neppure che ne abbia mai azzeccata una. In un biglietto datato 27 ottobre 1914, mostrato dallo stesso Bendandi, egli indicava un forte sisma per il 13 gennaio 1915 in Italia centrale, nozione un po' vaga per significare Avezzano (dove appunto ci furono 40.000 vittime). Il biglietto autografo non era però stato consegnato a un notaio e nessun altro ne seppe alcunché prima del terremoto, così come accadde anche per gli eventi del 1924 nelle Marche o del 1976 in Friuli, spesso riportati come "previsti". Un conto è "prevedere" che fra un mese ci sarà un terremoto in Cile: la cosa è posibile, visto che si tratta di zona sismica e che, in media, subisce qualche migliaio di sismi all'anno, ma dove esattamente? E in che giorno esattamente? Sebbene in scienza sia sempre possibile che uno solo abbia ragione e tutti gli altri torto, a tutt'oggi non è possibile prevedere un terremoto, mentre molto si può fare in termini di prevenzione. Ma quello che colpisce, nella sindrome da terremoto che sta colpendo i romani (amplificata da radio e web), è la nostra naturale inclinazione all'apocalisse, magari in scala ridotta, che riaffiora in molti aspetti della vita quotidiana. Come se ne avessimo un qualche bisogno, per esempio quando rallentiamo per vedere cosa è accaduto nella corsia opposta, dove ci sono auto incidentate, luci della polizia e lenzuoli sulle vittime. O come quando indugiamo per vedere se c'è ancora qualcuno rimasto sotto le macerie di un crollo. Non è solo la rassicurazione che l'abbiamo scampata e che è toccato a qualcun altro. E' qualcosa di più. Forse l'eco lontana delle catastrofi cui siamo scampati quando ci siamo fatti strada nell'evoluzione della vita sulla Terra: il boato cupo del vulcano Toba, che ridusse gli umani a un migliaio appena in tutto il pianeta, o l'apertura della grande frattura del continente africano, che divise per sempre i nostri antenati dalle scimmie antropomorfe. Quindi vai con le profezie Maya e il 21 dicembre 2012, dàgli con Nostradamus e il soprannaturale, o con i terremoti come castigo divino, tutto tranne che fare i conti con i nodi irrisolti del nostro passaggio sul pianeta: estremizzazione del clima, fine delle risorse e nubi radioattive. Forza catastrofe! Purché ridotta e, possibilmente, suggestiva.

 
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Ritrovati i chiodi della Crocefissione?

Post n°823 pubblicato il 13 Aprile 2011 da diegobaratono

Da:"ScienceDaily.com"

Film claims discovery of nails from Jesus's cross

By Ari RabinovitchPosted 2011/04/12 at 5:00 am EDT

JERUSALEM, Apr. 12, 2011 (Reuters) — Could two of the nails used to crucify Jesus have been discovered in a 2,000-year-old tomb in Jerusalem?

And could they have mysteriously disappeared for 20 years, only to turn up by chance in a Tel Aviv laboratory?

That is the premise of the new documentary film "The Nails of the Cross" by veteran investigator Simcha Jacobovici, which even before its release has prompted debate in the Holy Land.

The film follows three years of research during which Jacobovici presents his assertions -- some based on empirical data, others requiring much imagination and a leap of faith.

He hails the find as historic, but most experts and scholars contacted by Reuters dismissed his case as far-fetched, some calling it a publicity stunt.

Many ancient relics, including other nails supposedly traced back to the crucifixion, have been presented over the centuries as having a connection to Jesus. Many were deemed phony, while others were embraced as holy.

Jacobovici, who sparked debate with a previous film that claimed to reveal the lost tomb of Jesus, says this find differs from others because of its historical and archaeological context.

"What we are bringing to the world is the best archaeological argument ever made that two of the nails from the crucifixion of Jesus have been found," he said in an interview, wearing his trademark traditional knitted cap.

"Do I know 100 percent yes, these are them? I don't."

