Disimparare noi
raccolta intima di quel che più mi appartiene. Piccolo estratto di un blog che già esiste*. Momento sospeso nel tempo e nello spazio. Momenti di me.*(che è esistito)
Per venirci quando ho bisogno di rimanere sola, piccolo ritaglio di mondo abitato dalle creature che amo e che ammiro, i lupi. Per ascoltare in silenzio il rumore della foresta magica che è dentro di me. Ci muoviamo in branco compatti come un animale solo. Un solo istinto, quello di sopravvivere. Una sola volontà, quella di andare avanti. Se ti fa piacere entra, ma ti prego, fai silenzio. Questa è regola. Non disturbare il loro riposo, hanno cacciato tutta la notte e ora dormono. Non puoi lasciare tracce, qui, in questa foresta incantata nuova neve scende ogni giorno e cancella le tracce di chi entra. Non ti troverà nessuno e se ci rispetti potrai fermarti quanto vuoi e riposare anche tu.
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Post n°7 pubblicato il 14 Aprile 2008 da La_strega_e_il_lupo
La temporalizzazione non è una successione ( nacheinander) delle e-stasi temporali. L’avvenire non è posteriore al passato e quest’ultimo non è anteriore al presente. La temporalità si temporalizza come avvenire-che-va-al-passato-venendo-al-presente. M. HEIDEGGER, Essere e tempo. C’è stato un tempo incantato, abitato da presenze magiche, di personaggi fantastici, e io? Io sospesa fra la voglia di crescere e quel cullarmi fra i miei pensieri di bimba, anch’essi magici, persa nel mio giocare dove tutto era pensabile o possibile; io di volta in volta principessa o gitana, uno spirito, l’alito impalpabile, stavo, e divenivo. Siamo l’ineluttabile, inevitabile destino. Ci plasma nostro malgrado la catena degli eventi, e non sempre siamo noi a volerli, altri ci pensano e noi diventiamo, siamo voluti o subiti e diveniamo. C’è stato un tempo magico ed è ancora dentro di me. La bambina che sono stata, l’adolescente poi , non vive relegata in un momento perduto nell’oblio, ma abita dentro di me, in quell’ estensione crepuscolare dell’anima, dove sogno e veglia si confondono e si compenetrano. Sedimento che è diventato roccia in un decantare lento ma inesorabile. Nelle mie scelte, nel mio essere scelta, amata o respinta. Nel mio pormi proprio come sono di fronte a te sono la donna che sono diventata, con le mie rotondità, la mia sensualità, puoi accarezzarne le forme, dentro ci sono gli spigoli dell’infanzia, le sue contraddizioni mai risolte. Il dolore diventa consapevolezza, la ribellione muta in accettazione. Di cosa? Di me, che sono. Non urlo più la mia rabbia al mondo, canto le mie gioie, ne faccio melodia, poesia. Gioie che vorrei portarti in dono se le vorrai apprezzare, anche accettare. Dei miei limiti, di quelli della vita, del mondo scorgo i confini netti. Chi non accetta i suoi limiti è destinato a fallire continuamente, a fare della frustrazione la quotidianità. Io ho smesso di combattere contro i mulini a vento e di abbattere i muri, preferisco costruire dimore per il cuore, accendere focolari, dividere companatici. C’è stato un tempo prodigioso nel quale mi pensavo e potevo essere, c’è stato un tempo, una lunga stagione mite di giochi all’aperto, di fiabe ascoltate e favole fantasticate. Io onnipotente comprendevo il mondo e il tutto era dentro di me. C’è stato un tempo portentoso e non lo so descrivere con le parole, non ce ne sono di altrettanto fenomenali, nel quale ero un guerriero alla conquista della terra di mezzo e quella terra era ricca e cariche di promesse. C’è stato un tempo e ancora c’è. Anastasia, dicembre 2007 |
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