CONSPIRACY, SLIP-UP OR BASELESS?

The film begins by revisiting an ancient Jerusalem grave discovered in 1990 which was hailed by many at the time as the burial place of the Jewish high priest Caiaphas, who in the New Testament presides over the trial of Jesus.

The grave, along with a number of ossuaries, or bone boxes, was uncovered during construction work on a hillside a few kilometers south of the Old City. It has since been resealed.

Caiaphas is a major figure in the Gospels, having sent Jesus to the Romans and on to his death, and one of Jacobovici's assertions is that the high priest was not such a bad guy.

Two iron nails were found in the tomb, one on the ground and one actually inside an ossuary, and, according to the film, mysteriously disappeared shortly after. Jacobovici says he tracked them down to a laboratory in Tel Aviv of an anthropologist who is an expert on ancient bones.

And if they are indeed the same nails -- eaten away by rust and bent at the end, almost purposefully -- was their disappearance a conspiracy or a logistical slip-up?

No definite answer is offered.

Either way, Jacobovici shows why those nails could have been used in a crucifixion, which was a common practice two thousand years ago. He then offers his theory about why they may have been used in the most famous crucifixion in history.

"If you look at the whole story, historical, textual, archaeological, they all seem to point at these two nails being involved in a crucifixion," he said. "And since Caiaphas is only associated with Jesus's crucifixion, you put two and two together and they seem to imply that these are the nails."

The Israel Antiquities Authority, which oversaw the Jerusalem excavation, said in reaction to the film's release that it had never been proven beyond doubt that the tomb was the burial place of Caiaphas. It also said that nails are commonly found in tombs.

"There is no doubt that the talented director Simcha Jacobovici created an interesting film with a real archaeological find at its center, but the interpretation presented in it has no basis in archaeological findings or research," it said.

(Editing by Jonathan Lynn)

 

 
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Nuova specie di dinosauro

Post n°822 pubblicato il 13 Aprile 2011 da diegobaratono

Da:"CNN.com"

New dinosaur species is a missing link

New dinosaur species is a missing link
April 12th, 2011
07:15 PM ET
It's fitting that a place called Ghost Ranch, New Mexico, would yield the discovery of a scary-looking creature. But it's not a ghost - it's a dinosaur.

This dog-sized, ferocious-looking critter is called Daemonosaurus chauliodus, which means something along the lines of  “buck-toothed evil lizard,” says Hans-Dieter Sues, lead author of the published research describing this dinosaur, and curator of vertebrate paleontology at the Smithsonian's National Museum of Natural History.

The illustration above compares the head and neck with a quarter. You can see that it has a short snout and enormous front teeth.

Scientists found the skull and neck of this previously unrecognized dinosaur, and described it in a study in the journal Proceedings of the Royal Society B.

This dinosaur provides a link between what paleontologists consider "early" and "later" dinosaurs. There's a gap in the fossil record between the oldest known dinosaurs, which walked or ran on their hind legs about 230 million years ago in Argentina and Brazil, and other predatory dinosaurs that lived much later. Daemonosaurus chauliodus helps fill in a blank in dinosaur history.

This newly discovered species lived about 205 million years ago, and probably preyed on other dinosaurs and other small animals, Sues said. At that time, what is now the American Southwest was located close to the equator, so it was warm and monsoon-like with heavy seasonal precipitation. This dinosaur was probably active during the day, although its large eyes suggest it could have seen at night as well.

How did it go extinct? It may have fallen victim to an extinction event that occurred about 200 million years ago. As the continents were separating, there was a large zone of volcanic activity. Enormous quantities of lava was released, doing "horrible things to the atmosphere." Most dinosaurs made it through (that is, until an asteroid struck around 65 million years ago), but perhaps not this one.

"It just shows that even here in the United States, there are still many new dinosaurs to be found," Sues said. "People always think we have to go to some remote places, but, right here in northern New Mexico, we can still find new dinosaurs."

 
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